JOHANNESBURG NON E’ PORTO ALEGRE

INCONTRO CON: Mercedes Bresso (presidente provincia di Torino)

 

Se i paesi del Sud
adottassero i modelli consumistici del Nord, la terra non potrebbe
sopportarlo. Per uno sviluppo sostenibile non basta  il progresso
tecnologico. Occorre che i paesi ricchi scelgano uno stile di vita più
sobrio.

Anche perché la sobrietà può
essere felice.

 

 

«L’uomo non deve sostituirsi
a Dio»: sono le parole del papa nei giorni antecedenti il summit di
Johannesburg. Un commento.

Non conosco esattamente il
contesto nel quale si è espresso il papa.

Immagino intendesse il rischio nel
produrre modificazioni permanenti degli ecosistemi terrestri.
Un’interferenza umana forte nel mondo animato ed inanimato sconta
un’ignoranza della logica complessiva del creato e può creare disastri,
cosa che per altro stiamo vedendo in maniera abbastanza precisa. Questa è
la mia interpretazione. Non dimentichiamo che, quando si parla di sviluppo
sostenibile, non si intende soltanto l’ambiente in senso fisico, ma anche
sociale e, quindi, delle modifiche che danneggiano gli ecosistemi e le
loro popolazioni: pensiamo ai processi di desertificazione in Africa, agli
interventi umani che hanno prodotto distruzioni gigantesche, alle
monocolture. Tutto questo produce disastri ambientali e in definitiva
povertà delle popolazioni.

Il papa ci ricorda perciò il
nostro dovere di aiutare lo sviluppo, senza cadere nello sfruttamento.

Un monito quindi: l’economia non
interferisca con il creato e non produca disastri sociali.

 

Il pianeta sta meglio o
peggio dopo la conferenza di Johannesburg?

È molto difficile rispondere a
questa domanda. Questi grandi summit hanno l’indubbio vantaggio di
sensibilizzare le opinioni pubbliche e possono, quindi, far muovere le
coscienze a tutti i livelli: dal singolo cittadino al capo di un governo.
Inoltre, dopo Rio (1992), 600 enti locali hanno deciso di attuare la Local
Action 21, ovvero l’Agenda 21 a livello locale.

Questi enti si impegneranno a
realizzare nei prossimi 10 anni le politiche di sostenibilità teorizzate
dal 1992 ad oggi. In questo senso la provincia di Torino ha già iniziato
l’attuazione dei piani d’azione con la destinazione di circa 12,5 milioni
di euro al Forum dell’Agenda 21, in modo da dimostrare che impegnarsi a
progettare per poi attuare serve. E porta a risultati.

Parallelamente bisogna ammettere
che, a differenza delle Ong e di moltissimi enti locali, è mancata la
buona volontà da parte dei governi centrali e gli impegni presi a
Johannesburg sono stati molto modesti.

 

A Johannesburg è stato
finalmente messo in discussione il concetto di crescita quantitativa,
ovvero l’idea dell’aumento continuo del PIL?

Non è possibile teorizzare la
crescita infinita. Probabilmente, nella storia dell’umanità, la crescita
continua di beni materiali è solo un momento. Dobbiamo lasciare alle
generazioni future la possibilità di vivere avendo le risorse fisiche,
scientifiche e sociali necessarie.

 

Pensa che un’espansione del
libero mercato nei paesi in via di sviluppo, ad esempio la Cina, possa
essere sostenibile per il pianeta terra?

È necessario trovare un modello di
sviluppo che non ricalchi il modello occidentale di crescita forsennata.
Qualora Cina o India si sviluppassero sui nostri modelli consumistici,
porrebbero dei seri problemi di reperimento di risorse naturali.

Non va comunque dimenticato come
il progresso tecnologico possa aiutare i paesi del Sud a raggiungere uno
sviluppo sostenibile, che dia cioè a tutti la possibilità di una vita
dignitosa senza distruggere la terra. Questo significa non imitare il
modello di vita nordamericano e nemmeno quello europeo.

Ad esempio, se i cinesi non
potranno vivere in maniera «insostenibile» come gli italiani, non
significa che dovranno vivere in maniera peggiore.

 

Come interpretare il
problema demografico alla luce del fatto che un nordamericano consuma, ad
esempio, come 1.200 ruandesi?

È vero, siamo in tanti e una parte
di noi consuma troppo. Se tutti consumassimo in maniera eguale e se non si
fermasse il boom demografico, la situazione diverrebbe insostenibile.
Bisogna però sottolineare che, di norma, ad un aumento del tenore di vita
corrisponde una diminuzione della crescita demografica. Questo grazie
all’utilizzo di tecniche sanitarie migliori, degli anticoncezionali e ad
uno stile di vita diverso.

 

Come concretizzare il
concetto di sviluppo sostenibile nei paesi ricchi?

È assolutamente possibile ridurre
l’impronta ecologica, anche senza produrre un peggioramento della qualità
della vita. Bisogna iniziare a separare il concetto di sviluppo da quello
del consumo di risorse.

Inoltre, non è più possibile
sostenere un sistema dove il reddito ed il lavoro siano legati ad un
aumento dei consumi.

Ci sono alcuni aspetti sui quali
si può agire. Il più importante è quello dei consumi energetici, sulla
loro qualità e quantità. Questo è il nodo principale dell’umanità: bisogna
uscire dall’era dei combustibili fossili e parallelamente consumare meno.

Lo stesso vale per la produzione
materiale: alcuni comparti dell’industria stanno cominciando a produrre
beni con un minor utilizzo di materia. Per altri la situazione è diversa.
Per esempio, nell’industria alimentare è ancora eccessivo l’utilizzo
dell’imballaggio, tra l’altro quasi sempre non riciclabile.

Tuttavia, il problema di fondo
rimane la ricerca di stili di vita più sobri.

Per raggiungere una «sobrietà
felice» è ipotizzabile, ad esempio, la sostituzione della vendita di beni
materiali con quella di servizi. Questo non significa che vivremo peggio;
vivremo solamente in un modo diverso.

Un caso concreto: immaginiamo un
condomino dove ogni famiglia possiede il proprio aspirapolvere. Si
potrebbe appaltare il lavoro di pulizia ad una ditta che farebbe lo stesso
lavoro, ma con molto meno apparecchi e dunque meno consumo di risorse.

 

Perché il cittadino ha
difficoltà ad accettare i temi ambientali?

La vita di oggi è troppo
forsennata. L’attenzione verso l’ambiente arriverà anche da una maggiore
calma nella nostra quotidianità. Per raggiungere questo obiettivo, le
istituzioni dovranno offrire dei servizi migliori, anche con l’aiuto delle
Ong.

D’altra parte, è vero che,
purtroppo, esistono paesi in cui la cultura ambientale non è ancora
penetrata.

Per queste ragioni la nostra
provincia aiuta le scuole, le industrie ed i singoli cittadini ad avere
una maggiore sensibilità nei temi ambientali come dimostra la campagna sui
rifiuti dei mesi passati (cfr. Missioni Consolata, settembre 2002).

 

Un commento sulla politica
ambientale italiana.

In generale l’Italia è sempre
stata in ritardo nelle politiche ambientali. In particolare, il governo
Berlusconi, aldilà delle sue generiche affermazioni, non ha battuto alcun
colpo in tema ambientale. Limitandoci al Piemonte, è da ricordare che
tutte le aree protette sono state fatte dai governi di centrosinistra.

 

Presidente Bresso, il suo
stato d’animo al ritorno da Porto Alegre (gennaio 2002) e da Johannesburg
(settembre 2002)…

Da Porto Alegre molto positivo.
Sembra che ci siano forze, risorse e volontà per cambiare il mondo, pur
senza un atteggiamento rivoluzionario.

Da Johannesburg meno, nel senso
che gli enti locali e le Ong rimangono ferme sulla volontà di cambiamento,
ma i governi, capeggiati dagli Usa (senza con ciò voler fare
dell’antiamericanismo), non hanno un atteggiamento di apertura verso i
gravi problemi planetari. La mia impressione è che ci sia un allentamento
dell’attenzione sulla questione ecologica.

Rimango però fiduciosa nel
comportamento dei giovani che, apparentemente, risultano più sensibili ai
problemi dello sviluppo e dell’ambiente.

 


Chi è? Mercedes Bresso

 

Mercedes Bresso, professoressa
di economia ed economia dell’ambiente presso il Politecnico di Torino,
è presidente dell’omonima Provincia dal 1995.

È autrice di numerosi saggi ad
uso universitario:

– Mercedes Bresso, «Pensiero
economico e ambiente», Loescher, Torino 1982

– Mercedes Bresso, Alberico
Zeppetella, «Il turismo come risorsa e come mercato», Angeli, Milano
1985

– Mercedes Bresso, Rosanna
Russo, Alberico Zeppetella, «Analisi dei progetti e valutazioni
d’impatto ambientale», Angeli, Milano 1990

– Mercedes Bresso, «Per
un’economia ecologica», NIS, Roma 1993

– Mercedes Bresso, «Economia
ecologica», Jaca Book, Milano 1997

 

Silvia Battaglia Maurizio Pagliassotti

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