Caro direttore,
ho ricevuto qualche lettera
di amici italiani, che
hanno commentato l’articolo
«Fare… non basta
più!» (Missioni Consolata,
gennaio 2003). Alcuni
hanno giudicato l’articolo
positivamente, nel senso
che predicare il vangelo
non è facile; altri hanno
reagito negativamente nei
nostri confronti, ritenendo
che noi missionari siamo
in Africa per fare il
«babbo natale».
Nell’articolo c’è del vero,
ma anche parecchio di
discutibile. Per rendere onore
a Dio, l’africano ha
bisogno di cantare e danzare
anche in chiesa; se
questi fatti non piacciono
ad un antropologo o, secondo
lui, non rendono
lode al Signore, lasciamo
il giudizio al Buon Dio.
Non penso che l’intera
comunità cristiana di Baragoi,
in Kenya, sia composta
da bambini, donne e
poveracci che vengono in
chiesa per chiedere aiuto
materiale. C’è un bel
gruppo di leaders (maestri,
capi locali, studenti universitari)
che cercano di
comportarsi da cristiani,
anche se non sempre ci
riescono, come avviene in
ogni parte del mondo.
«Sono gli ammalati che
hanno bisogno del medico,
non i sani» diceva pure
Gesù.
Accludo una lettera di
monsignor Virgilio Pante,
vescovo di Maralal. La lettera
è rivolta soprattutto
al clero.
La lettera del vescovo
Pante affronta vari problemi.
Al sacerdote, per
esempio, ricorda: in missione
ciò che conta non è
il protagonismo (del singolo),
ma il servizio in
collaborazione con l’intera
comunità.
p. Lino Gallina