«Nestlé? No, grazie!»

Quando il latte uccide

Il prodotto della multinazionale uccide migliaia di bambini.
Come un attacco alle Torri gemelle. Quotidiano.

Da qualche tempo siamo impegnati in una campagna
di boicottaggio contro la NESTLÉ, appoggiati
alla «Rete italiana boicottaggio
Nestlé» (R.i.b.n.) (1). La multinazionale promuove
la vendita del latte in polvere con metodi ritenuti illegali
dall’Unicef e dall’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms) e spaccia addirittura per «aiuti»
le sue scorrette pratiche di marketing. «Ogni giorno
4.000 bambini nel sud del mondo potrebbero essere
salvati dalla morte per malattie e denutrizione se
fossero allattati al seno e non con latte in polvere» dice
l’Unicef.
Quattromila bambini al giorno! Nel terribile attacco
alle Torri gemelle sono morte circa lo stesso numero
di persone: i mezzi di comunicazione ne hanno
dato amplissimo risalto, condannando gli atti terroristici.
Ma nel caso della Nestlé, sebbene i dati Unicef siano
da brivido, pochissimi ne parlano e, comunque, anche
quando ne veniamo a conoscenza, sembrano cifre
esagerate.
Eppure non è così. Anche noi stentavamo a credere
che il problema fosse di tali dimensioni e quindi abbiamo
scritto all’Unicef, che dopo poco tempo ci ha
risposto nella persona del presidente Gianni Micali,
che ha confermato la veridicità dei dati.
«Ovunque – scrive Micali nella lettera di risposta
– i benefici dell’allattamento al seno
sono incontestabili, ma nei Paesi in
via di sviluppo (Pvs) l’allattamento naturale è indispensabile.
Infatti, la sopravvivenza dei bambini di
questi paesi dipende dalle proprietà del latte materno,
in grado di aumentare le difese immunitarie e di
proteggerli contro la diarrea e le infezioni intestinali
e respiratorie, cause principali della mortalità infantile
nei Pvs. A determinare la pericolosità dell’allattamento
artificiale è soprattutto la scarsa igiene dei
contesti in cui viene utilizzato. Spesso le famiglie povere
diluiscono eccessivamente questi prodotti con acqua
non potabile e li versano in biberon sporchi, aumentando
il rischio di malattie. Rispetto ai neonati allattati
esclusivamente al seno, quelli nutriti con latte
artificiale sono esposti ad un rischio dieci volte maggiore
di infezioni batteriche che richiedono il ricovero
in ospedale, e ad un rischio quattro volte superiore di
meningite e di infezioni all’orecchio medio e gastroenteriti.
Nonostante gli indubbi benefici del latte
materno, solo il 44% circa dei bambini nei Pvs viene
allattato esclusivamente al seno e il fattore determinante
di tale realtà è sicuramente l’inesorabile promozione
gratuita dei surrogati artificiali.
Il fatto che questi campioni vengano distribuiti gratuitamente
dagli stessi medici e infermieri invita facilmente
una madre a passare dall’allattamento al seno a
quello dal biberon. Dopo che il bambino è stato nutrito
con latte artificiale anche solo per pochi giorni e
si è abituato alla tettarella di gomma, è difficile che accetti
nuovamente il seno. Inoltre, in quest’arco di tempo
la produzione di latte materno diminuisce notevolmente.
Quindi, la madre dovrà ricorrere definitivamente
al latte artificiale, che a questo punto sarà
costretta a comprare con un conseguente dispendio di
denaro. E chi non può permettersi scorte sufficienti,
spesso diluisce il prodotto oltre misura, provocando
così al bambino casi di diarrea e infezioni intestinali.
Tali problemi vengono raramente spiegati alle donne
durante la consegna dei campioni-omaggio e per tale
motivo è ancora alto il tasso d’allattamento artificiale,
così come è alto il numero delle piccole vittime.
L’Unicef, insieme a diverse Organizzazioni non governative
(Ong) e l’Organizzazione mondiale della sanità
da 20 anni condanna e combatte la promozione dei
surrogati artificiali del latte materno nei reparti mateità
degli ospedali e nelle altre strutture sanitarie dei
Pvs.
Dal 1981 esiste un apposito “Codice internazionale
sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno”,
sottoscritto dall’Unicef, dall’Oms, da varie Ong
e da rappresentanti dell’industria di alimenti per bambini.
Numerose violazioni commesse da alcune industrie
multinazionali del settore sono state denunciate
nel 1996 con il rapporto Cracking The Code (“Infrangere
il codice”). La Nestlé è stata riconosciuta tra i
maggiori responsabili di questo tipo di violazioni, ed è
quindi stata fatta oggetto di una campagna di denuncia
che è tuttora in atto, dato il reiterarsi di questi comportamenti».
Ora, lanciamo un appello a voi lettori di Missioni
Consolata: al fine di spingere la Nestlé a mutare
politica e a rispettare il Codice internazionale,
vi chiediamo, di astenervi dal comperare Nesquik
e Nescafé (prodotti simbolo della multinazionale) fino
a quando la Nestlé non rispetterà il Codice internazionale
e per i più coscienziosi, di esporre per iscritto
alla Nestlé il motivo di tale decisione (2).
Contiamo nella vostra collaborazione, per evitare che
ogni giorno 4.000 bambini continuino a morire ai margini
della storia, con il silenzio-assenso di noi tutti.
(*) Gruppo missionario di Casella D’Asolo (Treviso)
(1) Per contattare la «Rete Italiana Boicottaggio Nestlé»:
E-mail: ribn@yahoo.com
Sito internet: www.ribn.it
Fax: 06.8270876
(2) Indirizzare a:
NESTLÉ ITALIANA SPA,
viale G. Richard n.5,
20143 Milano
www.nestle.it

Paolo Baruffa Patricia Xillo

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