Egregio direttore,
chi le scrive fa parte di una numerosa famiglia di abbonati a Missioni Consolata da lungo tempo. Le considerazioni che seguono vengono dal cuore e dalla mente di una persona affezionata alla rivista, dopo sofferta riflessione.
Leggendo il compito in classe di Federico, a pagina 7 del numero di marzo 2004, rimango veramente sorpresa e profondamente colpita da tre cose.
Primo: un ragazzo di terza media che si esprime secondo quanto ascolta in classe e in famiglia, sicuramente da persone adulte, che ben poco sanno educare all’equilibrio di giudizio con cui un ragazzo deve crescere.
Secondo: il giudizio dell’insegnante, che brilla per genericità e incompetenza, poiché, trattandosi di fatti attuali, non si può parlare di giudizi non sempre sostenibili storicamente e di periodo storico; inoltre l’insegnante dà un giudizio sintetico («forma: quasi buona»), che in italiano non si capisce che cosa significhi.
Terzo: la giustificazione da parte della rivista missionaria che, in ragione della famiglia, pubblica un esempio di assoluta irresponsabilità da parte di adulti, che, invece di biasimare un simile compito e di smorzare i toni di polemiche fin troppo accese, dà spazio esemplare a quanto ogni lettore della rivista mai si aspetterebbe: ovvero che l’argomento per voi centrale sia la guerra, anziché la pace.
Gentile direttore, la saluto cordialmente nella speranza che da parte della redazione prevalga la cortesia di pubblicare anche opinioni diverse da quelle di Federico, della sua mamma, dell’insegnante ed eventualmente della rivista.
Anna Riccetti Billi
Roma
La guerra ci interessa più della pace? Ma scherziamo!?! Crediamo di aver dimostrato il nostro no alla guerra anche con il numero di ottobre 2003, titolato dal lettore precedente «contro le guerre» e da noi «viaggio in un mondo di… menzogne».
Il non aver pubblicato il compito di Federico avrebbe significato l’abbandono al loro destino di due mondi (famiglia e scuola) che, invece, devono incontrarsi, anche scontrandosi… Siamo d’accordo con l’appello all’educazione. Se, talora, non prendiamo subito posizione, è perché lo sanno fare bene i lettori. Lei, signora Anna, ce l’ha confermato.
Anna Riccetti Billi