LETTERANatura=bontà? Non sempre.
Cari missionari,
vi ringrazio degli spunti e provocazioni. Mi piace riportare in famiglia, presso amici e conoscenti, le informazioni che trovo su Missioni Consolata, perché è importante non chiudersi e, soprattutto, conoscere chi e come si vive nel mondo.
Trovo pure stimolanti i servizi sui problemi ambientali e le risorse mondiali della rubrica «Una sola madre terra». Per formazione (sono laureata in agraria) e per lavoro (mi occupo di analisi di alimenti) mi ha molto interessato l’articolo sugli organismi geneticamente modificati (ogm), apparso in giugno 2004.
Non ritengo costruttivo l’atteggiamento «basta ogm!»: mi sembra un preconcetto, che non indaga su qualcosa che può essere utile per chi muore di fame e malattie. Sono d’accordo che una manipolazione genetica, volta (per esempio) a inserire geni per consumare fragole tutto l’anno, serva solo ad arricchire qualcuno. Inoltre, rimane essenziale sottolineare come la biodiversità sia un patrimonio troppo importante, che non va distrutto. Per cui non vale neppure lo slogan «ogm a ogni costo!».
L’equazione «natura uguale bontà» non sempre vale. Infatti esistono sostanze naturali dannose, anche cancerogene. Ad esempio: alcuni funghi, microscopici, emettono micotossine che, a piccole dosi provocano tumori o, a dosi elevate, conducono alla morte tra molte sofferenze. Non sempre l’emissione di tali tossine viene evidenziata da «muffe»; per cui, essendo impossibile analizzare ogni partita di alimento, occorre sfavorire la presenza di funghi sulle derrate alimentari per evitare la produzione eventuale di micotossine.
Nel caso del mais, l’infestazione fungina è favorita da un precedente attacco di un insetto (la piralide), che, fessurando la pianta, consente ai funghi di penetrarvi. Cosa propone la biotecnologia? Un mais con un gene (tratto da un microrganismo, il bacillus turingensis) che funzioni da insetticida biologico e protegga la coltura dalla piralide e dal conseguente instaurarsi dei funghi.
Perché vi racconto tutto ciò? Perché ho appreso, da un programma di Inteational Society for Infectious Diseases, che in Kenya stanno morendo decine di persone per aver consumato mais con elevate percentuali di micotossine, in particolare quelle chiamate aflatossine. Forse non è pensabile il mais ogm nella realtà africana, senza prima studiare la situazione locale; però voglio far riflettere su come sia facile giudicare «cattiva» una tecnica, che, se ben usata, potrebbe essere uno strumento al servizio dell’uomo.
Sento già l’obiezione circa la creazione di dipendenza da alcune ditte per l’eventuale approvvigionamento del seme. Non conosco come avviene in Africa. Da noi il mais prodotto non può essere seminato e il seme ibrido è sempre acquistato da ditte sementiere.
So di non aver esaurito l’argomento, né ho la pretesa di suggerire la soluzione al problema ogm. Tuttavia mi pareva utile apportare un piccolo contributo alla conoscenza della questione….
Cari missionari, continuate a farmi crescere!
Laura Bersani
Torino
Grazie, signora Laura, per la lezione di biotecnologia, che supera l’aspetto accademico. «È il segno di un’accresciuta sensibilità ai temi della salvaguardia del creato, che indicano come gli uomini e donne del nostro tempo se ne sentano in qualche modo corresponsabili» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 29).
Laura Bersani