«Venite donne, è qui la festa!»
«È sempre misero chi a lei s’affida, chi le confida malcauto il core…». Detto così, il giudizio del duca di Mantova sulla donna (nel «Rigoletto» di Giuseppe Verdi) sembra un po’ troppo pessimistico: maschilista e misogeno.
Tuttavia, in questo florilegio prenatalizio di supermercati, ipermercati, «shopville», «discount» e, persino (lo sapete?), «cleromarket» (deo gratias), avete mai provato a confessare alla vostra compagna che avreste volentieri fatto un giretto al mercatone per buttare un occhio?
Se vi è capitato, vi ricorderete di aver firmato la vostra condanna, perché la vostra dolce compagna, improvvisamente galvanizzata da questa idea, vi ha trascinato in una estenuante maratona tra banchi, reparti e scale mobili di uno di questi paradisi della famiglia tipo. Il teatro, cioè, pervaso dall’inebriante e dolciastro profumo di saponette, delle memorabili e fantozziane «spedizioni commerciali» della sana famiglia italiana con bambini, il sabato pomeriggio.
Un rito di massa che, dopo la terza ora di assurda permanenza nei reparti, riduce un individuo, non particolarmente votato allo shopping, ad un barcollante e stravolto babbo-natale, sepolto da pacchi, pacchetti, borsoni e scatoline… Però il marito, mentre provava il costume per le spiagge alle isole Seicelle, ha fatto la pipì nel gabinetto di prova; poi dall’interno ha gridato alla moglie: «Non è la misura giusta!». E lei: «Guarda che perdiamo Chiara! Fai veloce che chiudono!».
Ma il meglio di sé la vostra fantasiosa compagna potrà darlo nella più elegante «shopville», tra le sue scintillanti boutiques: in pratica un invitante e tentacolare market show.
Dopo un suo primo approccio alla «shopville», voi non siete più in grado di cogliere il fascino delle vetrine luccicanti, del «paghi due e prendi tre», del «compri a natale e paghi a pasqua»: insomma delle raffinate e suadenti tecniche di promozione delle vendite. Lei poi organizzerà irresistibili matinées con amiche e colleghe, tutte entusiaste alla prospettiva di un tour della «shopville» con escursioni al bar (oh, quei croissants col cappuccino!), con lunghe soste dal giornielliere e nelle maison e atelier, tra griffe e deliziose «creazioni».
E, poi, vuoi mettere? Ti si rompe un tacco? C’è il «tacco espresso»… Hai i capelli un po’ spenti? C’è l’«intercoiffeur»… E c’è il meccanico, il gommista. «Ragazze, faccio un salto a farmi gonfiare le gomme e vi raggiungo subito!» dice ovviamente lei… Ma c’è anche il «discount», molto conveniente. Sì, è vero, ma è così squallido: niente bar, non parliamo di ristorante, compri e scappi dalla malinconia. Non c’è confronto.
Insomma la vostra cara compagna ha scoperto il programma ideale per i noiosi giorni di pioggia e il più efficace rimedio nei momenti di depressione: si fa un giro alla «mecca del consumatore». E, in questo «paese di bengodi», ci si rifà gli occhi e… magari il guardaroba. Specie a natale.
Dunque: aveva ragione il duca di Mantova a dire «è sempre misero chi a lei s’affida»? O forse quel grande poeta, che scriveva: «donna: mistero senza fine bello?».
Ma, quanto a consumismo, gli uomini sono poi tanto diversi dalle donne?
Arcadio Corradini