I sogni di Lodovico
Una colonia di lebbrosi
è diventata una comunità viva e autosufficiente
per opera di padre Lodovico Crimella, deceduto 10 anni fa.
I suoi ideali e progetti sono stati ereditati
da un prete diocesano locale, che continua
a tradurli in realtà.
«L a civiltà non è né il numero, né la forza, né il denaro. La civiltà è il desiderio paziente, appassionato che vi siano sulla terra meno ingiustizie, meno dolori, meno sventure», tuonava Raoul Follereau, l’apostolo dei malati di lebbra, nato 100 anni fa in Francia (Névers, 17 agosto 1903).
Tra i tanti seguaci di Follereau, padre Lodovico Crimella, missionario della Consolata, nato nel 1937 a Valmadrera e tornato alla casa del Padre il 4 dicembre 1994, ha lasciato un’importante e originale eredità sulle sponde del Lago do Aleixo (Brasile).
Padre Joaquim Hudson, il ventinovenne sacerdote dell’Amazzonia, attualmente cornordinatore della comunità del Lago do Aleixo, racconta: «Conobbi padre Lodovico nel 1987, quando avevo 13 anni: quasi per caso, accompagnai mia sorella alla comunità del Lago do Aleixo, perché vi portava due conoscenti, marito e moglie, malati di lebbra con deformità visibili.
La comunità Onze de Maio era l’unica in tutta l’Amazzonia che poteva offrire ospitalità a persone con quella sofferenza. Mi parve di arrivare in paradiso. Padre Lodovico ci accolse bene e fui molto impressionato per quanto erano riusciti a realizzare in un ambiente che, pochi anni prima, era considerato un ghetto. Di tanto in tanto con mia sorella andavo a trovare quelle persone, che morirono due anni dopo serene e con dignità – sottolinea con convinzione padre Hudson -. Solo a 17 anni entrai nel seminario di Manaus, interessandomi sempre ai più poveri ed emarginati delle favelas.
Nel 1994, quando avevo ormai 20 anni, appresi della morte di padre Crimella, che fu ricordato nella preghiera in tutte le parrocchie di Manaus, e di come un suo confratello, padre Josè Maria Fumagalli, diventato monaco benedettino, si fosse impegnato di seguire la comunità per un anno.
Padre Fumagalli si fermò per ben quattro anni, ma poi, nel 1998, dovette far ritorno al suo convento. In quel periodo stavo terminando il seminario e tutti i giorni pregavo con il vescovo di Manaus, mons. Louis Suarez Vieira. Ogni mattina durante la preghiera il vescovo chiedeva: “C’è qualcuno che desidera prendersi la responsabilità della comunità del Lago do Aleixo?”. Nessuno voleva andarci: è una parrocchia di 40 mila persone, divisa in 12 comunità, con ancora 1.550 hanseniani disabili o in cura.
Una mattina, pensando a quanto aveva fatto padre Crimella, mi ritrovai a dire: “Ci vado io”. E così, nel 1999, appena ordinato sacerdote, iniziai il mio servizio al Lago do Aleixo, nella stessa casa dove tanti anni prima avevo incontrato padre Lodovico, che ricordo tutti i giorni nella santa messa».
Ma che cosa ha fatto padre Lodovico, che nel 1993 fu insignito del premio Raoul Follereau dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau (Aifo)? Avevo conosciuto quest’intrepido missionario della Consolata nel 1992 e, ascoltando la sua storia, mi ero ben presto convinto che i progetti sviluppati con la comunità hanseniana del Lago do Aleixo erano in perfetta sintonia con l’etica dello sviluppo e rispondevano all’ideale di civiltà, sollecitato da Raoul Follereau.
B ravo amministratore, dieci anni di esperienza nella diocesi di Roraima, padre Lodovico si ritrovò, nel 1980, ad ascoltare le sofferenze di 300 famiglie, con uno o due ammalati di lebbra, abbandonate in stato di povertà sulle sponde del Lago do Aleixo dopo la chiusura della Colonia per lebbrosi avvenuta nel 1978. Grande ammiratore di don Milani, padre Lodovico ascoltò e pregò per queste persone; poi con loro iniziò la grande avventura.
Nel novembre del 1981 si tennero moltissime assemblee. Tutti erano liberi di partecipare e offrire il loro contributo, dibattendo temi vitali per la comunità come: acqua potabile, lavoro, scuola, pesca, casa, assistenza medica. L’arcivescovo diede a quell’insieme di famiglie l’entità giuridica di «parrocchia» (anche se i cattolici si contavano sulla punta delle dita), con la condizione che padre Lodovico fungesse da orientatore. Fu democraticamente eletto un consiglio di sette persone che decise di sviluppare piccole attività cornoperative utili per la comunità: allevamento di polli e maiali, acqua potabile, pesca, coltivazione razionale del terreno, rivendita dei prodotti.
Nel 1992 la comunità del Lago do Aleixo contava 20 mila persone con circa 1.600 malati di lebbra in cura, seguiti dall’ospedale governativo. Il consiglio era ormai formato da ragazzi che avevano frequentato le scuole e ogni famiglia era impegnata in un progetto cornoperativo, che permetteva di guadagnarsi dignitosamente da vivere.
Padre Crimella puntò sempre all’autosufficienza di ogni attività; perciò non accettò mai grandi interventi che avrebbero ucciso lo spirito d’iniziativa della comunità, ma solo piccole somme, come capitale iniziale legato a progetti specifici, per aiutare il decollo della piccola società cornoperativa.
L’opuscolo CSELA em ação (Comunità sociale educativa del Lago do Aleixo in azione), pubblicato nel 2000, mostra chiaramente come tutte le attività iniziate dalla comunità insieme a padre Lodovico, continuate con padre Fumagalli ed ora cornordinate da padre Hudson si siano sviluppate o modificate, mantenendo lo spirito originale: sviluppo armonioso della comunità con partecipazione democratica e responsabilità di tutti.
La comunità conta ormai 40 mila persone (20% bambini fino a 12 anni, 35% adolescenti da 13 a 20 anni, 30% adulti e 15% oltre i 60). Circa 250 famiglie sono impegnate direttamente nelle cornoperative del Csela, altri lavorano a Manaus. I cattolici della parrocchia San Giovanni Battista, suddivisi in 12 comunità sono ormai 35 mila. Per malati ed ex-malati di lebbra si ha cura della prevenzione e riabilitazione sociale.
I nfatti, padre Hudson, prossimo alla laurea in psicologia, racconta: «Abbiamo iniziato corsi di nuoto per i bambini, perché purtroppo molti sono morti nel lago. L’esame medico per ammettere i bambini ai corsi è molto rigoroso: lo scorso anno abbiamo scoperto 6 casi di lebbra. Curati subito, i bambini guariscono in 6 mesi. Abbiamo ancora tanti casi di ex-malati di lebbra con deformità visibile, ma si cerca di inserirli in attività produttive. Ne è un esempio l’attività di calzoleria, ormai gestita da un ex-hanseniano, che userà il silicone per fabbricare calzari adatti ai piedi con ulcere degli ex-malati di lebbra».
Con gratitudine il sacerdote dell’Amazzonia ricorda l’importante presenza di quattro suore della Consolata, da anni impegnate nella comunità del Lago do Aleixo: «Sono ormai più di 10 anni che suor Giuditta si trova nella comunità e si occupa di bambini, mentre suor Severa è impegnata nella scuola, suor Teresa nella farmacia e suor Renata nel lavoro pastorale. Le suore sono, comunque, inserite in tutti i settori dove c’è bisogno e sono molto amate dalla gente. Due anni fa, quando sembrava dovessero ritirarsi, la gente fece una mezza rivoluzione».
Tanti amici continuano ad appoggiare il Csela, seguito con particolare affetto dagli «Amici del Lago do Aleixo», formato da fratelli e conoscenti di padre Lodovico, impegnati a sostenere piccoli progetti significativi cari a padre Crimella e vitali per la comunità. Memorabile è stato il 2000, anno del Giubileo, quando al Lago do Aleixo, accanto al cippo commemorativo in memoria di padre Lodovico, fu issata la campana proveniente da Valmadrera.
Nel settembre 2002 don Carlo Ellena, sacerdote Fidei donum della diocesi di Torino, con 25 anni di missione in Brasile, ha visitato per il gruppo Bakhita-Follereau di Torino la Comunità del Lago do Aleixo ed ha scritto: «Padre Joaquim Hudson, parroco della Comunità e praticante di psicologia presso l’ospedale dei lebbrosi, è un’ottima persona, con idee molto chiare e avanzate su come affrontare i problemi delle gente, degli ex malati di lebbra e le varie iniziative sociali, ereditate dai sacerdoti che lo hanno preceduto. Le attività stanno procedendo molto bene e con un chiaro indirizzo non patealistico, ma di promozione, mirando alla gestione autonoma delle attività. Alcune sono già indipendenti, altre lo stanno diventando, altre sono ancora in fase di sperimentazione…
In una parola mi pare che l’idea grande di padre Lodovico Crimella sia seguita ed anche perfezionata. Per giungere all’indipendenza si punta chiaramente alla produzione di rendita (si produce per vendere e autosostenersi)… Abbiamo visitato le varie attività, progetti e iniziative, che sono moltissime e sparse nelle varie comunità, ma gestite con lo stesso stile e filosofia. Ho incontrato gente simpatica, generosa e disponibile alla collaborazione… Sono realtà che lasciano il segno».
P adre Joaquim Hudson è fiducioso per il futuro, anche se ben cosciente della difficoltà, e ci confessa il suo sogno: «La cosa bella della comunità è che tante attività vanno avanti bene, abbiamo sviluppato tante cornoperative e moltissimo lo sport, che tiene i giovani impegnati e lontani dalla delinquenza dilagante nei quartieri periferici di Manaus. Abbiamo ben 35 squadre di calcio, di cui 5 formate da ragazze; ci sono corsi di ginnastica, anche per la terza età, di capoeira, di nuoto e di canottaggio.
Ma la mia preoccupazione maggiore è la scuola. Tutti, finalmente, terminano le elementari, ma è difficile farli proseguire: abbiamo una sola laureata in pedagogia proveniente dalla comunità. Con la nuova biblioteca e alcuni computer, speriamo di invogliare i giovani allo studio. Il mio sogno è di avere laureati provenienti da questa comunità, per formare qualificati gruppi dirigenti, capaci di orientare al meglio lo sviluppo di tutta la comunità e cancellare definitivamente lo stigma legato alla lebbra».
Il grande sogno di padre Lodovico è diventato il sogno di padre Hudson.
Silvana Bottignole