La chiesa deve essere «sentinella di pace». I suoi nemici sono coloro che ne uccidono l’anima. Con il denaro, l’onore, il potere.
Don Aldo, secondo lei che Italia è uscita dai funerali del 18 novembre? A leggere i giornali e soprattutto a vedere le televisioni ha vinto la propaganda della ragion di stato e non certo la pietas per i morti…
«Dalle cronache televisive è venuta fuori l’immagine di un’Italia inesistente: un’Italia non così come è, ma come, da parte dei nuovi padroni, si vorrebbe che fosse. A tale scopo tutto è stato sapientemente e cinicamente centellinato, filtrato: le sequenze, i volti, le reiterazioni, ma soprattutto le domande agli intervistati ed i commenti alle immagini.
Per una settimana siamo stati sottoposti ad un bombardamento monotematico, una sorta di overdose mediatica, in cui mai e da nessuno è stata posta una domanda, un dubbio, una riflessione. È sembrato quasi che la solidarietà con le vittime comportasse l’imbecillità, l’impotenza mentale a porsi dei perché. In questa ubriacatura anche i termini sono stati stravolti, al punto che le vittime sono state promosse “eroi”. L’eroe è colui che motivatamente ed in maniera attiva intraprende un’azione di alto valore. Qui, invece, ci troviamo di fronte a dei ragazzi che hanno subito un attacco; vittime, appunto, non eroi».
Quella italiana a Nassiriya era tutto fuorché una missione di pace. Ma pare che non si possa proprio dirlo…
«È chiaro; e non potrebbe essere diversamente. Dal momento in cui si impone un teorema per cui la guerra in Iraq è finita con la vittoria delle truppe americane, tanto frettolosamente proclamata da Bush; da quel momento tutte le azioni susseguenti diventano azioni di “pace”, di ristabilimento della “legalità” e delle condizioni necessarie per la riconquista della “libertà”. Attraverso questo ipocrita escamotage, l’America è riuscita ad ottenere la sponsorizzazione dell’Onu; e l’Italia, inviando i suoi uomini, è riuscita ad aggirare la costituzione, tradendola. Ogni altra versione dei fatti diventa menzogna e, in quanto tale, va combattuta; di qui i bavagli e le censure».
Sembra che ci siano due chiese cattoliche, ben contrapposte. Quella personificata dal cardinale Ruini e quella del papa e di monsignor Nogaro. Che ne pensa, don Aldo?
«Nella chiesa c’è sempre stata una certa dialettica tra l’anima profetico-progressista e quella, uso termini un po’ leggeri, ma solo per intenderci, tradizional-conservatrice; una dialettica, anche legittima, già presente ai tempi della prima predicazione degli Apostoli. Mi viene da pensare al primo “concilio” di Gerusalemme, convocato per ricomporre i contrasti tra Pietro e Paolo. Oggi, però, non siamo a questo tipo di contrapposizione. Oggi la lotta, soprattutto nella chiesa italiana, è tra una chiesa servile ed una chiesa libera; tra una chiesa che per un piatto di lenticchie vende la propria anima, ed una chiesa che non può sottrarsi, pena il rinnegare se stessa, alla voce dello Spirito che la chiama ad essere sentinella di pace in un mondo di violenze risorgenti. A questo proposito, a me sembrano quanto mai attuali gli avvertimenti del vescovo sant’Ilario di Poitiers (+367). Quando con Costantino il cristianesimo diventò cristianità e si ritrovò a essere cultura cristiana, civiltà cristiana, il martirio scomparve come quotidiana, contemporanea, reale memoria crucis nella storia cristiana. Ilario di Poitiers, che vede ormai la chiesa non più contraddetta né osteggiata, ma omaggiata e apparentemente ascoltata, ritiene di dover così mettere in guardia i cristiani: “Ora combattiamo contro un nemico insidioso, un nemico che lusinga… non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni, dandoci così la vita, ma ci arricchisce, dandoci così la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo, non ci percuote ai fianchi, ma prende possesso del cuore, non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro, l’onore, il potere”. A qualcuno piace restare nel palazzo».
Il popolo delle bandiere della pace è assediato, non dalla gente ma da editorialisti e da commentatori televisivi. Come fare ad uscire allo scoperto per reclamare, ancora più fortemente, le ragioni della pace e l’assurdità della guerra?
«Il popolo della pace ha bisogno di essere alimentato di speranza e di ragioni per cui sperare. Quando invece viene imbavagliato, bastonato e messo pubblicamente alla berlina, allora è duro resistere e persistere. Che fare? Vedo nascere mille piccole iniziative, ma manca un cornordinamento. E poi, presso chi reclamare le ragioni della pace, se la classe politica attualmente al potere la vedo cieca e sorda ad ogni ragione? Lei ha visto i loro volti, ai funerali presso la basilica di San Paolo? Erano delle sfingi.
Non vedo strategie vincenti a breve raggio, ma so che la storia e il futuro sono dalla nostra parte. A noi non resta che continuare a tessere questo nuovo risorgimento, con parole dette e scritte, con gesti semplici e con manifestazioni. Se taceremo noi, urleranno le pietre».
Porta a porta, Excalibur, Otto e mezzo, i telegiornali…: dalla strage di Nassiriya come ne esce il giornalismo italiano?
«Muto e mutilato. Checché ne dica Berlusconi, se si eccettua qualche testata, la maggior parte dei giornali italiani sono allineati. C’è in giro, un proliferare di testate servili che fa pensare. Chi le finanzia? Per quale scopo? È vero che l’informazione è sempre stata, più o meno, manipolata. In questi ultimi tempi, però, si assiste ad un fenomeno nuovo, in quanto l’informazione non si limita più ad influenzare la pubblica opinione, ma diventa essa stessa una fabbrica di consenso. Le notizie non vengono solo distorte ma create ad arte. Siamo al ribaltamento nel rapporto “fatto-parola”, in quanto le parole non sono più “comunicative”, ma “creative”. La parola crea la realtà. Uno scimmiottamento del mistero cristiano dell’incarnazione. Noi cristiani crediamo che la Parola si “è fatta carne”! Qui invece ci troviamo di fronte alla parola che “crea”!».
Eugenio Scalfari ha scritto che Bush ed amici hanno scatenato la «bestia dell’Apocalisse». La serie degli attentati terroristici dimostra che l’immagine è purtroppo vera. Che fare ora contro l’ondata terroristica che, di norma, non colpisce il potere, ma persone innocenti?
«La guerra ha sortito, sotto questo aspetto, l’effetto di un cerino acceso e gettato in un pagliaio. È stato come soffiare sul fuoco, gettare benzina sulla brace. Il fuoco del terrorismo lo si sarebbe potuto controllare, o al minimo tenere a bada, con una politica di dialogo e di confronto; e invece lo si è voluto ad ogni costo attizzare. In questo senso Bush ed i suoi accoliti sono più terroristi dei terroristi. Come li chiama lei coloro che appiccano fuoco per ogni dove (Kosovo, Afghanistan, Iraq, Medio Oriente ecc.)? Piromani incendiari, non pompieri!
Da questa politica traggono guadagno solo gli apparati militari, i fabbricatori di armi ed i petrolieri. La povera gente ci rimette la vita.
Personalmente sono dell’avviso che un approccio diverso al problema terrorismo avrebbe dato risultati diversi. Come cristiano, poi, sono dell’avviso che, sull’esempio del poverello di Assisi, con i “lupi” è sempre possibile parlare, invece che scotennarli». •
Paolo Moiola