La civiltà di una nazione si misura dall’attenzione che ha per gli anziani. Ma oggi prevale la «legge della giungla».
«La vecchiaia stessa è una malattia» diceva il poeta latino Terenzio (Phormio, 575) e prima di lui il comico greco Apollodoro di Caristo (fram. 20) e dopo di lui Seneca (Epistula 108,28) e Cicerone (De senectute 11,35). Questa mentalità che identifica la vecchiaia con la malattia («Chi ha degli anni ha dei malanni»), dall’antichità passando attraverso il Medio Evo si è diffusa a macchia d’olio nella cultura della civiltà occidentale fino ai nostri giorni (cf. A. Manzoni, I Promessi Sposi 38,27; J. W. Goethe von, Faust 2,2, ecc.) a testimoniare che una civiltà può anche essere frenetica e frettolosa, ma può anche non arrivare da nessuna parte e concludere nulla.
L’Occidente invecchia sempre più, le nascite non saldano le morti e già oggi le pensioni degli anziani italiani sono garantite dal lavoro degli immigrati. La Liguria è la regione più vecchia d’Italia che anticipa ciò che nel prossimo futuro sarà la norma dell’Italia: nazione prevalentemente di anziani, la cui sopravvivenza e previdenza sociale dipenderà dal lavoro degli immigrati.
NEL MONDO FALSO DELLA TV E DELLA PUBBLICITÀ
La in-cultura del falso mondo proposto da tv e pubblicità è popolato da volti giovani e longilinei e se per sbaglio appare un anziano è sempre scattante e… finto. Gli anziani di norma e per stile di vita sono persone serie, ma c’è sempre qualche eccezione a confermare la regola come, ad esempio, lo stesso presidente del consiglio, dal quale ci aspetteremmo un atteggiamento posato e riflessivo per il ruolo che ricopre e per rispetto dell’età.
Siamo costretti invece a subire il ridicolo di cui si copre quando si comporta da sciocco che non accetta di invecchiare, ricorrendo a tecniche di lifting o a trapianti di finti capelli per nascondere l’età e dare di sé un’immagine non vera. In linea con questa falsa concezione della vita, ha proposto al suo partito di arruolare 1.000 giovani tra i 30 e 35 anni per mandarli «in missione», come i testimoni di Geova, a due a due a fare propaganda in vista delle prossime elezioni politiche. Egli non vede che un popolo di giovani, arditi e forti purché sottomessi alla sua obbedienza «cieca sorda e muta». La serietà è come la fiducia del formaggio Galbani: o uno ce l’ha o non ce l’ha.
Gli anziani sono persone serie, chi arruola mercenari che devono rispettare la dieta per apparire sempre giovani e appetibili non solo non sa invecchiare, ma s’illude di deformare la realtà che invece resta sempre più grande di lui. Il pesce puzza dalla testa e il paese ne paga le conseguenze, specialmente gli anziani e tra questi quelli più deboli, quelli ammalati. Non vale cioè che si è, ma solo ciò che si fa credere di essere. Gli anziani che fanno lifting per apparire quello che non sono, restano vecchi-bambini che non sono mai cresciuti e probabilmente devono sfogare repressioni infantili o condizioni di povertà di cui si vergognano e che quindi pensano di nascondere dietro una finta faccia che deforma il vero volto nascosto.
La nostra civiltà del fare e dell’apparire guarda agli anziani come ad un «problema» non solo perché sono sempre più tanti, ma anche perché campano più a lungo, divenendo un costo sempre più gravoso. La tanto strombazzata riforma delle pensioni si può ridurre ad un solo fatto: bisogna convincere la gente a lavorare più a lungo e a vivere con meno salario. È questa la logica che da dietro le quinte ha governato la presa in giro della riduzione delle tasse. A fronte di pochi euro di non-tasse si distende una lunga lista di aumenti e rincari che vanno a pesare (sarà un caso?) solo sugli stipendi fissi e sulle pensioni degli anziani: aumentano beni di prima necessità come la luce, il gas, l’acqua; aumentano le spese sanitarie, dal momento che molti medicinali della fascia A (gratuita) sono passati alle fasce successive (a pagamento); aumentano le autostrade e il carburante con conseguente aumento dei trasporti e quindi dei generi alimentari che viaggiano su ruota; aumenta il riscaldamento domestico, mentre i Comuni non possono più garantire assistenza domiciliare e sostegno economico agli anziani poveri.
ARRIVARE A FINE MESE
Lo stato civile che si prende cura dei cittadini anziani che per tutta la loro vita hanno contribuito con il lavoro e attività diverse a fare crescere l’economia e la società, oggi sta scomparendo e abbandona gli anziani alla deriva della vita. Questa è la legge della giungla dove sopravvive chi è più forte, mentre oggi, con la politica sostenuta dal governo Berlusconi, sopravvive solo chi è ricco e diventa sempre più ricco. D’altra parte si è mai visto un ricco fare gli interessi dei poveri? O un finto anziano, che usa scarpe speciali per aumentare di uno o due centimetri la sua piccolezza, fare gli interessi degli anziani veri? La stessa società che si ubriaca di efficienza giovanilistica, quando pensa all’anziano non può che vederlo, oltre che un problema, anche come «ospedalizzato/malato» e quindi un costo grave per la spesa sanitaria.
Oggi una persona non può correre il lusso di diventare anziano e di ammalarsi: entra subito in un limbo, terra di nessuno, dove la fatica di vivere diventa anche terrore di sopravvivere. Molti anziani non arrivano alla fine del mese, come molti operai, molte famiglie monoreddito e molti ragazzi senza lavoro perché precari a vita. Uno Stato di diritto e un governo decente dovrebbero porre gli anziani e il loro stile di vita in cima ai propri pensieri e alle proprie scelte economico-sociali. La civiltà di una nazione si misura dall’attenzione che ha per gli anziani che custodiscono la memoria collettiva.
COME UN POZZO D’ACQUA FRESCA E DISSETANTE
Accanto all’anziano «problema» e «malato» vi è, infine, l’anziano «ricoverato» in qualche ospizio con nomi pomposi che promettono serenità, pace, oasi… e chi più ne ha più ne metta, mentre si rivelano frequentemente piccole carceri, quando non sono autentici lager, dove gli anziani sono depositati come un pacco inservibile, in attesa che la morte venga a liberare loro dal peso della vita e i parenti dal peso del mantenimento, pronti sempre ad intascare l’eredità eventuale.
Pochi mettono in rilievo che l’anziano è una risorsa non solo di valore per la grande testimonianza che può dare della sua vita e per il contributo che ha dato alla costruzione della società, ma anche in senso strettamente economico: i nonni «badanti» dei nipoti; i mariti o le mogli «badanti» dei rispettivi congiunti anziani o malati; i pensionati che mantengono figli e nipoti disoccupati o con problemi finanziari; anziani dediti al volontariato, allo studio e alla ricerca.
Il mondo degli anziani è un pozzo profondo da cui sgorga ancora acqua fresca e dissetante. Bisogna saperla vedere con le antenne «rabdomanti» della verità e dell’attenzione alla persona per poterla gustare e assaporare perché gli anziani non sono solo il passato. Essi sono il nostro presente e anche il nostro futuro, quel futuro che è sempre dietro di noi ad illuminare il nostro presente. Lo ha capito molto bene un «vecchio», Giovanni Paolo II che il 1 ottobre 1999 scrisse una Lettera agli anziani molto toccante e affettuosa. Si sa, gli anziani tra loro si commuovono facilmente e si capiscono al volo, anche senza parole, perché ad essi basta solo uno sguardo.
Ha scritto il papa:
«Che cosa è la vecchiaia? Di essa a volte si parla come dell’autunno della vita… seguendo l’analogia suggerita dalle stagioni e dal susseguirsi delle fasi della natura… Se… l’infanzia e la giovinezza sono il periodo in cui l’essere umano è in formazione, vive proiettato verso il futuro, e, prendendo consapevolezza delle proprie potenzialità, imbastisce progetti per l’età adulta, la vecchiaia non manca dei suoi beni, perché – come osserva san Girolamo – attenuando l’impeto delle passioni, essa “accresce la sapienza, dà più maturi consigli“ (Commento ad Amos 2, Introduzione). In un certo senso, è l’epoca privilegiata di quella saggezza che in genere è frutto dell’esperienza… È ben nota, poi la preghiera del Salmista: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore“ (Sal 90/89, 12)… [Gli anziani] sono custodi della memoria collettiva, e perciò interpreti privilegiati di quell’insieme di ideali e di valori comuni che reggono e guidano la convivenza sociale. Escluderli è come rifiutare il passato, in cui affondano le radici del presente, in nome di una modeità senza memoria. Gli anziani, grazie alla loro matura esperienza, sono in grado di proporre ai giovani consigli ed ammaestramenti preziosi. Gli aspetti di fragile umanità, connessi in maniera piú visibile con la vecchiaia, diventano in questa luce un richiamo all’interdipendenza ed alla necessaria solidarietà che legano tra loro le generazioni, perché ogni persona è bisognosa dell’altra e si arricchisce dei doni e dei carismi di tutti” (nn. 5 e 10)».
E NELLA BIBBIA…
Giovani e adulti dimenticano spesso che la giovinezza è una «malattia», che passa presto con gli anni, ma lo sapeva bene l’uomo biblico che scrive «giovinezza e capelli neri sono un soffio» (Qoelet 11,10) e dall’altra riva gli fa eco il sapiente che aggiunge: «Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza e un’età senile è una vita senza macchia» (Sapienza 4,8-9).
Quando c’è la civiltà che si esprime nella cultura della persona, non si fa più questione di età, di giovinezza o di anzianità, si guarda solo alla qualità della vita per ogni stagione che l’avventura umana comporta. •
Paolo Farinella