Perché “così”?
Egregio direttore,
la lettera di Aaldo Simonetta «Perché siamo così?» (Missioni Consolata, aprile 2004) pone un problema bruciante. Tutti avvertiamo l’umiliazione per la esecuzione naturale (e vitale) di certi atti fisiologici cui siamo sottoposti.
La risposta da lei data non appare comprensibile; avrebbe meritato una più ampia delucidazione quel «cogitor ergo sum», in considerazione, anche, della variegata area di lettori che la rivista vanta.
Non mi sottraggo ad una spiegazione: non si può pensare che Dio ci abbia sottoposti ad atti così umilianti (tali sono se ci circondiamo di estrema riservatezza nell’eseguirli), perché l’uomo avverta i suoi limiti ed eviti i suoi insulsi conati di superbia verso gli uomini, verso il creato e lo stesso Creatore? È un pensiero!
dr. Luigi De Tommasi
Brindisi
Grazie del «pensiero».
Sì, la nostra risposta non appare molto comprensibile. Del resto, di fronte ai «perché» (come quelli del signor Simonetta), che sconfinano nel mistero, conviene maggiormente il silenzio della fides quaerens intellectum (la fede che anima l’intelligenza).>/b>
Luigi De Tommasi