CAPO VERDE – Baciate dal sole, sferzate dai venti

Una dozzina di isole, di cui solo nove abitate.
Non arrivano brutte notizie: non vi è televisione
e il telefono funziona male. Gente amabile e allegra,
povera, ma dignitosa, in lotta contro le carestie,
sostenuta dai cappuccini piemontesi.

I l volo dura quasi sei ore. Sorvoliamo il deserto tra Marocco e Mauritania, poi un largo tratto di oceano, prima di atterrare su un lembo di terra arida, scura e inospitale. Poco più di una piattaforma che consente di atterrare in mezzo all’oceano. E siamo a Sal, una delle 9 isole abitate dell’arcipelago di Capo Verde. L’aeroporto fu costruito dagli italiani durante il fascismo, quando gli aerei dovevano sostare per i rifoimenti di carburante, prima di raggiungere il Brasile.
I volontari che hanno viaggiato con me proseguono per l’isola di Fogo, dove devono montare la sala operatoria dell’ospedale del centro San Francesco dei cappuccini piemontesi. Siamo partiti con un piccolo bagaglio a mano, per lasciar posto alle attrezzature da trasportare.
Per molti di essi questo non è il primo viaggio a Fogo. Maria Teresa Monte, moglie di un medico di Buttigliera, è da anni impegnata nel cornordinare la raccolta di materiale e apparecchiature ospedaliere. Artigiani, medici, architetti, vengono a passare nella missione parte delle loro vacanze con grande entusiasmo.
TRA ELISEI A ANTIELISEI
I primi a raggiungere l’arcipelago di Capo Verde furono forse navigatori arabi. I portoghesi arrivarono qualche anno prima della scoperta dell’America, insieme a un genovese, Antonio da Noli. Situate nel cuore del mondo, nel crocevia fra Europa, Africa e Americhe, le isole divennero poi la base per i traffici col Nuovo Mondo, compreso il mercato degli schiavi africani.
Durante i secoli della conquista coloniale arrivarono olandesi e francesi, inglesi e italiani. Le isole si popolarono così di gente di diverse lingue e tradizioni.
Il vento ha sempre avuto un ruolo importante. Gli alisei, che soffiano per 6 mesi verso ovest, aiutavano i navigatori nella traversata. Per altri sei mesi riportavano in Europa le navi, sospingendole però verso una rotta più a nord. In inverno arriva anche l’harmattan, un forte vento sahariano, che rende aride e polverose le campagne.
Nei secoli scorsi vi sono stati terribili periodi di carestia, che provocavano la morte per inedia di un’alta percentuale di abitanti.
Oggi ci sono molti più capoverdiani all’estero che in patria; le loro rimesse contribuiscono in modo determinante al benessere delle isole. L’area di Boston (Usa) e i paesi europei sono i preferiti. Tra questi il Portogallo, che ha dovuto concedere l’indipendenza nel 1975, dopo secoli di dominio coloniale.
Capo Verde ora è una repubblica democratica indipendente, che ha migliorato le condizioni di vita dei suoi abitanti e ha stretti rapporti con la comunità internazionale.
I cappuccini arrivarono nel 1945 a Mindelo, città portuale dell’isola di São Vicente, al seguito dell’esercito inglese, che li aveva inteati dopo la conquista dell’Eritrea. Ritornati in Italia, avevano descritto ai superiori la situazione drammatica trovata nell’isola. Le carestie sono sempre state una costante nell’arcipelago; il cui clima estremamente arido non consente coltivazioni redditizie.
DAL SALE AL SURF
L’isola di Sal deve il suo nome all’unica risorsa: una salina dalle strutture abbandonate, nel centro di un cratere. Oggi, i suoi abitanti cercano di fare conoscere il loro mare e le spiagge a un turismo di sportivi. Gli amanti del surf vi trovano le condizioni ideali per praticarlo.
Il paesaggio è lunare, segnato da strade diritte e incroci con strade inesistenti. Qualche gruppo di nuovi edifici lungo la costa non migliora l’ambiente. Solo i colori vivaci delle vecchie case riescono a rompere una monotonia deprimente.
Un breve volo ci porta a Praia, capitale dell’arcipelago, situata sull’isola di Santiago. La sera scende improvvisa. Le luci e il traffico fanno apparire Praia vivace e attiva.
La mattina una bruma grigia pesa sull’orizzonte. Il nucleo di edifici coloniali è situato su uno sperone alto sul porto, dove arrugginiscono le carcasse di due navi abbandonate. Troverò colore e suoni nel mercato degli alimentari accanto alla cattedrale. La gente è bella e fiera, risultato di incroci tra arabi e africani, portoghesi e altri europei. La cultura è particolare, la musica sicuramente è la parte più interessante.
A Praia i cappuccini hanno un’amica, Tetè, cantante magnifica, che ama il nostro paese e si è anche esibita a Torino, al Piccolo Regio, per far conoscere le opere di padre Ottavio. La sera la trascorriamo nella sua casa in riva all’oceano, insieme ai tre figli e al marito, un dentista messicano conosciuto durante gli studi fatti a Cuba.
Dopo l’indipendenza (1975), Capo Verde è stata a lungo nell’orbita sovietica, con stretti rapporti di collaborazione con Cuba. I medici nelle isole sono in gran parte cubani.
ALL’OMBRA DEL VULCANO
Fogo, l’isola scelta da padre Ottavio Fasano per il centro socio sanitario di «San Francesco», è un vulcano tuttora in attività. L’ultima eruzione risale al 1996: gli abitanti dovettero essere evacuati.
Questo cappuccino, nato a Racconigi, entusiasta e testardo, dopo aver realizzato molte opere nell’arcipelago a favore della popolazione (asili, ristrutturazioni e costruzioni, cistee), con l’aiuto del torinese Mario Bollito, nel 1992 ha fondato Radio Nova, che trasmette tutti i giorni e copre tutte le isole, e un settimanale Terranova.
Convinto che anche i cappuccini dovessero entrare nel mondo dei media con professionalità e competenza, nel 1982 aveva fondato a Torino la Nova T, casa di produzione televisiva, che vende in tutto il mondo. Recentemente ha fatto scalpore il fatto che uno dei loro filmati sulle guerre dimenticate sia stato acquistato da una televisione araba.
Arriviamo sull’isola di Fogo mentre è in programma l’inaugurazione della centrale elettrica, che darà la luce a un villaggio. I generatori vengono dall’Italia, donati ai cappuccini. Arriviamo sul posto nell’oscurità totale. Due ministri di Capo Verde sono presenti, insieme al sindaco di São Felipe e a padre Ottavio, che da anni mantiene cordiali rapporti con il governo. Dopo lunghi discorsi, finalmente si effettua il collegamento: i lampioni si illuminano tra l’emozione generale.
Padre Ottavio ora sta per realizzare un sogno: dotare l’isola di una struttura medica modea e attrezzata anche per le urgenze chirurgiche. Il centro San Francesco sorge in una magnifica posizione sull’oceano, a poca distanza dal capoluogo dell’isola, São Felipe. Gli ambulatori, divisi per specialità e perfettamente attrezzati, sono già operativi. La piccola chiesa, al centro del complesso, e la foresteria devono ancora essere completati, ma la comunità è attiva e impegnata.
Tra i numerosi volontari incontro Attilio, impegnato tutto il giorno come dentista. Anacleto è neurologo psichiatra: ha girato il mondo ed è approdato qui, dove pare vi sia molto bisogno delle sue cure. Il dott. Durando è chirurgo alle Molinette di Torino, appassionato velista, da anni coinvolto nei progetti dei cappuccini. Questa è la quarta volta che trascorre le ferie lavorando al centro.
Iolanda è la veterana del gruppo: analista di laboratorio, da quando è andata in pensione, due anni fa, si è trasferita a Fogo. Oramai conosce tutta l’isola e, con il suo carattere espansivo, tiene i contatti tra il centro e la gente del posto.
Grazie all’appoggio dei cappuccini, alcuni giovani capoverdiani hanno trascorso un periodo di studio in Italia, presso l’istituto alberghiero di Mondovì, ospiti di famiglie piemontesi. Mentre i suoi compagni hanno trovato lavoro nei villaggi turistici di Sal, Edna è rimasta a São Felipe, per lavorare nel centro.
Padre Ottavio ha in mente un nuovo progetto: costruire sui terreni donati dalla comunità capoverdiana un complesso residenziale, da affittare ai turisti: il ricavato contribuirà a mantenere il Centro che, data la sua importanza, avrà bisogno di notevoli risorse.
Dobbiamo far conoscere l’incanto di queste isole, fortunatamente ancora lontane dal turismo di massa. I paesaggi qui possono provocare sensazioni forti, ma il sorriso e l’amabilità della gente rende il soggiorno piacevole.
Per chi ha la forza di affrontare tre ore di fatica, l’ascesa al vulcano è un’esperienza da non perdere. Una giovane guida ci indica i punti in cui è meglio passare, perché il sentirnero non è segnato. Guardando dal basso le pareti lisce del vulcano, non avrei creduto di poter arrivare fin sul ciglio del cratere, un sottile orlo di rocce che riesco a raggiungere aiutandomi a forza di braccia. Lo spettacolo è grandioso, con l’oceano ricoperto da una coltre di nubi.
L’ULTIMO LEBBROSO
Casa Betania è un complesso di case bianche, circondate da oleandri, costruito in epoca coloniale in un luogo isolato e suggestivo, a pochi passi dal mare. Era un lebbrosario; ora ospita l’ultimo lebbroso, un anziano che soffre molto, a causa di un arto incurabile, che dovrà essere amputato.
Suor Teodora, una delle tre suore francescane del centro di San Francesco, ha deciso di portarlo a Praia, dove sarà accudito. «Se potessi restare accanto a lui, non soffrirebbe così» mi confida la suorina dal sorriso dolcissimo.
Nell’arcipelago ci sono diverse congregazioni di suore, tutte capoverdiane. Teodora è nata a Fogo, dove ha studiato in una scuola cattolica. Quando a tredici anni espresse il desiderio di farsi suora, trovò l’opposizione dei genitori. I sette fratelli maggiori di lei erano già emigrati a Boston, dove avevano trovato lavoro. Suor Teodora aveva le idee molto chiare. Sarebbe rimasta nell’isola, per aiutare la sua gente.
Ora, a distanza di anni, i genitori sono molto contenti di averla vicina. L’estate ricevono le visite di figli e nipoti americani. Quasi tutti gli emigrati ritornano, dopo una vita di lavoro all’estero. Intanto restaurano le vecchie abitazioni o ne costruiscono di nuove, dove trascorrono le vacanze.
«MANDATEMI… TURISTI»
Tutta l’isola di Fogo è magnifica, dominata dal cono perfetto del suo vulcano. Le spiagge hanno la sabbia fine, lucente e nerissima. L’oceano fa paura, con le onde gigantesche e la risacca. Ma si possono trovare cale tranquille, tra le rocce vulcaniche.
Le strade sono belle, pavimentate con piccole tessere di pietra, un lavoro fatto durante l’epoca coloniale dalle maestranze locali. Nel capoluogo, il nucleo di case coloniali ha colori pastello e comprende un vivace mercato, la chiesa, un piccolo museo delle tradizioni, tenuto da una signora svizzera, che ha deciso di passarvi il resto dei suoi anni.
Padre Orfeo, battagliero e deciso, abita a Mosterios, villaggio sulla costa nord di Fogo. Un luogo isolato, povero, umido, con qualche casa sparsa, tra campi coltivati. Strane piante succulente ricoprono le rocce vulcaniche a strapiombo sullo stretto litorale.
Qui la vita è molto semplice: si sopravvive lavorando la poca terra, che sembra molto fertile. Orfeo alleva galline, cura un asilo e la chiesa, che avrebbe urgente bisogno di restauro. «Mandatemi turisti, non volontari – dice con gli occhi lampeggianti -. Qui devo far lavorare la gente, stimolare i giovani: abbiamo bisogno di denaro».
Con le offerte che riceve, Orfeo aiuta gli studenti più bravi a proseguire negli studi. Quando i ragazzi si inseriscono nel mondo del lavoro, restituiscono quanto hanno ricevuto; così vengono finanziati altri giovani.
Originario di Bassano del Grappa, Orfeo partì giovane missionario per l’Angola, colonia portoghese. Restano i ricordi della foresta dove si trovava la missione, un «paradiso» a 600 metri sul mare, circondata da miniere di rame e piantagioni di caffè.
Arrivato a Capo Verde 25 anni fa, dopo essere stato a São Vicente, Sal e São Nicolão, Orfeo ha trascorso a Mosterios gli ultimi 12 anni. Una sua frase mi rimarrà impressa. «Più si diventa vecchi, più la vita diventa bella». Tutte le mattine, 80 bimbi affollano la mensa dell’asilo, mangiano uova e carne di pollo. «La soia che mi mandano fa i vermi e la do ai maiali» precisa.
Poi si parla di turismo, ma quale? Forse quello consapevole, che cerca di scoprire le realtà dei paesi, non solo sfruttae le bellezze e il clima. Le isole non sono una meta facile, la natura pare ostile, forse più di quello che è in realtà. Sarà anche per via delle rocce vulcaniche, drammatiche nelle forme e nel colore. Ma per chi è alla ricerca di luoghi lontani da traffico, mondanità e rumori, questo è un posto giusto.

Claudia Caramanti