Incalzati dal corano

Egregio direttore,
scrivo a proposito della
lettera anonima, inserita
nell’articolo «da musulmani
a cattolici» (Missioni
Consolata, dicembre
2002). Io sono d’accordo
con la lettera, e non rimango
certo anonimo.
Finché in Arabia Saudita
e Yemen non verrà legalizzata
la costruzione di
chiese o di altre espressioni,
come si può parlare di
democrazia e libertà?
La dichiarazione dei diritti
dell’uomo sulla parità
di opportunità fra uomini
e donne non è stata firmata
dall’Arabia Saudita.
Tutti gli stati arabi sono
retti da sistemi non democratici.
Egitto, Tunisia e
Marocco, che si dicono
«tolleranti» (?), sono governati da anni dagli stessi
politici; nei matrimoni misti
o nel rispetto di altre
fedi sono ben lungi dall’essere
liberali.
L’islam è strutturalmente
contro una società aperta
(vedi Popper) e liberale:
quindi nei fatti
contro la carta dei diritti
dell’uomo. Il serafico
dott. Scialoja le sa queste
cose o continua a far finta
di nulla? Anche la chiesa
cattolica è stata, per secoli,
non liberale e totalitaria.
Dobbiamo attendere
ancora tre secoli per vedere
un islam rispettoso dei
diversi?

Il rispetto dei diritti umani
può essere accelerato
dal confronto fra tutti.
Fra cristiani e musulmani,
il confronto deve riguardare
l’organizzazione
della vita civile, le leggi
dello stato e i diritti di
libertà, uguaglianza, reciprocità.
I musulmani possono
essere incalzati dal loro
stesso corano; per esempio
con: «Gareggiate nelle
opere buone, ché a
Dio tutti toerete. Allora
egli vi informerà di
quelle cose per le quali ora
siete in discordia» (sura
V, 48).

Alfio Tassinari

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