BATTITORE LIBEROEpulone e Lazzaro made in China
Ultima domenica di settembre, liturgicamente la 26a del tempo ordinario. Ritoo dalla messa e accendo il televisore: le prime immagini che appaiono sullo schermo parlano del gran premio di Formula 1, il primo disputato in territorio cinese.
Sarà perché in chiesa ho ascoltato la storia di Lazzaro e del ricco epulone, ma rimango molto colpita, quando una piccola e timida cinese di nome Tan Wen Ling, ospite di Rai1, poco prima del «via», riesce a dire che il suo è un paese dove un lavoratore, in media, porta a casa 1.000 (mille) dollari all’anno (circa 820 euro).
Altre fonti assicurano che nella Cina rurale le cose vanno anche peggio: un numero incalcolabile di cinesi abbandonano le campagne per trovare nelle città qualcosa che assomigli a quei mille dollari l’anno.
Penso che, se vogliamo essere missionari e dare qualsivoglia contributo all’evangelizzazione del paese con il maggior numero di non credenti in Cristo, non possiamo continuare a comportarci come se queste realtà non esistessero. Non c’è solo la Cina degli epuloni, capaci di spendere 300 milioni di euro per un circuito come quello di Shangai-Jiading, ma anche quelle centinaia di milioni di poveri Lazzaro, dove un solo vestito deve bastare per 8 persone, per cui, come ha scritto Renata Pisu, «esce di casa uno alla volta, mentre le altre se ne stanno rannicchiate sotto una coperta».
Alla Cina delle grandi metropoli, come Pechino e Shangai, dove si gira in Ferrari e il prezzo medio di un appartamento è di 800 mila dollari, alla Cina dei grattacieli e del +9% annuo di Pil, dei laghi artificiali più grandi del mondo… il cristiano veramente convertito, e desideroso di convertire chi cristiano non è, dovrebbe anteporre la Cina di tutti quei contadini poveri, per i quali anche la bicicletta è un lusso, la Cina dei lebbrosi, dei malati di Aids, di chi muore di fame e di sete, di chi quotidianamente è obbligato a fare decine di chilometri a piedi per raggiungere il rivoletto o lo stagno «giusto», perché l’acqua che scorre nei pressi della sua abitazione è talmente contaminata da non essere adatta nemmeno all’uso agricolo e industriale.
È fondamentale che i missionari siano aperti all’ecologia (come padre Benedetto Bellesi, autore del pregevole editoriale: «Conversione ecologica», in M.C. 9/04) e reagiscano con la massima decisione, ogni volta che si accorgono che della Cina si parla solo in riferimento al suo tasso di crescita economica e competitività, al suo acciaio, carbone e petrolio, potenza nucleare, calzaturifici, piantagioni di pomodori, tè e caucciù, alla sua edilizia e casinò…, senza neppure una parola per la questione ambientale.
Alziamo pure la voce, come hanno fatto recentemente alcuni vescovi e sacerdoti, contro i De Longhi, Zoppas, Zanussi e altri delocalizzatori «eccellenti»; ma alziamola anche contro la «strategia diabolica del governo e degli industriali» (parole del vescovo di Pisa, mons. Plotti, La Repubblica 11/12/02). E quando lo facciamo, non pensiamo solo ai nostri connazionali che rimarranno disoccupati, ma anche ai cinesi, che trarranno benefici solo illusori da tali delocalizzazioni e altre strategie neoliberiste, così care ai vip della politica e della finanza.
Se vogliono restare nel solco tracciato da Cristo e rinverdire la gloriosa tradizione di Matteo Ricci, Francesco Saverio, Armand David e dei membri di innumerevoli istituti missionari, annuncino a tutta la cristianità che oggi, per «farsi Cina», occorre edificare ben altri grattacieli, attingere a ben altre miniere, scegliere dei mezzi di locomozione ben diversi dalle Ferrari, Maserati, Lamborghini, Toyota, Mercedes, Bmw…
A proposito di padre Armand David, autore di tanti studi e ricerche di fondamentale importanza per la zoologia, botanica e storia naturale, fu lui a scoprire il panda gigante, simbolo dell’impegno conservazionista; fu lui a salvare dall’estinzione una rara specie di cervo che ancora oggi porta il suo nome e il bellissimo «albero dei fazzoletti», ribattezzato Davidia involucrata.
Insegnino che nessun palazzo, torre o coppia di torri potrà mai competere, non solo in bellezza, ma anche in utilità, con il piccolo Bog-do-ula, di cui Teilhard de Chardin disse che «spunta all’orizzonte come un fiore dal calice».
Insegnino ai cristiani, che si credono sapienti solo perché hanno molte proprietà e molti soldi, che la miniera di saggezza custodita dai piccoli popoli delle ultime foreste cinesi è infinitamente più preziosa e redditizia di tutte le miniere di carbone, ferro, titanio, oro, uranio, coltan. Insegnino che la competizione economica è foriera di sventure; che il vero sviluppo nasce solo da un atteggiamento di non-competizione: quello che parte dalla convinzione che Dio non ha creato concorrenti, ma fratelli e sorelle.
Nel sud della Cina, hanno riferito alcuni giornalisti del Tg2, c’è un fiume che ancora si chiama «Fiume delle perle», ma le perle non ci sono più, perché non ci sono più molluschi, né acque pulite, né vita. Insegnino i missionari che senza i panda, le tigri, gli elefanti di Xishuangbanna, i delfini lipote dello Yang-tze-kiang, le salamandre giganti, i pesci spatola e senza ambienti naturali in grado di sostenere queste e molte altre creature, ormai vicine all’estinzione, la Cina e la terra tutta saranno non solo più brutte, ma anche più povere, più fragili, più vulnerabili e sempre meno in grado di garantire all’umanità acqua, cibo e risorse energetiche.
Chiara Barbadoro
Chiara Barbadoro