Caro direttore,
condivido la lettera della
signora Maria Monetti,
pubblicata su Missioni
Consolata di marzo 2003
(ndr: secondo la lettrice,
«criticare totalmente l’operato
degli Stati Uniti, unica
vera democrazia, e quasi assolvere
governi dittatoriali…
è inaccettabile»).
Aggiungo sul problema
quanto segue: i presidenti
Chirac e Putin, che parecchi
lodano per il presunto
«pacifismo», hanno forti
interessi in Iraq; per cui
temono di perderli (insieme
ai benefici) in caso di
guerra. Non sarebbe più
onesto che Putin risolvesse
il problema «Cecenia»?
Sappiamo tutti quale
criminale sanguinario sia
Saddam con i suoi legami
con il terrorismo internazionale
e come il denaro
raccolto in tanti anni dalla
vendita del petrolio sia andato
a vantaggio suo e dei
suoi gerarchi; nulla invece
per il suo popolo; e poi ci
sono uomini della nostra
sinistra e, purtroppo, anche
ecclesiasti che lo coprono,
dando la colpa dei
mali del popolo iracheno
agli Usa…
La pace è desiderata da
tutti e non solo dalle sinistre,
dai confederali, dai
girotondini, ecc., che, come
risulta evidente, hanno
solo lo scopo di mettere in
difficoltà BERLUSCONI e il
suo governo.
Oggi si critica Berlusconi
come ieri l’avvocato Agnelli:
entrambi hanno dato
lavoro a migliaia e migliaia
di italiani, mentre i
capi comunisti (ora DS)
cosa hanno fatto? (D’Alema
si è fatto la «barca» da
1 miliardo di lire; i soldi
dove li ha presi?).
Dobbiamo lavorare e
anche lottare per una pace
giusta e duratura, non di
parte e strumentalizzata a
favore di certe nazioni,
partiti, ecc., che vogliono
servirsene come… rivoluzione
«pacifista».
La politica italiana ci
interessa nella misura in
cui tocca il sud del mondo:
per esempio con la
legge (restrittiva) Bossi-
Fini sull’immigrazione o
con la nuova legge sull’esportazione
di armi, che
allenta i vincoli della precedente
185/90.
Il popolo iracheno è
stato certamente vittima
della dittatura di Saddam
Hussein, ma anche di 12
anni di embargo occidentale,
ingiusto quanto inutile…
a tal punto che si è
giunti alla guerra. Ora
tutti vogliono ricostruire.
Ma chi ci guadagnerà?
Piero Gonella