Come riconoscere il confine tra informazione e propaganda? Gli Stati Uniti di George W. Bush sono gli stessi dello sbarco in Normandia? L’Urss contribuì alla liberazione dal nazismo?
Stimato direttore, ho letto con cura le lettere (1) che le sono arrivate, alcune delle quali duramente critiche – uso un eufemismo, perché in qualche caso le definirei insultanti – nei miei confronti. Chi espone in pubblico le proprie opinioni si espone alla critica, ed è normale che sia così. Non c’è, in questo, alcuno scandalo. Ciò che mi fa pensare è il tono aggressivo, l’insofferenza nei confronti delle posizioni altrui, che alcune delle lettere manifestano. E devo dire subito che trovo sconcertante il tono «molto militante» e assai poco evangelico di alcuni che, come il signor Luigi Fressoia, da Perugia, sono molto contenti che «nel mondo c’è qualcuno che le suona ben bene ai fanatici dell’islam».
Immagino che il signore in questione abbia già fatto i conti con la propria coscienza, incluso quanto concee le affermazioni calunniose nei miei riguardi, in base alle quali io sarei «in cima alla lista Mitrokhin». Il signore in questione non sa neppure, evidentemente, cos’è la lista Mitrokhin. Nella quale, comunque io non sono presente, né in cima, né a metà, né in fondo. Resta da chiedersi chi siano coloro (giornali, riviste, canali televisivi) che informano così male il signor Fressoia. E, infine, cosa c’entra la lista Mitrokhin con quello che io ho scritto?
L’altra cosa che, a quanto pare, ha molto indignato, è la mia semplice constatazione che a vincere il nazismo è stata una «coalizione» di cui fecero parte Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti. Ma poiché la propaganda corrente ha stabilito un’identità tra sconfitta del nazismo e apporto degli Stati Uniti, ecco che una semplice constatazione storica appare alle vittime della propaganda come una bestemmia. Ho aggiunto che l’Unione Sovietica rovesciò le sorti del conflitto a Stalingrado, dopo avere sopportato, da sola, l’urto più potente delle divisioni naziste e quando la Francia era già stata occupata, mentre Churchill era sotto i bombardamenti della Luftwaffe.
Chiunque abbia letto una qualunque pagina di storia in materia lo dovrebbe sapere. Ma la propaganda pro-americana è diventata così ossessiva da far dimenticare perfino le ovvietà. Si possono definire «baggianate» queste constatazioni, ma la storia, volendo, la si può ancora studiare. Del resto io non ho scritto, e non penso, che l’Unione Sovietica ci ha portato la libertà. Non credo infatti che fosse questo il disegno di Stalin. Ma non credo che fosse nemmeno il disegno di Roosevelt.
Trovo inoltre un po’ strano negare l’evidenza del contributo dato dai sovietici, che sono morti a milioni, per difendere la loro terra (e che, indirettamente, hanno difeso anche la nostra) e la nostra libertà. Se Hitler avesse sconfitto l’Urss, lo sbarco in Normandia sarebbe stato semplicemente impossibile perché tutte le divisioni naziste, invece che essere schierate nel centro Europa, per fronteggiare l’offensiva sovietica, sarebbero state sulle rive della Manica, intatte e vittoriose.
Capisco che la propaganda abbia offuscato la realtà, ma non tutto si può occultare. Io credo sia molto ingenuo pensare che Roosevelt sia venuto in guerra per portare la libertà. Quando si motiva un’azione politica si cerca sempre una ragione nobile. Ma si sa che la maggioranza degli americani era contro l’intervento in Europa, e Roosevelt agì contro la maggioranza. E agì perché comprese che la vittoria del nazismo sarebbe stata molto pericolosa per gli Stati Uniti. E comprese che, al contrario, una vittoria degli Stati Uniti avrebbe consentito di impiegare immensi capitali e il loro potenziale economico nella ricostruzione dell’Europa. Infine tutti sanno che l’intervento americano fu fatto anche perché l’Urss faceva molta paura e occorreva impedirle di conquistare l’intera Europa. Negli Stati Uniti c’erano circoli influenti, all’epoca, che pensavano che sarebbe stato opportuno continuare subito la guerra contro l’Urss, una volta sconfitto Hitler. Così la pensava anche Churchill.
Il fatto che gli Stati Uniti vennero in Europa per conquistarsi una testa di ponte decisiva per difendere i loro interessi è infine dimostrato dal fatto (incontrovertibile) che lasciarono al potere, senza neppure sfiorarlo, il dittatore fascista della Spagna, Francisco Franco. Se la libertà fosse stato il motore delle loro azioni, si presume che avrebbero dovuto portarla dovunque. Invece si fermarono ai confini spagnoli e Franco divenne un loro grande amico. Una libertà, dunque, da interpretare a piacimento.
Per quanto concee gli «enormi aiuti» che Mosca avrebbe ricevuto dagli Stati Uniti, si tratta – questo sì! – di «baggianate», che non sono suffragate da nessun documento attendibile e sono invece smentite da tutta la documentazione disponibile. So bene che circolano, ogni volta, cifre sbalorditive, di aiuti americani alla Russia che avrebbero richiesto un ponte navale di dimensioni impressionanti. Ne hanno scritto sul Gioale, su Libero, e su altri fogli della destra, quel tipo di giornalisti che il papa ha duramente invitato a evitare di essere «agenti di propaganda e disinformazione» (2). Nulla di tutto questo è avvenuto: gli aiuti ci furono, ma furono molto marginali.
Dire infine che non si deve criticare gli Stati Uniti perché ci liberarono dal nazismo equivale ad affermare che gli Usa di oggi sono uguali a quelli di 50 anni fa. Io non lo penso. Io penso che gli stati mutano con il tempo e con gli uomini che li guidano. Gli Usa del 1945 erano altra cosa, e ben migliore, degli Usa di Bush.
Dire che un paese e un popolo rimangono identici sempre, in ogni circostanza, equivarrebbe a dire che l’Italia non potrà mai redimersi, per esempio, dalla colpa di essere stata fascista. Io penso invece che l’Italia di oggi sia ben migliore di quella delle leggi razziste e di quella del 1939.
Giulietto Chiesa