LETTERE – La religiosità di George W. Bush

Spettabile redazione,
leggo sempre con attenzione Missioni Consolata, perché parla di temi importanti, con un’ottica spesso controcorrente rispetto ai nostri mass media.
In riferimento all’articolo di Paolo Moiola (Missioni Consolata, dicembre 2004), sono in sintonia con lui su gran parte di quanto ha scritto, ma rilevo alcuni punti di disaccordo. Convengo su welfare degli Stati Uniti, povertà e disuguaglianze sociali esistenti nel paese più ricco del mondo: dati che a noi, in Italia, sono poco conosciuti, ma ben evidenziati da riviste inteazionali come Time o Newsweek.
Sono, però, in disaccordo per quanto ha scritto circa l’ambiente evangelico che sta dietro al presidente Bush: affermazione generica sull’evangelismo fa di ogni erba un fascio, non rimarcando le profonde diversità tra le varie confessioni religiose americane.
Non credo che gli evangelici europei e italiani la pensino come gli americani; non mi risulta, per esempio, che valdesi o battisti a Torino siano sulle stesse posizioni di Bush.
Per la cronaca, occorre ricordare che il signor Bush esce da una famiglia Wasp episcopaliana del New England e che, solo dopo il matrimonio (prima conduceva una vita giovanile sregolata), si è convertito alla confessione battista, che ha frange integraliste e radicali, che hanno influenzato il pensiero e modo di agire del futuro presidente degli Stati Uniti (fonte: Time Magazine).
Sarebbe più corretto, perciò, non etichettare come vetero protestantesimo ciò che è radicale e non riconoscere, invece, le posizioni moderate e pacifiste che sono proprie di larga parte dell’evangelismo.
Queste precisazioni gioverebbero anche ad un vero ecumenismo, che deve prevalere tra i cristiani.

Walter Giacomelli
(E-mail)

Sì, «l’ambiente evangelico» del presidente George W. Bush va esplicitato. E bene ha fatto il lettore a rimarcarlo.

Walter Giacomelli

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