DOSSIER NUOVI ITALIANI”Stiamo tornando indietro”
I problemi – spiega il sindacalista di origini iraniane – riguardano soprattutto gli immigrati da paesi islamici. Il domani? Dipende da…
Mohammed Reza Kiavar è un sindacalista di origini iraniane che dagli anni Settanta vive in Italia, dove era arrivato per frequentare la facoltà di architettura. È sposato con una giornalista torinese, ha una bimba di sette anni e lavora alla Cisl, dove si occupa delle tematiche dell’immigrazione.
Come stanno attualmente i figli dei nostri concittadini immigrati?
«Le seconde generazioni sono in crisi. Lo sono soprattutto quelle provenienti da paesi islamici. Non è per tutte così, ovviamente: dipende dalle famiglie e dal contesto culturale. Quando i genitori non hanno i mezzi adeguati per bilanciare l’educazione domestica con quella che i loro figli inevitabilmente ricevono fuori, esplodono i conflitti e le sofferenze. I ragazzi si ritrovano con una doppia identificazione culturale: hanno studiato qui e si sentono vicini alle esigenze dei loro compagni e amici, ma in famiglia si pretende che rispettino le tradizioni d’origine. Per i padri è forse l’unico strumento per farsi valere in un contesto che considerano privo di rispetto per le figure genitoriali. I maschi sono lasciati un po’ più liberi, ma è sulle femmine che avviene la pressione maggiore: devono vestire in un certo modo, hanno limitazioni nelle libertà, ecc. Spesso escono di casa con l’hijab e la jellaba, e una volta arrivate a scuola si levano via tutto per rimanere in jeans e magliette corte».
E i latinoamericani?
«Stanno molto meglio: le differenze culturali e religiose sono poche. Diciamo che vivono crisi diverse: accusano i loro genitori di essere un po’ arretrati rispetto ai mezzi della vita modea e consumistica italiana, ma non ci sono conflitti laceranti tra scelte opposte e inconciliabili, come spesso accade per i musulmani.
Per gli immigrati dall’Est europeo non si può parlare ancora di seconda generazione, trattandosi di un’immigrazione molto recente. Comunque, i ragazzi provenienti da queste regioni sono quelli che si integrano più facilmente.
Possiamo in effetti dedurre che, dove agiscono religioni e culture molto diverse da quelle del paese ospite, allorché mancano gli strumenti o la volontà per ridurre le distanze, i conflitti familiari e sociali aumentano. Tra le famiglie islamiche chi, pur senza rinnegare la propria cultura, ha rinunciato ad alcune tradizioni che ostacolerebbero una buona integrazione, è riuscito a risparmiare ai propri figli tensioni, malessere e crisi di identità. Molto dipende dalla preparazione dei genitori e dalla loro disponibilità a ridiscutere abitudini secolari e consolidate».
Quali potranno essere le prospettive future?
«Se le seconde generazioni sono e saranno attraversate da crisi, la situazione migliorerà per le terze… sempre che i figli degli italiani di oggi non diventino razzisti e xenofobi domani. E dalle attuali premesse politiche, sociali e culturali, tutto fa pensare al peggio: siamo in piena regressione. Stiamo tornando indietro di anni e anni. E questo è molto preoccupante». •
Angela Lano