Una pace che non dà pace

Cari amici di Missioni Consolata, prima di tutto vogliamo ringraziarVi per le attestazioni di simpatia con cui avete accolto il numero speciale della nostra rivista su «La guerra. Le guerre». Non ci aspettavamo una risposta così straordinaria: per telefono, posta e via elettronica, abbiamo ricevuto tante testimonianze di apprezzamento, alcune delle quali pubblicheremo nel numero di gennaio.

Qualcuno ci ha detto che siamo stati coraggiosi. Diciamo semplicemente che abbiamo fatto il nostro dovere, un servizio alla pace e alla verità, perché «la pace ha bisogno di verità – scriveva Giovanni Paolo ii nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1980 -. Verità significa, anzitutto, chiamare col proprio nome l’omicidio e i massacri di uomini e donne, qualunque sia la loro appartenenza etnica, chiamare col loro nome la tortura e tutte le forme di oppressione e di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, dell’uomo da parte dello stato, di un popolo da parte di un altro popolo».

Tempo fa, Beppe Grillo disse che «ormai restano poche voci a cantare fuori dal coro: quelle dei comici e dei missionari». Ne siamo lusingati; ma diciamo che sono tante, prima tra tutte quella del papa; anzi, è una schiera innumerevole di persone di ogni etnia, popolo e nazione che, a gran voce, condanna la guerra e chiede la pace. E ci siete anche voi, cari lettori, perché siete convinti, come noi, che la prima vittima della guerra è la verità.

Come ogni anno, il natale di Cristo Signore fa risuonare il suo annuncio: «Pace in terra agli uomini di buona volontà». Non si tratta, però, di una pace qualsiasi, che si acquista al supermercato, fatta di pacchetti, nastri e palle colorate, ma di quella vera, totale, che viene solo da Dio. È dono suo; anzi, è beatitudine da chiedere, accogliere, coltivare, costruire: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».

Ma non la si costruisce con la potenza e la prepotenza delle armi. Non basta disarmare le mani, come ci ricorda spesso il papa; ma occorre «disarmare le coscienze e i cuori», dove si annidano i nemici della pace: egoismo, odio, vendetta, prepotenza, menzogna, ingiustizia…

Dalla grotta di Betlemme al Calvario, il Dio della pace non si presenta con il braccio armato, ma nell’umiltà e nello svuotamento, nella mitezza e nel perdono, in una parola, nell’amore.

Per i credenti, e per ogni uomo di buona volontà, le armi della pace si chiamano: giustizia, solidarietà, mutua convivenza, accoglienza reciproca, ascolto e stima dell’altro, accettazione, perdono, riconciliazione, dialogo a tutti i livelli…

«La pace, prima che traguardo, è cammino, cammino in salita. Ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi. I suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste. Se è così, occorrono attese pazienti. E sarà beato, perché operatore di pace, non chi pretende di trovarsi all’arrivo senza essere partito, ma chi parte» (don Tonino Bello).

Buon natale, cari amici lettori. In voi e attorno a voi trabocchi la pace, quella vera, che viene dall’alto, annunciata e promessa a tutti gli uomini di buona volontà.

Ricordiamo, però, che tale pace è dono dinamico, che «non lascia in pace», ma rimette in marcia.

Benedetto Bellesi

Benedetto Bellesi

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