il sogno premonitore
Luisa non perché moglie del catechista, ma per
la simpatia e sensibilità: era molto attenta alle altrui necessità.
Se non vedeva una famiglia alla celebrazione domenicale,
s’informava prontamente cosa fosse capitato.
E se la causa dell’assenza era dovuta a qualche malattia,
invitava la comunità ad aiutare la famiglia con la preghiera
e opere di solidarietà. Nella comunità svolgeva il
ruolo di madre: nei momenti difficili esortava i fedeli ad
avere fiducia e pregare molto, anche in famiglia.
Una domenica la catechista Luisa aveva accompagnato
il missionario per celebrare la messa nella mia comunità;
i miei genitori non si recarono in chiesa, perché
ero malata e, secondo loro, senza speranza. Nella tarda
mattinata venne lei a casa mia per pregare e confortare
i genitori. Arrivò anche il missionario, che mi amministrò
il battesimo e l’unzione degli infermi. In seguito i genitori mi dissero che, dal momento di quella visita, avevo
cominciato a migliorare e il giorno seguente avevo ripreso
a parlare. Quando Luisa venne a conoscenza della
mia guarigione, affermò che Dio mi aveva salvata ed era
a Lui che avrei dovuto consacrarmi. «Con questo segno
Dio ti dice che ha bisogno di te» mi disse.
I miei genitori non credevano che avrei recuperato
completamente la salute; per questo non fecero caso alle
sue parole e non parlarono mai con nessuno dell’accaduto.
Solo in seguito, quando manifestai il desiderio di
diventare suora, si ricordarono delle sue parole.
Gli anni passavano e la situazione causata dalla guerra
peggiorava. La famiglia di Luisa fu una delle prime
a lasciare la terra natale per la città di Massinga. Molti
cristiani trascorrevano la notte in casa sua e, durante
il giorno, tornavano nei propri villaggi a lavorare i campi
e procurarsi gli alimenti necessari. Essa accoglieva
sempre tutti con amore, nonostante la disapprovazione
del marito. Diceva: «La situazione è difficile; ma non scoraggiatevi,
La sua simpatia e disponibilità attiravano molte persone.
Fu così che crescemmo insieme, come cristiani e
come famiglia.
Prima di partire per il Guiúa, la comunità fece per lei
e la sua famiglia una grande festa. Si cantò e si ballò;
ma il volto di Luisa rivelava una grande tristezza. Chiese
un momento di silenzio; poi raccontò di aver fatto un
sogno: «Fratelli miei, ho pregato molto, perché questo
è un momento difficile nella mia vita. Vado al Guiúa per
volontà di Dio, ma un sogno fatto ieri mi ha turbata. Due
scene ho davanti a me: una bella, piena di cose allegre;
ma nell’altra ho visto la croce di Cristo. Per questo, fratelli,
ho pregato molto, perché sento che questa è l’ultima
volta che ci vediamo».
Tutti i presenti rimasero turbati e le dissero, piangendo,
di non partire. Ma essa non toò sulla sua decisione.
La notizia del sogno si diffuse in tutta la comunità.
Alcuni giorni dopo, presi con sé un figlio e il nipotino
di cinque anni, partì per Guiúa. Desiderava far conoscere
loro il luogo dove, in caso di necessità o malattia,
avrebbero potuto rintracciare lei e il marito. Attendavamo
il ritorno del figlio; invece ricevemmo la notizia
della morte di tutti e tre; allora tutti ricordammo il sogno
di Luisa.
Nessun cristiano che l’abbia conosciuta potrà mai dimenticare
questa figura: in particolare, il suo presentimento
e la lettura dei fatti accaduti alla luce della fede. Io
sono sua figlioccia di cresima e la considero una donna
forte e santa, per ciò che ha rappresentato nella mia vita
e in quella di molti altri.
Sono certa che vicino a Gesù, che l’ha scelta, intercede
per noi e spero che la chiesa riconosca la figura di
questa martire di Cristo e dei fratelli.
suor Emilia Arlando Zunguze