Largo alla guerra?

E così, in barba al buon
senso, alla decenza e alla
Costituzione italiana (ma
non solo), largo alla guerra?
Invece di aprire gli occhi a ex amici invasati, che
non hanno bisogno di
nessuno (sanno sbagliare
da soli), che non sentono
ragione e non sanno (come
la vecchia Europa) che
la guerra è una peste che
si mangia pure chi inizia il
contagio, i nostri «rappresentanti» ci affondano: lo
fanno a nostro nome, con
i nostri soldi, con vomitevoli
fanfare per il solito
codazzo di ratti-cortigiani,
ipocriti e cinici, che credono
di salvarsi affogando
gli altri!
Basta con IL TERRORISMO
targato Bush, Sharon,
Blair, Aznar, Berlusconi!
Ed anche Saddam,
Musharaf, Bashir, Vajpayee
e quant’altri, ma a
debita distanza, in proporzione
alle rispettive responsabilità
e capacità di
nuocere! Basta con i dementi
che predicano «il
nuovo», mentre si drogano
del veleno più antico e
letale (la guerra); che predicano
ieratici la democrazia,
mentre razzolano verso
l’abisso contro la maggioranza
di americani, europei,
asiatici… cristiani e
islamici; che predicano
sussiegosi il diritto, mentre
vincono a lotterie elettorali
e campano sulla sopraffazione;
che predicano
seri la razionalità,
mentre arraffano poteri
con fauci da squalo e stomaci
da canarino!
Basta con questi dinosauri
accecati dalla propria
virulenza! Altro che
re nudi! Nudi e mostruosi,
istruttivi reperti paleontologici
di una umanità
predatoria, se confinati
in qualche jurassic
park, ma non alla guida di
moltitudini che sanno solo
danneggiare.

Per favore, non facciamo
di ogni erba un fascio
e abbassiamo i toni.
(Ma di pace noi continueremo
a parlare!)

Michelangelo Lanza




La baggianata di Chiesa

Egregio direttore,
dissento da GIULIETTO
CHIESA. Non nego il contributo
molto importante
dato dall’esercito russo
per abbattere il nazismo,
grazie anche agli enormi
aiuti ricevuti dagli Stati Uniti
in armamenti e viveri
(cosa che Chiesa fa finta
di non sapere); senza questi
aiuti, Stalingrado sarebbe
stata la fine dei russi
e non delle armate tedesche.
Dire che i russi hanno
liberato l’Europa, è la più
grande «baggianata» che
il signore, di cui sopra,
poteva dire. L’esercito di
Stalin, nella sua avanzata
verso occidente, ha semplicemente
sostituito, nei
paesi europei che «liberava
», la svastica nazista con
la «falce e il martello»,
sottomettendoli a dittature
comuniste governate da
Mosca per quasi 50 anni.
Noi, grazie a Dio e agli
americani, non abbiamo
avuto bisogno dell’esercito
russo. Se questi fatti il
signor Chiesa li chiama
«luoghi comuni», non so
in che mondo è vissuto!
Ancora oggi un bel pezzo
di Polonia e Finlandia è
Russia.
Gli italiani negli ultimi
50 anni hanno sempre votato
liberamente, permettendosi
di avere il maggior
partito comunista
dell’Europa occidentale,
sino alla caduta del muro
di Berlino. Dopo, sono rimasti
solo alcuni nostalgici
del vecchio paradiso sovietico,
divisi in alcuni
partiti fra comunisti e cattocomunisti.
Io non ho mai creduto
che gli Usa siano il «regno
del bene», ma di una cosa
sono certo: che a liberarci
dal giogo nazista e fascista
e a difenderci dal «paradiso
sovietico» sono stati gli
Stati Uniti d’America, con
i loro pregi e difetti!
Forse la lunga permanenza
a Mosca deve aver
confuso un po’ le idee a
Giulietto Chiesa!
Post scriptum
Mosca lasciò mano libera
a Hitler, che invase Danimarca,
Norvegia, Belgio,
Olanda, Lussemburgo e
Francia. Stalin si diede da
fare solo quando la Germania
scatenò l’offensiva
contro la Russia, il 22 giugno
1941. Solo sei mesi
dopo scesero in campo gli
Usa.

Giulietto Chiesa prende
atto di queste ed altre
critiche. Risponderà
prossimamente.

Franz Pomato




Chi sono i poveri?

Cari amici,
siete messi male davvero
se date gli editoriali a
GIULIETTO CHIESA e, soprattutto,
se condividete il
suo pessimismo cosmico,
al cui cospetto Giacomino
Leopardi fa la parte della
D’Eusanio. Se vedessi il
mondo come lui (e forse
anche voi), non esiterei
un minuto a buttarmi giù
dal muraglione.
Ma non ho alcuna voglia
di fare l’esegesi di
questo ennesimo «Ai lettori» (forse è meglio intitolarlo
«AI DISPERATI»).
Ho constatato da tempo
l’inutilità delle parole,
quando e con chi non ha
orecchie per sentire né occhi
per vedere: con chi
viaggia imperterrito dentro
le sue bolle di sapone
di gomma. Finirei per ripetere
cose già dette. Non
c’è che lasciarvi ribollire
nelle vostre acque, aspettando
con santa pazienza
che vi passi.
Non v’accorgete che le
nostre città sono piene di
gente perbene, di volontariato,
di interessati alla
cultura, di gente che sorride
e si saluta? Gente che
compie quotidianamente
milioni di gesti di buona
educazione e generosità,
gente che lavora come meglio
sa, gente che non ruba
e non s’approfitta, gente
addirittura che miracolosamente
sa conservare
autonomia di pensiero.
In larga maggioranza gli
italiani l’hanno dimostrato
nella primavera del
2001, quando, nonostante
IL TERRORISMO PSICO-CATODICO
di Enzo Biagi,
Santoro, Benigni, Montanelli,
Luttazzi e Travaglio,
riuscirono ugualmente a
votare come gli pare.
Fate una «tragedia greca» perché ha perso il centrosinistra
e ha vinto il
centrodestra? Perché nel
mondo c’è qualcuno che
le suona ben bene ai fanatici
dell’islam antioccidentale
(che pure li ha riempiti
di denaro)?
Passi per Giulietto
Chiesa (POVERINO), che
non s’è ancora riavuto dal
crollo di mamma Urss (se
non sbaglio è in cima alla
lista Mitrokin), ma voi!
Passerà, passerà. Tra
100 anni il mondo ci sarà
ancora, ed anche il capitalismo,
l’occidente e gli
Stati Uniti d’America (anche
l’Italia e l’Europa).
Molto probabilmente non
ci saranno più redattori
confusi e disperati come
adesso, e la rivista delle
missioni della Consolata
sarà tornata alle origini di
100 anni fa, riappacificandosi
coi suoi fondatori…
Vedo, a pagina 9 (Missioni
Consolata, febbraio
2003), un mirabile esempio
della vostra confusione:
non vi vergognate di riconoscervi
nel comunismo,
se esso smaschera le
cause della miseria. Peccato
che proprio esso sia stato
il maggior produttore di
morte nella storia (90 milioni
di assassinati in meno
di 70 anni), ma soprattutto
un formidabile produttore
di miseria, come
dimostrano mezza Europa
e molte parti del mondo.
La miseria sparirà quando
i paesi poveri riusciranno
a rimuovere gli ostacoli
(culturali, tribali, politici)
ed avere uno sviluppo economico
improntato alla libera
iniziativa privata
(detto anche capitalismo).
Lasciate stare il papa,
che il comunismo l’ha demolito,
senza salvae una
virgola. Non giocate
con le parole! Abbiate il
coraggio dei vostri sentimenti!
Post scriptum
Una sola cosa non sopporto:
il sentire ripetere a
pappagallo «noi ricchi e
sazi». Ricchi chi? Io, mia
moglie e due figlioletti viviamo
con circa 2 mila euro
al mese, e come noi la
maggioranza della gente.
Ricchi chi? Forse i giornalisti
come Giulietto Chiesa
o i professori delle università
o i bonzi parassiti
della pubblica amministrazione.
Per favore! Rimettete
i piedi per terra.

«Guai a voi ricchi, perché
avete già la vostra ricompensa!
Guai a voi
che ora siete sazi, perché
un giorno avrete fame!»
(Lc 6, 24-25).
A chi si riferisce Gesù?
Certamente agli epuloni
che nuotano nell’abbondanza,
ma anche a chi è
ricco di orgoglio, a chi è
certo di essere nel giusto,
a chi magari «le suona
ben bene»: a parole e a
fatti.

Luigi Fressoia




L’acrostico «pace»

Gentile direttore,
sono abbonata a Missioni
Consolata e, una volta letta,
la passo alle vicine di
casa, perché ritengo importante
divulgare la buona
stampa. Sono anche affezionata
ai missionari
della Consolata. Prima di
sposarmi, ho partecipato
con loro ad un campo di
lavoro in Africa. Certe cose
non si dimenticano.
Scrivo per dirle che non
mi è piaciuto, questa volta,
l’articolo di Giulietto
Chiesa (Missioni Consolata,
gennaio 2003). Ho
preferito quello di un altro
giornale. Allego la fotocopia.
Non metta il mio nome
se pubblica la lettera.

Anche noi apprezziamo
l’articolo a cui si riferisce
la lettrice
(Avvenire, 16 febbraio
2003). Ci è piaciuto, per
esempio, «PACE», acrostico
di «PER ANNULLARE
CERTI ESTREMISMI PERICOLOSI». Tutti gli estremismi
lo sono.




«Mi metti a disagio con la politica…»

Cara rivista,
da 50 anni ti accolgo a casa
mia. Ti ho sempre letto
con interesse e gioia; per
mezzo tuo ho saputo con
molto anticipo, rispetto
ad altri mezzi di informazione,
ciò che accadeva
nel mondo, soprattutto in
terra di missione.
Ma da un paio di anni
non mi sembri più la stessa:
mi metti a disagio con
la politica, con qualche
debolezza verso l’islam,
con pagine che a volte
sembrano di altri giornali,
che hanno ben poco da
condividere con i valori
cattolici.
Certamente sono io che
sono invecchiata e non so
tenere il passo con te, e
chissà quanti argomenti avranno
i tuoi redattori per
dimostrarmelo! Comunque
sia, resto in attesa di
ricredermi.

Cinquant’anni di fedeltà!
Grazie, signora
Carla! E grazie pure del
suo affettuoso dissenso.
Anche noi abbiamo una
certa età e le assicuriamo
che non ci è facile…
«la conversione intellettuale». L’espressione è
del cardinale Carlo M.
Martini, che spiega: la
conversione intellettuale
è parte del cammino cristiano,
anche se poche
persone vi arrivano. È più
comodo e facile accontentarsi
di come la pensano
i più, dell’influenza
dell’ambiente anche buono.
La conversione tocca
l’intelligenza che, dopo aver
vagato attraverso opinioni
diverse e contraddittorie,
trova un principio
secondo il quale
operare, non sotto l’influenza
dell’ambiente o
del parere altrui, bensì
per una illuminazione
profonda (cfr. Carlo M.
Martini, Briciole dalla tavola
della Parola, Piemme,
Casale 1996, pagine
49-50).

Carla Caevali




Il totalitarismo secondo Zinove’v

Caro direttore,
visto che avrei scritto basandomi
su un cumulo di
falsità – così affermano
LAURENTI e NOVARESE
(Missioni Consolata, febbraio
2003), chiedo di
pubblicare il trafiletto de
La Stampa del 30 ottobre
2001 circa «la strage di
Racak».
Parimenti, tutti gli altri
fatti, su cui ho ragionato,
sono documentabili e noti.
Forse, in tale modo, si
potrà prendere atto d’una
realtà che si rifiuta, perché
non piace.
Sulla «questione jugoslava», propongo un brano
di Aleksandr Zinove’v
(non è un epigono del comunismo,
ma un matematico,
saggista e romanziere
russo), tratto da «Serbia
ed Europa» di Maurizio
Cabona, collaboratore de
Il Gioale.
«Il crollo dei sistemi comunisti
nei paesi del blocco
sovietico – scrive Zinove’v
– ha ampliato non la
sfera democratica, ma
quella espansionistica e di
influenza, che conduce al
totalitarismo del mondo
occidentale, vincitore nella
guerra fredda. Questo
processo è coperto da un
possente strato di disinformazione
ideologica
e propagandistica e da
menzogne che superano
quelle di Hitler e Stalin…
Il moderno totalitarismo
militante si ammanta di umanesimo,
democrazia,
lotta per i diritti degli individui
e dei popoli, giustizia.
Ma in sostanza è più
pericoloso del totalitarismo
hitleriano e staliniano;
infatti non si rivela, è
più profondo, non incontra
una seria resistenza, è
su vasta scala, dispone di
mezzi infinitamente più
grandi, ha il sostegno della
schiacciante maggioranza
dei popoli del mondo occidentale
e dei paesi sotto la
sua influenza, sedotti ideologicamente
e che non
riflettono su ciò che li minaccia,
se non resisteranno
al processo di totalizzazione
del pianeta… La situazione
serba è stata
completamente falsificata
dai mezzi d’informazione
occidentali…».
Sugli argomenti trattati
sono pronto ad un confronto
e approfondimento.
Intanto faccio notare
che i proclami di Bin Laden
sembrano piacere
molto ai signori Bush e
Colin Powell. Quest’ultimo
s’è premurato d’anticipare
il contenuto e premere
per la trasmissione del
nastro, prima che Al Qaeda
ne riconoscesse l’esistenza:
ovviamente per sostenere
che era una prova
del collegamento dell’Iraq
con Al Qaeda.
Bin Laden, sempre più
fantasma (non appare sul
video), serve egregiamente
il suo padrone. Bel lavoro,
agente Bin Laden!
Ringrazio chi ha apprezzato
il mio scritto e chi
l’ha letto con apertura
mentale.

Non condividiamo in
toto i giudizi di Zinove’v
sul mondo occidentale…
Giuseppe Torre, su
Missioni Consolata di ottobre-
novembre 2002, ha
accennato ai trascorsi
conflitti nel Golfo Persico,
Kosovo e Afghanistan,
chiamando in causa
il governo statunitense.
Nel 1999 l’intervento armato
della Nato in Serbia-
Kosovo partì anche
in seguito a «la strage di
Racak», di cui è imputato
Slobodan Milosevic.
Ma La Stampa, 30 ottobre
2001, scrive:
«… compare anche l’accusa
di aver ordinato la
strage di Racak, che il 15
gennaio del ’99 diede origine
ai bombardamenti
della Nato: è un dettaglio
singolare, poiché sullo
stesso episodio una commissione
delle Nazioni
Unite, guidata da un anatomo-
patologo finlandese,
la signora Ranta, aveva
concluso che non di
strage si era trattato, ma
di uno scontro a fuoco
fra poliziotti serbi e guerriglieri
dell’Uck (Esercito
di liberazione del Kosovo)».

Giuseppe Torre




Di padre in figlio

Spettabile redazione,
vi informo che mio papà
Floro, abbonato da molti
anni a Missioni Consolata,
ci ha lasciati per il suo
«meritato riposo». Sarei
lieto di ricevere a casa mia
la vostra rivista, che attraverso
lui ho imparato a conoscere
e ad apprezzare.
Grazie del vostro lavoro.

Il messaggio ci fa molto
piacere, perché «la rivista
missionaria della famiglia
» resta in… famiglia.

Giancarlo Telloli




Carenza di obiettività?

Caro direttore,
ho letto con molto interesse
il DOSSIER sull’università
cattolica del Mozambico
(Missioni Consolata,
febbraio 2003). Però su alcuni
aspetti l’ho trovato
carente di obiettività circa
coloro che hanno dato un
sostanziale contributo alla
realizzazione dell’università.
Per esempio: non è stato
dato il giusto riconoscimento
a padre Lorenzo Ori
che, lasciato il Kenya, ha
diretto i lavori di ricostruzione
del complesso di
Nampula; non sono stati
menzionati i lavori finanziati
dall’Associazione di
volontariato «Insieme»
(AVI), che con encomiabile
impegno ha raccolto l’equivalente
di un milione
di mattoni (circa 370 mila
euro) e ha finanziato la
scuola pre-universitaria di
Cuamba, dedicata alla memoria
di padre Eugenio
Menegon, composta di
ben 10 fabbricati.
A quel tempo sembrava
che, senza la scuola pre-universitaria,
la facoltà di agraria
di Cuamba incontrasse
difficoltà a nascere!
(Una foto di questo complesso,
al posto del monumento
alla Coca-Cola, sarebbe
stata più opportuna).
Si poteva anche
accennare al Centro nutrizionale
per bambini di
Cuamba, sostenuto da alcuni
anni dalla nostra Associazione
e che quest’anno
sarà ristrutturato con
ben 50 mila euro.
Non voglio ricordare gli
impegni che abbiamo in
Kenya (prossima apertura
di un ospedale), né quelli
in Mozambico… Tutte
queste cose non si potevano
ignorare, perché l’autore
del dossier conosce benissimo
l’attività della nostra
Associazione, che opera
a fianco dei missionari
della Consolata da oltre
17 anni.
Il vero volontariato è discreto
e silenzioso, ma ignorarlo
completamente è
riduttivo del suo grande
apporto. Mi riferisco alle
associazioni che non hanno
finanziamenti pubblici,
ma che quotidianamente
sono impegnate a raccogliere
fondi vendendo torte
e fiori davanti alle chiese
e nei mercati per aiutare
i paesi poveri…
Perché Missioni Consolata
parla così poco del volontariato?

Più che di carenza di obiettività,
si è trattato di
lacune. E siamo grati al
presidente dell’AVI di averle
colmate. Tuttavia
occorre ricordare che le
lodevoli e importanti opere,
realizzate dall’AVI
in Mozambico, sono indipendenti
dall’università
cattolica.
Parliamo poco del volontariato?
L’abbiamo
fatto in marzo con il progetto
«acqua per la vita»
di Matiri (Kenya); lo facciamo
in questo mese (vedi
l’articolo sul Madagascar).
E, se l’AVI scrivesse
un articolo, saremmo
felici di pubblicarlo.

Gino Merlo




NON SERVONO NÉ «CHIERICI» NÉ «LAICI»

Ho letto con sorpresa la lettera di FERRUCCIO GANDOLINI
(Missioni Consolata, gennaio 2003) sull’ospedale di
Wamba (Kenya). Il signor Ferruccio auspica anche un ampio
«servizio» sull’ospedale.
Certamente i 38 anni di ininterrotto lavoro del dottor SILVIO PRANDONI, in questo ospedale, sono il più bell’elogio del laicato missionario. Silvio è un laico missionario che non solo ha rinunciato alla carriera per stare con i poveri, ma ha anche saputo suscitare un giro di amici e volontari che offrono sostegno economico e servizi specializzati all’ospedale.
Tra loro spicca l’amico TIBERIO, da poco in pensione solo
perché le gambe non lo reggono più.
Non va dimenticato che il laicato missionario è stato possibile grazie alla collaborazione (talora sofferta) con le forze «clericali» locali: a cominciare dal vescovo Carlo
Cavallera, fondatore della diocesi
di Marsabit e dell’ospedale,
dal suo successore monsignor
Ambrogio Ravasi e dal
nuovo vescovo di Maralal, Virgilio
Pante. Né si scordino le missionarie
della Consolata, che
nell’ospedale hanno dato il meglio
della loro vita, le suore indiane
dell’Immacolata e i missionari
della Consolata che hanno sostenuto e amato l’ospedale.
D a quando è nata la diocesi di Maralal, opero come amministratore:
quindi sono anche responsabile dell’ospedale
di Wamba, che è una… patata ben cotta, profumata
e appetitosa, ma anche bollente.
I problemi sono tanti: aumento della povertà della gente
(oltre a non avere mutua o assicurazioni mediche, spesso
non ha neppure i soldi per pagare il minimo che l’ospedale
richiede per medicine, cure e degenza); insicurezza,
razzie e scontri tribali; alti costi di gestione (medicine, salari,
manutenzione); trasporto (siamo a quasi 400 Km da
Nairobi, di cui gli ultimi 100 su strada sterrata); mancanza
di elettricità e di un acquedotto pubblico; il complicarsi
delle patologie mediche, la stabilità e la qualificazione
del personale medico e paramedico… Sono elementi che
rendono gravoso il lavoro. La responsabilità di raccogliere,
ogni anno, 450 mila euro per il funzionamento ordinario
dell’ospedale farebbe perdere il sonno a più di uno.
È in gioco il futuro dell’ospedale, e il bene dei poveri.
Nessuno ha le soluzioni in tasca: né i «chierici» (non
per forza clericali) né i «laici» (non necessariamente anticlericali).
Solo una sincera e aperta collaborazione fra tutti
può aiutare ad affrontare con novità, verità e carità i bisogni
e i problemi di una splendida
opera d’amore, qual è
l’ospedale di Wamba: «la rosa
del deserto».
Non c’è bisogno né di clericalismo
né di laicismo, ma di persone
che, come Prandoni, i missionari
e le missionarie, siano
disposte a pagare di persona,
senza paura del confronto o
dissenso, facendo bene il bene,
come voleva il beato Giuseppe
Allamano.
Ben venga qualcuno dalla penna
facile che scriva sull’ospedale! Gli ammalati samburu,
turkana, rendille, borana, gabbra, meru, kikuyu e quanti beneficeranno
dell’ospedale saranno felici se i loro amici aumenteranno,
se ci saranno persone, dall’Europa e dall’Africa,
con il coraggio di dedicare la vita ai poveri come il dottor
Prandoni, che ritiene che la parola «pensione» non
abbia diritto di cittadinanza nel suo vocabolario…
Mi sono fatto aiutare a scrivere questa lettera, perché le
mie mani sono più abituate alla chiave inglese che alla penna.
E non vorrei che, con questa lettera, succedesse ciò che
avviene quando stringo la mano agli amici: data la «morsa», spesso faccio loro fare una smorfia di dolore.

P. MARIO LACCHIN




VACCHE VOLANTII

La fame non fa più notizia, neppure quando raggiunge
proporzioni catastrofiche: 13 milioni di
persone sono colpite dalla carestia in sei paesi
dell’Africa Australe (Mozambico, Zimbabwe, Malawi,
Zambia, Lesotho e Swaziland); altri 6 milioni
rischiano di morire di fame in Etiopia, una calamità
più devastante che negli anni ’80 e ’90.
Al di là delle emergenze, 40 mila persone muoiono
ogni giorno per fame o malnutrizione.
Ma non se ne parla: quello della fame è diventato un
problema imbarazzante e scandaloso.
Il «Piano d’azione», varato da 180 paesi al World
Food Summit di Roma nel 1996, si prefiggeva di dimezzare
la popolazione affamata nel mondo entro il
2015. L’ultimo rapporto della Fao, Situazione dell’insicurezza
alimentare nel mondo 2002, ammette
che gli affamati sono diminuiti appena di 2,5 milioni
l’anno, invece dei 24 milioni programmati.
Eppure, a detta degli esperti, la soluzione tecnica
per sfamare tutti esiste, se si volesse. A parole,
tutti lo vogliono; ma le soluzioni pratiche
vengono spesso contestate e rifiutate. E non è l’unica
contraddizione, a cominciare dalle cifre.
I numeri della fame sono molto discussi: secondo il
rapporto della Fao a soffrie sarebbero 840 milioni.
A questi bisogna aggiungere altri 300 milioni di malnutriti.
Per altre organizzazioni le statistiche sarebbero
molto più elevate.
L’assurdo, poi, è che l’85% degli affamati nel mondo
vivono nelle campagne, dove si produce il cibo.
Cause della fame non sono solo siccità e calamità naturali,
ma anche meccanismi perversi: guerre e instabilità
politica, corruzione e inettitudine di governi
locali, Aids e altre epidemie, maneggi di multinazionali
e finanziari, disuguaglianze e ingiustizie
sociali… Base di tutto, però, è la povertà: il cibo c’è,
specialmente nei paesi sviluppati, ma la gente non ha
soldi per comprarlo.
Per salvare dalla fame i sei stati dell’Africa Australe,
il «Programma
alimentare
mondiale» dell’Onu
ha inviato migliaia di
tonnellate di cereali,
metà dei quali proveniente
dagli Stati Uniti,
in gran parte modificati
geneticamente. Inizialmente
vari governi hanno rifiutato l’aiuto: «Meglio
morire di fame che avvelenati» diceva il presidente
dello Zambia. Ma poi hanno accettato il «dono».
Oltre che dal rischio per la salute, tale rifiuto è motivato
da ragioni economiche: se i semi geneticamente
modificati venissero seminati, potrebbero contaminare
altri prodotti agricoli da esportazione, che verrebbero
rifiutati dai mercati europei, dove i cibi transgenici
sono banditi.
Ma le conseguenze più disastrose per le economie agricole
dei paesi in via di sviluppo (pvs) vengono dalle
eccedenze alimentari dei paesi ricchi. Grazie ai forti
sussidi governativi agli agricoltori e allevatori europei
e americani, cereali, latte, zucchero… vengono
immessi nei mercati dei pvs a un prezzo inferiore al
costo di produzione, facendo concorrenza ai produttori
locali. Al contrario, i prodotti agricoli dei psv sono
soggetti alle restrizioni doganali dei paesi ricchi.
E tutto in barba ai dogmi della globalizzazione, concorrenza,
libero mercato…
«Igoverni europei potrebbero mandare, ogni
anno, 21 milioni di mucche da latte in un
viaggio attorno al mondo, con scali nelle più
grandi città» sottolinea un volantino della Cafod,
Ong cattolica inglese, promotrice della campagna
Flying cows (vacche volanti) per invocare regole commerciali
uguali per tutti. Una mucca europea, infatti,
riceve in media un sussidio di 2,20 euro al giorno:
cifra che costituisce il reddito medio di metà della
popolazione mondiale, quasi 3 miliardi di persone.
La somma che l’Africa perde a causa delle regole
commerciali ingiuste è maggiore di quella richiesta
per cancellare il suo debito estero.
«Causa della fame è la povertà – afferma Civiltà Cattolica,
nov. 2002, n. 3658 -. L’unica soluzione sembra
essere quella di mettere gli affamati in condizione
di produrre il cibo per sopravvivere… I paesi ricchi,
più che trasferire o “donare” le proprie eccedenze,
con effetti disastrosi per l’agricoltura dei paesi poveri,
dovrebbero piuttosto smantellare i sussidi alla propria
agricoltura e favorire
il buon governo dei paesi
poveri, in modo da aiutarli
a combattere la povertà».
Non bastano le scelte economiche;
bisogna fare
scelte etiche.

BENEDETTO BELLESI