O ra che siete tornate sane e salve e tacciono le fanfare strumentali che volevano ricatturarvi, vorremmo dirvi due piccole parole, una per ogni Simona. Non vogliamo né possiamo (e come potremmo?) accodarci agli ignobili tentativi di quanti hanno cercato di rifarvi prigioniere, per usarvi come tromboni processionali nella marcia trionfale del governo libertador. Voi avete spiazzato tutti, siete rimaste voi stesse e avete detto che è vostro desiderio ritornare in Iraq, in mezzo al popolo iracheno.
Avete avuto l’obbrobrio di chiedere che finisca la guerra e di affermare che siete contro il terrorismo, ma non contro coloro che resistono all’invasione del loro paese. Avete ringraziato anche il popolo iracheno e ricordato i morti e le sofferenze che vi sono da quelle parti, non esposte in tv, perché fastidiose alla pudica vista degli occidentali.
Nella visita al papa, lo avete ringraziato, emozionate e commosse di essere stato vicino a voi e «al popolo iracheno», dimostrando così che avete preso per sempre e senza possibilità di cura, il «mal d’Iraq», come Annalena Tonelli e tante altre come lei hanno preso «il mal d’Africa».
Nonostante la prigionia, nonostante siate state riscattate come antiche schiave, nonostante il vostro paese sia in guerra proprio contro quelli che vi hanno rapito, voi continuate a essere estranee a una logica di guerra e non vi siete convertite alla rovescia: dalla pace alla guerra d’aggressione o almeno, come ci si aspettava, alla guerra di vendetta. Al contrario, siete andate dietro alla vostra anima, alla vostra vita, stando ferme e fisse sulla stella polare della pace con coerenza e verità, come Virgilio chiede a Dante di non lasciarsi distrarre dai «pispigli della gente» che oggi osanna e immediatamente dopo crocifigge:
«Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
Vien dietro a me e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti» (Purg. V,12-15).
L o stuolo dei cortigiani governativi, senza conoscere nulla di voi, vi avevano modellato già a immagine e somiglianza dell’interesse del governo, che voleva «vendervi» come merce di pregio, nonostante voi foste contro la guerra (come potevate essere a favore?). Non lo avete consentito e quindi siete state degradate sul campo a ingrate e complici dei terroristi. Non fateci caso. Notoriamente i palazzi del potere non tollerano due ragazze che possano vivere senza vendersi ad alcuno, con una coscienza autonoma, come voi avete dimostrato.
Care le 2 Simone, avete deluso le aspettative degli eunuchi di regime. Pazienza! Quando tutti erano andati via, eravate contro la guerra e siete rimaste dentro la guerra con la gente, siete state rapite, avete coinvolto il mondo intero in una trepidazione globalizzata, avete fatto il miracolo di unire destra e sinistra in Italia, siete state riscattate, avete portato il premier a parlare al Parlamento, dopo tre anni di assenza ingiustificata e snobbante… insomma, non pretendete anche che Libero, Il Gioale, La Padania e altri rimasugli dell’inciviltà italiota vi acclamino come eroine! Poffarbacco! Voi sapete bene che solo la guerra genera eroi e liturgie eroiche per gli inutili morti in guerra! Simona Pari e Simona Torretta, voi siete colpevoli di essere rimaste in vita, di essere state trattate «con rispetto», di essere tornate come eravate prima di essere rapite. La condanna è senza appello.
Noi siamo felici di questa condanna e vorremmo condividerla con voi, perché siamo lieti che voi siate così e vi preghiamo di restare come siete: semplicemente voi stesse, amanti di quel popolo sventurato che con generoso cuore avete servito e ancora servirete.
Se possiamo darvi un consiglio piccolo, piccolo, è questo: per favore, non cadete nel tranello della notorietà, delle interviste, delle riviste, delle memorie… sarebbe la vostra vera fine e deludereste i piccoli e i semplici che in voi hanno vissuto un’avventura d’amore, senza se e senza ma. Toate, come già state facendo esemplarmente, al silenzio di quell’amore che vive e parla solo nel servizio. Toate ad essere le due ragazze che amano la vita senza sconti per nessuno, in Italia come, presto, in Iraq.
Paolo Farinella
Paolo Farinella