Un missionario, non più giovane, sperduto nella selva colombiana,ma
con la voglia di rimboccarsi le maniche di fronte ai molti problemi
causati da lontananza abbandono, sfruttamento del suolo,guerriglia…
E chiede una mano, soprattutto per i bambini.
Solano, con la sua foresta meravigliosa e, nello stesso tempo, piena di insidie; non esclusi gli scontri tremendi tra guerriglia, paramilitari e narcotrafficanti, che generano solo morte, distruzione, paura e, soprattutto, famiglie distrutte, bambini soli, anziani abbandonati a se stessi e tanta (ma tanta!) povertà.
Mi trovo, ormai alla soglia dei 60 anni, a lavorare in questo paese, dopo un periodo trascorso in Venezuela, tra gli indios guajiros, con la salute traballante (11 operazioni in dieci anni), ma contento di essere missionario della Consolata. Siamo due padri e quattro suore Carmelitas misioneras, tutti colombiani, tranne il sottoscritto.
Qui la vita (se si può chiamare così) è lotta dura; fin da bambini ci si educa all’arte di arrangiarsi come uno meglio può. Un contatto strettissimo con le varie famiglie delle veredas (comunità rurali: ne abbiamo 145), mi ha aiutato a fissare l’attenzione sul problema molto grave e urgente di questi bambini: molti sono disabili; altri con il labbro leporino, a causa della coca; la maggior parte senza genitori, fuggiti a causa della guerriglia, ammazzati, o spariti nel nulla.
Tentazione «della foglia»
Il comune di Solano è situato nel trapezio amazzonico colombiano, sulla sponda sinistra del fiume Caquetá, a 170 chilometri da Florencia, capoluogo della regione. È il comune più esteso della Colombia: 43 mila chilometri quadrati, la maggior parte costituito da foresta vergine.
La zona è solcata da due grandi fiumi: il Caquetá, affluente del Rio delle Amazzoni, e l’Orteguaza che, nelle vicinanze di Solano, confluisce nel primo.
Non esistono strade: uniche vie di comunicazione sono i fiumi. Gli abitanti, circa 20 mila, sono per la maggior parte contadini. Provengono da diverse regioni della Colombia ed è quindi difficile parlare di cultura «caquetegna». Parecchi agglomerati umani nascono, crescono e muoiono in poco tempo. Gli unici mezzi di trasporto sono la canoa e il cavallo; non essendoci strade, sono molto disagiati e costosi. La commercializzazione dei prodotti agricoli diventa quasi impossibile.
Unitamente ai contadini, esistono alcune comunità indigene di witotos, inganos, tamas, karijonas e coreguajes. Quasi tutti questi gruppi si sono in parte integrati col resto della società; altri, più isolati, conservano ancora tradizioni, lingua e abitudini culturali. Solo in questi anni il governo sta favorendo una politica del territorio riservato agli indigeni, ma sia i contadini come gli indigeni vivono la stessa situazione di emarginazione e abbandono.
La popolazione vive di un’agricoltura di sussistenza (che produce manioca, mais, banane) e qualche forma di allevamento di bestiame. La vera sorgente di guadagno, però, a cui la maggioranza dei contadini si dedica, è la coca. Nonostante i rischi connessi all’attività della «foglia», il suo mercato sicuro, il suo facile trasporto e il pagamento in contanti l’hanno convertita nella coltivazione più comune e pratica.
Nel Caquetá è raro che un contadino non coltivi coca, anche se in realtà questa non lo fa ricco, pur aiutandolo a sopravvivere. Il boom della coca ha causato una crescita esorbitante del costo della vita e sta strangolando l’economia familiare. Il prezzo della coca è fluttuante, mentre i beni di prima necessità continuano a rincarare. Inoltre, il cemento e la benzina – prodotti importanti per l’economia della regione – hanno prezzi esorbitanti e continuano a scarseggiare per il fatto che sono pure gli elementi essenziali nella lavorazione della coca.
Privi di (quasi) tutto
La droga ha portato in questa regione la perdita dei valori umani. Dilagano violenza, vendetta, sfiducia verso gli altri, immoralità e corruzione a tutti i livelli. I contadini sono coscienti del degrado che la droga apporta, ma proseguono nella sua coltivazione, perché non ricevono alcun sostegno nel tentativo di coltivazioni alternative.
I problemi economici si riflettono anche sulla scuola. Pochi privilegiati riescono a terminare i cinque anni di scuola elementare; solo 40, delle 145 comunità del comune di Solano, hanno scuola e maestro. Circa il 60% della popolazione in età scolastica non siederà mai su un banco di scuola, a causa delle grandi distanze e difficoltà di trasporto.
Il problema della salute non è meno preoccupante. Nel comune di Solano il servizio medico è disimpegnato da due dottori. La popolazione è affetta dalle tipiche malattie tropicali: malaria, ameba, tifo, infezioni e febbre gialla. Sono frequenti i casi di denutrizione e mortalità infantile, mentre altre malattie potrebbero essere evitate con un minimo di medicina preventiva.
L’alimentazione è basata sul mais, manioca, riso, banane e raramente si consumano altre verdure e frutta; l’acqua è tratta dai fiumi. Le case sono, per la maggior parte, palafitte di legno, disadoe e spesso animali di tutti i generi (serpenti compresi) vi hanno libero accesso.
L’ecosistema di questo territorio ha sofferto gravi alterazioni negli ultimi anni, soprattutto a partire dalle coltivazioni: i coloni hanno abbattuto indiscriminatamente la foresta, per trasformarla in pascoli e campi coltivabili. Anche se la maggior parte del terreno continua ad essere foresta, il danno inferto alla natura già si sta notando nel cambiamento dei ritmi delle precipitazioni.
Le alternative
La parrocchia di Solano si è fatta promotrice di sviluppo e partecipa a un vasto piano di promozione sociale. Da almeno 10 anni, ha iniziato un processo di riflessione, con alcuni contadini, sui problemi che la coltivazione della coca ha portato nella zona. Si è iniziato a proporre la coltivazione di caucciù, cacao, sesamo e arachidi in sostituzione della coca. Si sono aiutati i contadini con corsi di addestramento e la distribuzione di semi e strumenti di lavoro. Coltivazioni nuove stanno già dando i primi frutti.
La sostituzione della coca non è un fatto puramente economico, ma deve essere accompagnato dal risveglio di altri valori umani e cristiani. Si è, allora, favorito il dibattito sulle realtà sociali, alcornolismo, aids, scuola… iniziando pure corsi di alfabetizzazione e avviamento professionale.
La comunità cristiana è intensamente attiva in programmi di salute, assistenza ai poveri e anziani, microimprese e interventi socio-economici di vario tipo; non ultimo, il grave e urgente problema dei bambini abbandonati.
Il nostro è un progetto molto semplice, dato che da noi non ci sono strutture statali. Abbiamo in mente di raggruppare questi bambini e prestare loro aiuto, a secondo delle necessità. Qui, a Solano, vorremmo costruire due saloni con una cucina, per dare la possibilità ai bambini soli ed abbandonati di continuare gli studi. Il terreno lo abbiamo, manca tutto il resto.
Tra i casi più urgenti e gravi, una bambina, che si chiama Maria Yaqueline Anturi Nieves, nata con una malformazione al cervello. Ha solo un anno e ha bisogno di una operazione molto costosa. Ho perfino interpellato il vicepresidente della Colombia, ma, a tuttoggi, niente.
Non perdiamo la speranza, anche se, guardandoci attorno, lo scoraggiamento invade il cuore e viene voglia di mollare tutto. Viviamo con la sfiducia di trovare gente di buona volontà, che in qualche modo ci venga incontro.
Perché noi missionari doniamo sì la vita, ma senza l’aiuto di chi può darci una mano, nulla riusciremo a fare, in favore di chi è davvero nel bisogno.
Renato Riboni