LETTERA Armi e interessi dell’Italia nel mondo
A suo tempo non mi sottrassi al servizio di leva, cosa allora abbastanza facile: 7 su 10 dei miei amici coetanei lo evitarono con varie motivazioni, raccomandazioni… Quale credente e praticante nell’associazionismo cattolico, ritenevo che, anche se avessi avuto la vocazione al martirio, non potevo imporla al mio prossimo; e, avendo capacità e forza, era mio dovere oppormi anche con le armi alle minacce contro la libertà (per me più preziosa della vita stessa) che ipotetici aggressori avrebbero potuto portare sul suolo della mia patria.
Oggi può apparire un atteggiamento di patetica retorica, ma ne sono tuttora convinto, come lo sono della bontà di un corretto concetto di Patria. Quando mi si chiede se e dove ho «fatto la naia», io provocatoriamente rispondo: «Ho avuto l’alto onore di servire in armi la Patria nelle Truppe Alpine!». Sissignori, «alto onore» e non «odiosa tassa pagata», come ho sentito definire il servizio di leva da esponenti del precedente governo e dall’attuale ministro della Difesa in una delle sue prime esteazioni (con buona pace del bipolarismo, che si sta rivelando come le due facce della stessa medaglia, anzi… moneta!). Però, nelle mie modeste preghiere quotidiane, non manco di ringraziare il Signore per avermi finora risparmiato dalla più grande sciagura del mondo: la guerra.
La mia convinzione di servire il prossimo, espresso anche nel servizio militare, va di pari passo con altre scelte, quali: donare regolarmente il sangue, prendermi cura di anziani ed ammalati, operare con impegno costante nella Caritas parrocchiale e in altre attività di volontariato. Non ultima, anche l’attenzione a chi è privato dei mezzi primari di sostentamento e non ha voce, per rompere l’indifferenza dei potenti (o prepotenti) del mondo.
Così, a 61 anni suonati, mi sono sentito in dovere, come cristiano, di partecipare alle manifestazioni anti-G8, dicendo tra amici e parenti che andavo in pellegrinaggio a Genova con i missionari della Consolata.
I tempi cambiano e lo «strumento militare» pare che stia perdendo la caratteristica di servizio, cui ogni componente la comunità deve contribuire; si sta rapidamente passando al «mestiere». Le motivazioni sono: calo demografico; col riconoscimento dell’obiezione di coscienza, pochi giovani di leva scelgono il servizio militare; molto numerosa sembra la schiera dei non idonei; inoltre i compiti delle Forze Armate stanno cambiando e occorre personale più addestrato e determinato.
Abolendo la leva obbligatoria (veramente, con ipocrisia tutta politica, bipolaristicamente ne è stata decretata la «sospensione»), si è risolto anche l’ingombrante problema «obiettori» e non ci sarà più alcun controllo diretto dei cittadini sullo strumento militare.
A questo punto mi chiedo se sia ancora opportuno parlare di «difesa». Trovo inquietanti certe frasi roboanti, pronunciate da alte cariche dello Stato: «Le Forze Armate hanno il compito di difendere gli interessi dell’Italia nel mondo». Interessi difesi con le armi e in giro per il mondo? Mi viene da immaginare qualche modea sciagurata avventura militare… Le alte cariche possono tranquillizzarmi?
Oppure: «Le nostre Forze armate devono raggiungere la necessaria efficienza e determinazione per onorare gli impegni che comportano le alleanze a cui l’Italia ha aderito». Ma è necessario continuare a mantenere certe alleanze? E, se gli «alleati» decidono di «delinquere», siamo in grado di astenerci? Chi può dimostrare che siamo «alleati alla pari» e non gregari, con la conseguente limitazione della nostra indipendenza? Quante risorse occorre impiegare per mantenere una struttura adeguata ai vincoli imposti dai nostri alleati?
La fine della coscrizione obbligatoria, per avere un esercito di mestiere, non mi pare un contributo positivo contro il facile ricorso alle armi! Inoltre non ritengo sufficiente, anche se lodevole, limitarsi all’atto individuale dell’obiezione di coscienza.
Finché si è fiduciosi nel sistema democratico, i cambiamenti dovrebbero avvenire gradualmente e a colpi di voto: non solo gli obiettori, ma anche chi è loro vicino e li appoggia (come larghi strati della chiesa cattolica) dovrebbero promuovere una intensa azione politica per l’uscita dell’Italia dalla Nato e vigilare sull’impostazione delle nascenti Forze armate europee.
Gli strumenti ci sono: ad esempio, il referendum abrogativo, negare il voto alle formazioni politiche che propugnano la permanenza nell’Alleanza Atlantica.
Quando padre Alex Zanotelli definisce il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale del commercio come «trinità satanica», vista la quasi identica presenza dei paesi che ne determinano la politica con gli aderenti alla Nato (G8 ed altri paesi dell’opulento e rapinatore Nord del mondo), non ho difficoltà ad ipotizzare presto l’evoluzione della Nato in «braccio armato della trinità satanica».
Inoltre si auspica una coerente rilettura della Costituzione, che aggiorni gli articoli su difesa e alleanze. Del resto già il primo articolo non è rispettato: a «lavoro» va sostituito… PROFITTO!
Beppe Peroncini
Beppe Peroncini