DOSSIER KOSSOVOLe organizzazioni

Dal Trentino, il «Tavolo Trentino con il Kossovo»
Il Tavolo Trentino con il Kossovo è un luogo di confronto, scambio, elaborazione condivisa e cornordinamento di un programma generale e comune di intervento in Kossovo, nella municipalità di Peja-Pec. È nato immediatamente dopo la guerra del Kossovo nel 1999, su iniziativa di alcune associazioni trentine e della Provincia Autonoma di Trento.
Attualmente vi partecipano attivamente una decina di soggetti: la Provincia Autonoma di Trento (che ha anche un ruolo di finanziatore), Avsi Trento, Casa per la Pace di Trento, Gruppo 78 (CICa), Progetto Colomba, Progetto Prijedor, Solidarietà Alpina, Associazione Velaverde, Tavolo Trentino con la Serbia, Comune di Trento, Operazione Colomba – Quilombo Trentino, Piazza Grande.
Il Tavolo si propone di elaborare e realizzare un programma organico di interventi nella municipalità di Peja-Pec, secondo la logica dello sviluppo endogeno ed integrato, e della partecipazione dei soggetti e delle risorse locali kossovare, oltre che del coinvolgimento di soggetti e risorse della società civile e dell’economia trentina, cercando di innescare anche rapporti significativi e duraturi tra soggetti omologhi in Trentino ed in Kossovo. Allo stesso tempo, e con la stessa importanza, intende inoltre favorire l’attenuazione delle tensioni tra le varie comunità (serba, albanese, rom, ecc.).
Le attività direttamente orientate all’attenuazione delle tensioni tra i vari gruppi nazionali, in particolare nella zona comprendente i villaggi di Gorazdevac e Poceste e la città di Peja-Pec nell’ultimo anno e mezzo si sono concretizzate nel centro giovanile «Zoom».
Il centro si è formato da tre piccoli progetti che sono poi diventati tre piccoli gruppi. Per primo in città si è costituito un gruppo di arrampicatori formato per il momento da soli albanesi ma che è la nervatura fondamentale per un’idea di riavvicinamento delle due parti. Questo gruppo è formato da ragazzi di città, tutti sui trent’anni e dalle vedute aperte.
Il secondo gruppo è nato da un piccolo corso di teatro fatto da Silvia Corsi: sono ragazzi sui 17-20 anni che frequentano la scuola d’arte. All’epoca del corso gli insegnanti hanno impedito ai ragazzi di fare delle cose assieme ai ragazzi serbi di Gorazdevac ma loro hanno comunque voluto sapere come andavano le cose e poi durante una festa hanno incontrato i loro omologhi serbi e visto il loro spettacolo.
Il terzo gruppo è quello fotografico che, come età e provenienza, è uguale a quello di teatro e in parte formato dalle stesse persone. All’epoca del progetto fotografico, la scuola ha fatto problemi e impedito l’esposizione congiunta delle foto.
Come detto, questi tre gruppi formano il centro giovanile «Zoom», che ha sede a Peja-Pec. Tutti i gruppi hanno scelto la forma del centro giovanile indipendente anche perché i condizionamenti imposti dalla scuola non erano piaciuti ai ragazzi. All’epoca del corso di fotografia era stato allestito un laboratorio fotografico anche a Gorazdevac.
Le attività di «Zoom» sono sempre state aperte a tutti e i serbi frequentavano il centro, seppur con qualche difficoltà e paura, fino al 13 agosto 2003, quando due di loro sono stati uccisi nell’enclave serba di Gorazdevac.

«Operazione Colomba», 12 anni per la pace
Nel maggio 1992, dal desiderio di provare a vivere la nonviolenza nella guerra della ex-Jugoslavia, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha dato vita ad una serie di iniziative denominate «Operazione Colomba», che hanno coinvolto centinaia di giovani di diverse parti d’Italia e numerosi obiettori di coscienza.
Condividendo la vita (le paure, i disagi, le sofferenze…) delle persone più colpite dalla violenza del conflitto, l’Operazione Colomba ha reso possibile il dialogo tra le differenti parti in lotta e tra le chiese, ha aiutato a riunire le famiglie divise dai diversi fronti, protetto le minoranze etniche e contribuito a ricreare un clima di convivenza e riconciliazione.
Dal 1992 al 2004, i volontari di Operazione Colomba hanno operato in ex-Jugoslavia (Serbia, Croazia, Bosnia, Kossovo), Albania, Sierra Leone, Timor Est, R.D.Congo, Chiapas (Messico), Cecenia (Russia) e Palestina-Israele, convinti che, dal vivere con le vittime della guerra e promuovendo attività di tutela dei diritti umani e dei diritti individuali delle fasce di popolazione più emarginate e sofferenti, nascano strade per la pace.
In questi 12 anni, i volontari hanno stretto rapporti di collaborazione con vari organismi (tra cui le Nazioni Unite), numerosi centri per i diritti umani, Ong locali ed inteazionali, esponenti delle chiese, associazioni e gruppi, coinvolgendo migliaia di volontari in tutto il mondo e centinaia di obiettori di coscienza in servizio civile.

Fabrizio Bettini

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