«Adam, dove sei?»
(Gen 3,9)
«Chi sei, Signore?»
(At 9,5)
Porre domande e interrogarsi sul senso e la direzione della realtà è nella natura umana. L’uomo stesso è una domanda, un perché perenne. Non appena acquista l’uso della parola, il bambino popola la sua esistenza e la pazienza degli adulti con una teoria infinita di «perché?», che a loro volta sono premessa di altri interrogativi che disarmano gli adulti prosciugandoli nella loro capacità di risposta. L’uomo è assetato di conoscenza e la curiosità indagatrice lo porta sempre più oltre… a scoprire novità e orizzonti sempre più ampi.
Lo smarrimento, però, è sempre in agguato. L’uomo, come l’Adam dell’Eden, è insofferente del suo limite e cerca di superarsi, eliminando Dio dal suo orizzonte. Inutilmente, perché Dio resta il fine e il limite dell’uomo, in una parola, Dio è «il luogo» in cui convergono e si fondono la temporalità e l’eternità. Questa è la singolarità della persona umana: finitezza ed eternità, due cornordinate sempre in tensione tra loro. Il sopravvento dell’una o dell’altra a scapito del loro equilibrio, comporta conseguenze tragiche per l’uomo, per le sue relazioni con gli altri e per l’ambiente in cui vive.
La sovrumana potenza scatenata dallo tsunami che ha piegato e piagato il Sud-Est asiatico ha imposto agli uomini una visione fisica della impotenza dell’uomo e ha inferto (almeno lo si spera) una frustata terribile alla saccente onnipotenza dall’alto, della quale spesso l’uomo assalta, manomette e violenta la natura. Ecco la ragione della domanda sul «dove» dell’uomo di tutti i tempi che ci poniamo in questa rubrica.
Dopo le dieci parole/debarim con cui Dio crea l’universo e l’umanità, la prima parola/dabar che Dio rivolge all’uomo è un interrogativo che lo accompagnerà per sempre: «Dove sei?» (Gen 3,9). L’avverbio «dove» è più che un’indicazione locativa: esso indica una prospettiva e coinvolge la natura della persona umana di tutti i tempi. La parola di Dio non ha tempo, perché si pone «oggi» per interrogare l’attualità di ogni persona di ogni tempo.
Nessuno può oltrepassare il suo «oggi» e sfuggire al suo «dove sei?». Adam/persona, di fronte alle sue responsabilità e conseguenze delle sue scelte (non accettazione del limite, volontà di superare il confine umano, velleità di onnipotenza per sostituirsi a Dio, spodestandolo della signoria sul bene e sul male) si nasconde dalla familiarità con Dio, di cui ora ha paura (Gen 3,8.10). Ciò che prima era consuetudine d’intimità dialogica, diventa paura «preventiva»: prima ancora che Dio intervenga e ponga la domanda, Adam ha paura perché «sono nudo – ‘e¯rom» (Gen 3,10).
È la conseguenza di cedere al serpente, il più «scaltro/furbo – ‘a¯rûm» tra tutte le fiere della steppa. È evidente che l’autore della Genesi gioca al modo orientale, sull’assonanza ‘e¯rom/‘a¯rûm, nudo/scaltro, per mettere in evidenza che spesso scaltrezza e furbizia non sono altro che un nome diverso per indicare la nudità, cioè la inconsistenza e la vacuità.
Adam è nudo perché sfugge al suo «dove sei?» di cui non ha consapevolezza: questo stato d’inconsistenza lo porterà per sempre fuori del suo ambiente vitale, fuori dal giardino di Eden che era stato creato su misura per lui. Esule nella sua stessa umanità, profugo nella sua stessa carne, fuggiasco senza potere mai nascondersi da se stesso, l’uomo è rimasto senza un «dove», senza una prospettiva d’orizzonte.
Nella bibbia la nudità è segno di spersonalizzazione, come il vestito è segno di personalità. Conoscere il proprio «dove» significa sapere sempre a che punto si è della propria storia, della memoria che la lega e della maturazione che la marca. Il «dove sei?» è l’angolo di visuale da cui affrontare la vita, il futuro, i problemi che sorgono e da dove individuae la soluzione.
«Adam, dove sei?» significa: Adam, qual è la tua consistenza di individuo e membro di un gruppo sociale, famiglia, comunità? Quando ti rapporti con te stesso, con la donna, con gli altri, con la terra… come ti poni? Quale orizzonte hai di fronte alle tue responsabilità nei confronti della storia di cui sei artefice e conseguenza? Di fronte alla miseria che priva i due terzi dell’umanità di quella porzione di Eden cui hanno diritto, qual è il tuo «dove»?
Nel contesto di una politica ed economia mondiali che prosperano sulla guerra, immaginata addirittura «preventiva», che produce centinaia di migliaia di morti anonimi, carne da macello d’innocenti colpevoli solo di esserci in mezzo, qual è il tuo «dove»?
Di fronte alla ingiustizia di un sistema economico mondiale che produce sperequazioni e devasta l’umanità in modo permanente più di qualsiasi tsunami, «dove» si colloca la coscienza civile, occidentale e cristiana?
Di fronte alla deriva istituzionale della nazione, in balìa di un potere personalistico che spazzola il diritto ad libitum e accorcia la dimensione democratica della convivenza civile, eliminando la nozione stessa del «bene comune», patrimonio irrinunciabile per il credente, è essenziale stabilire il proprio «dove sei?» e rivelare il proprio angolo di visuale, libero da ogni ideologismo di maniera e di cultura.
Non si può essere credenti e/o cittadini per tutte le stagioni. Di fronte ai tour operator, che pretendono di applicare la penale del 60% sui viaggi del Sud-Est asiatico, disdetti dopo l’apocalisse, di fronte a quella manciata di turisti che non vogliono rinunciare alle tanto sognate vacanze negli atolli asiatici e chiedono la garanzia di non volere vedere nulla di «sconveniente», mentre nell’atollo accanto, visibile ad occhio nudo, tutto è fango, epidemie e tratta di bambini, bisogna stabilire e identificare il proprio «dove sei?» come esigenza di sopravvivenza civile, prima che spirituale. Non c’è limite all’indecenza umana!
No! Adam, non puoi ritirarti tra gli alberi del tuo privato, alla ricerca di un rifugio in cui rinchiuderti per non vedere le conseguenze dell’apocalisse tsunami. Anche se ti nascondi su una spiaggia dietro l’angolo, anche se ti difendi col paravento, il tuo «dove sei?» è più forte della indegnità e prima o poi esigerà una risposta e una spiegazione.
Il tuo «dove sei?» non è privato, esso è il «luogo» dove puoi riconoscere i tuoi simili come parte di te e da dove puoi spiccare il salto per andare oltre te stesso e aprirti alla condivisione con ogni uomo e donna di buona volontà per essere insieme, per affrontare insieme, per stare insieme presenti nella storia, che è dell’uomo e di Dio, nel tempo e nell’eternità. Contemporaneamente.
Insieme ci si può salvare, da soli possiamo solo morire, credendo di divertirci: così insegnava la Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, i cui piccoli montanari avevano saputo cogliere e individuare il loro «dove» da cui guardare alla loro città, alla loro nazione, al mondo, di cui si sentivano cittadini a pieno titolo.
La domanda di Dio ad Adam sul «dove sei?», trova la risposta compiuta in un’altra domanda, posta da Saulo di Tarso, quando, disarcionato da cavallo sulla via di Damasco, si trova faccia a faccia con Colui che s’identifica con i perseguitati, vittime innocenti della ferocia persecutoria del fariseo zelante e fondamentalista, Saulo. «Egli (Saulo, caduto in terra) rispose: “Chi sei, Signore?”» (At 9,5).
Ora il «dove sei?» dell’uomo è stato illuminato dalla venuta del Logos/Verbo, la cui tenda è piantata nel cuore dell’umanità; e anche se le tenebre non lo accolgono, Egli resta la luce, quella che illumina ogni uomo in ogni «dove».
Dopo l’ingresso di Dio nella storia, «nato da donna, nato sotto la Torah» (Gal 4,4), tutto è illuminato, anche se in apparenza sembra buio senza confine; per questo la risposta dell’uomo non può essere che un’altra domanda, ma questa volta, centrata sulla stessa personalità di Dio: «Chi sei, Signore?».
Dal «dove sei?» della prima pagina della Genesi si passa al «chi sei?» della prima comunità cristiana. Non è più tempo di smarrire la prospettiva della vita, perché ora quella prospettiva ha i confini della risurrezione e dell’eternità. Resta solo il bisogno di ripristinare e rimettere in circolo quella familiarità con Dio che Adam aveva infranto con la sua paura «preventiva».
La risposta di Paolo è ancora più forte della domanda di Dio: «Chi sei, Signore?» significa: Signore, dammi la coerenza perché dal mio «dove» possa sempre riconoscere «Chi» sei negli eventi che scorrono la mia vita, nelle persone che incontro lungo la mia strada, nelle scelte che sono chiamato a fare, in quanto testimone della tua presenza.
Paolo Farinella