«Secondo me» e «secondo Dio»
Egregio direttore,
sembra che il solo portare
il nome di Cristo includa
spesso il martirio. Fra tanti
episodi, c’è stata anche
la strage in Nigeria in occasione
del concorso di
bellezza (come se fossero
stati i cristiani a volerlo).
Razionalmente parlando,
diventa assai difficile,
davanti a certe situazioni,
accettare ed aiutare molti
immigrati, quando essi,
nel loro paese, annientano
ogni presenza che non sia
sostenuta dal vessillo della
mezzaluna. L’integralismo
islamico avanza con
disinvoltura, sfruttando la
rabbia di molti, promuovendo
terribili iniziative.
Detto questo, propongo
una riflessione su che cosa
significhi essere cristiano,
oggi come ieri. La riflessione
non parte dal
mio «sentire», altrimenti
non è più il cristiano che
parla. Il «secondo me»,
molto spesso, non corrisponde
al «secondo Dio».
«Noi predichiamo Cristo
crocifisso, scandalo
per i giudei e stoltezza per
i pagani» diceva l’apostolo
Paolo, conscio che l’evento-
Cristo aveva portato
una tale rivoluzione di
sentimenti da lasciare per
lo meno stupiti. Cristo-
Dio, per amore, decide di
farsi piccolo e morituro
come la sua creatura; non
sceglie ricchezze né sfarzi
mondani, ma povertà e umiltà;
vive in prima persona
le cose straordinarie
che predica e sconvolge ogni
nostro ideale di santità
e giustizia.
E noi cristiani, se vogliamo
definirci tali, siamo
chiamati a seguire le
sue orme, anche se può
sembrare impossibile. Egoismi
e pregiudizi ci impediscono
di vedere come
Lui vede. Saremo giudicati
proprio sullo spazio che
abbiamo fatto all’«altro»,
diverso, povero, emarginato,
malato. Il capitolo
25 del vangelo di Matteo
(sublime affresco del giudizio
divino che ci attende
tutti) non lascia dubbi al
riguardo.
Cadono allora tutti i discorsi
di salvaguardia della
fede in modo chiuso ed
arroccato sulle proprie sicurezze
e presunte superiorità,
che non fanno che
generare «cristiani» smarriti
e paurosi, i quali, dietro
lo scudo crociato, difendono
solo i propri interessi
e comodità. Il
Crocifisso non può mai
essere simbolo di arroganza
e prevaricazione…
Grazie delle ricche riflessioni.
La lettera ne
contiene altre, che ci auguriamo
di presentare
nel prossimo numero.
Mario Manescotto