I CONFINI DEL BENE E DEL MALE

«Dio non si rivela più, sembra nascondersi nel suo
cielo, in silenzio, quasi disgustato dalle azioni dell’umanità».
Così, dicono le cronache, il pontefice si è rivolto
ai fedeli durante un’udienza collettiva di catechesi,
lo scorso 11 dicembre. Parole di fuoco, così aspre non
erano mai state dette. Un’immagine di Dio più corrucciata
non era mai stata proposta da un vicario di Cristo.
Credo che sia uno dei segnali della estrema gravità della
situazione di questa umanità contemporanea, e di questo
pianeta.
Undici anni sono trascorsi dalla fine di quello che venne
definito – da Ronald Reagan – l’«Impero del Male».
Invasione di campo, poiché non spetta a un uomo politico,
nemmeno se è presidente dell’unica superpotenza
mondiale, definire i confini del Bene e del Male.
Deformazione inusitata della politica, che non poteva che
produrre effetti devastanti, sia sulla politica che sulla morale.
Poiché stabilire in sede politica ciò che è il Male
Assoluto, significa parallelamente, implicitamente, assegnare
alla politica il diritto di stabilire che cosa è il Bene.
Da 11 anni, dunque, noi tutti, noi ricchi, noi sazi, abbiamo
vissuto in quello che è divenuto, per definizione,
il Bene. E adesso scopriamo, con stupore, con angoscia,
che questo Bene non ha molto a che vedere né con l’etica,
né con la spiritualità, né con la giustizia. Un altro
materialismo ha occupato prepotentemente il posto dell’ateismo
di Stato che sembrava ergersi come una minaccia
universale. E questo appare oggi più minaccioso
del predecessore, poiché è più insidioso, pervasivo, onnipresente,
subdolo, perfino – a tratti – caritatevole. La vita,
specie quella dei nostri figli, è ormai riempita di disvalori,
di vuoto intellettuale, di egoismo, di una insensata
corsa a procurarsi oggetti di cui nemmeno abbiamo
bisogno.
Siamo divenuti tutti homines videntes, coloro che vedono,
coloro che apprendono, quel poco che apprendono,
attraverso la televisione. E la televisione è divenuta il
nostro cattivo maestro. Cattivo ma così potente da avere
scardinato i caposaldi della nostra vita e di quella delle generazioni
che ci hanno preceduto. Famiglia, scuola, società
civile: luoghi dove ci si guardava negli occhi, luoghi
del confronto diretto tra i visi reali, dove si poteva cercare
di capirsi, sono stati travolti dall’ondata catodica.
Coloro che creano i flussi di sentimenti, di emozioni,
d’informazioni, non hanno altri criteri di regolazione che
il risultato finale di una infinita crescita della vendita di
quei prodotti che avvelenano la nostra vita quotidiana e
la nostra anima. Aspettarsi da loro un qualsiasi messaggio
di verità, giustizia, pace è cosa del tutto vana, poiché
l’ondata catodica non è di queste cose che si occupa. Ma
loro sono divenuti determinanti nello stabilire qual è la
nostra agenda quotidiana.
Io non so se si possa dire che Dio è adirato. E con chi
è adirato. Ma non si può restare indifferenti di fronte a
tanto disastro morale, di fronte all’indifferenza, di fronte
alla distrazione collettiva nella quale siamo trascinati e
che ci porta a dimenticare e stravolgere non solo il passato
ma perfino il presente.
Non so neppure se sia giusto incolpare la gente comune
di questa apatia e indifferenza, poiché la gente comune
– l’«uomo della strada», come lo si definisce comunemente
– non può più sapere in quale mondo vive, che
cosa sta accadendo attorno a noi e perché accade. Non
può saperlo perché il sistema di informazione-comunicazione-
intrattenimento che ci circonda, nel quale noi
siamo immersi senza soluzione di continuità, anche coloro
che pensano, spegnendo la televisione, di sottrarsene,
ci avvolge proiettandoci in un mondo irreale, il prodotto
di una «fabbrica dei sogni», che ci nasconde le verità
più elementari e ci impedisce di trarre perfino le più
elementari conclusioni che conceono la nostra vita
quotidiana.
In queste condizioni è la democrazia stessa a essere minacciata,
poiché non può aversi società democratica là dove
i cittadini non conoscono le scelte possibili, e vengono
quindi condotti, anzi trascinati, a scegliere dentro un
mazzo di carte mescolato da bari, che hanno tolto dal mazzo,
preventivamente, le scelte che loro non piacciono.
Il papa ha parlato, angosciato, evidentemente. Ma le sue
parole sono annegate nel gran mare di chiacchiere, nell’indifferenza
generale. Subito dimenticate, subito cancellate
da quel frenetico voltar di pagina che contraddistingue
tutto il lavorio mediatico del villaggio globale.

GIULIETTO CHIESA

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