Una donna descrive il suo invecchiare come sintesi della sua vita insieme ad altri vecchi che ama (marito, madre, parenti e amici) e se fisicamente non può più andare per mare e per monti, il suo cuore vola verso alture un tempo impensabili, ma solo ora possibili.
Il sentirnero dell’Alta Via si snoda dolce ed ombroso sul crinale. Da una parte, il bosco scende ripido verso Coreglia, mentre la corona dei monti, oati dell’ultima neve, ti circonda come un abbraccio; dall’altra parte, il bosco scende e si perde nel golfo color smeraldo.
L’ombra dei lecci è discreta e ospitale. Eppure facciamo fatica a camminare e ogni tanto dobbiamo sedere su qualche sasso e intanto ormai ogni gesto, ogni sguardo, ogni avvenimento mentre lo viviamo si fa già ricordo. Senza dircelo, sappiamo che ogni attimo ha un sapore che va vissuto intensamente con tutti i sensi tesi a raccoglierlo e spesso in queste nostre camminate sempre più facili e lente ci ripassiamo i ricordi: nevicate, tramonti, campi di girasoli e di lavanda, laghetti ghiacciati, mari in burrasca, grotte e musei, quadri e libri… tante finestre nel nostro cuore che si spalancano giorniose riportandoci il gusto della festa.
Altri ricordi, altri dolori e difficoltà ci riportano a giorni di lotte e di battaglie. Non sempre vinte, ma comunque superate con onore perché sono state la nostra scuola di vita alla quale ci siamo temprati come piccoli soldati e ora ci brillano in cuore come medaglie.
È stato il crinale sul quale abbiamo sempre un po’ gustato l’avventura dell’esistenza che ora ci dà ancora il senso del nostro andare. Un equilibrio sempre più precario: sul versante in ombra, le delusioni, i rimpianti del «poteva essere diverso», del desiderio di essere più capiti e più amati, la nostalgia; ma, dall’altra parte, il sole e il richiamo a vivere leggeri come bambini nell’attimo che viene, pronti a dare, amare sempre e per primi come si può e come si è capaci, ma sempre al meglio di noi stessi, come se la passione per la vita fosse intatta e immacolata.
Non voglio, comunque, rinunciare all’ombra che mi fa risaltare il sole e me lo fa più cercare e amare. Non voglio rinunciare a niente di questa vita impastata di albe e tramonti che mi propone ancora mille curiosità e mille possibilità di «imparare».
Imparare a tenermi dritta su questo sentirnero dove vedi la vetta sempre più vicina e sempre più in alto. Quando entro in un ospedale o in una cosiddetta «Casa di riposo», allora la vetta si fa impervia e mi terrorizza. Sarò in grado di raggiungere «quella» vetta? Nell’avere bisogno di tutto, sarò in grado di abbandonarmi totalmente, di continuare a ringraziare, di non aspettarmi nulla dagli altri nel continuare a servire Dio nell’offerta di ogni debolezza?
È la «Casa di riposo» che mi attira ora come luogo di pensiero e di meditazione: che cosa è «casa» e che cosa è «riposo»? Penso alla mia «casa» come luogo di rifugio e di raccolta di oggetti, libri, abitudini, riti, ma anche al distacco con cui, in questi ultimi tempi, vado coltivando il mio cercar «casa» nel mio cuore. Così come cerco il riposo standomene tranquilla nella mia solitudine interiore alla ricerca continua dell’amico di sempre e per sempre. Ce la farò?
La mia vita intanto scorre senza sosta con mille impegni e tra mille difficoltà e spesso è mattina e sera, è Natale e Pasqua e il tempo si fa sempre più breve e veloce perché è di nuovo compleanno.
L’amore per i «miei» (marito, genitori, figli, nipoti) mi dà una cadenza di servizio che mi scalda (e mi distrugge di fatica). L’amore con i fratelli di fede mi nutre e mi fa sentire così compagna in questo viaggio, così impegnata verso la mèta. Leggere nei loro volti le mie stesse tensioni, paure, coraggi, mi commuove, mi consola, mi travolge in una fusione di cuori sempre più profonda.
Anche le lacrime sono nuove, sono di pietà e di misericordia, lacrime di attesa. Il dolore per questo povero mondo dove poveri piccoli uomini pensano di poter dettare leggi e uccidere e arricchire come se la vecchiaia e la morte non potessero sfiorarli. Mi mette in cuore una grande nostalgia del cuore di Dio, dove trovare ancora il senso del futuro e della Speranza e anche un desiderio di preghiera e riparazione.
La mia vita è piena e se non m’incontro con lo specchio, non mi accorgo d’essere vecchia. Del resto alle mie prime rughe, la mia nipotina Chiara, un giorno mi ha detto: «Nonna, che bello!, ti sono venuti tutti i raggi intorno agli occhi». •
Luisa del Piatto