IL BENE SENZA RUMORE di quattro generazioni insieme
Nella quaresima di quest’anno i bambini e i ragazzi
delle scuole elementari e medie di Corti
Sant’Antonio in Costa Volpino hanno raccolto una
somma, che intendono devolvere ai missionari. Di
questi ragazzi, che frequentano la catechesi, non
molti sanno dell’esistenza dei missionari della Consolata;
però ciò che conta è il messaggio che proviene
dal loro cuore, diffuso anche con l’impegno
generoso che hanno dimostrato.
Non sempre ci rendiamo conto del sacrificio dei
missionari, testimoni della fede, che offrono interamente
la vita per gli altri; ma siamo certi che la
preghiera che innalziamo per essi sia la
massima espressione della nostra solidarietà;
e, se talvolta ce ne dimentichiamo,
i nostri don Gianfranco e
don Endrio riaccendono la fiamma.
La somma che inviamo serva a
sostenere l’operato dei padri Rinaldo
Do (Congo) e Sandro Moreschi
(Kenya), che vivono realtà diverse,
ma entrambe difficili.
Cari missionari, nelle vostre preghiere
alla Madonna Consolata ricordatevi
anche della comunità di Corti
Sant’Antonio, perché sia sempre unita nella
fede e nell’amore.
LUIGI COCCHETTI – CORTI SANT’ANTONIO (BG)
Cari missionari, siamo un gruppo di giovani dai
16 ai 25 anni. Tutti gli anni, nel mese di maggio,
facciamo un pellegrinaggio in pullman ad un
santuario che dista 10 chilometri da casa nostra…
L’anno scorso, invece di prendere il pullman, siamo
andati a piedi; inoltre abbiamo fatto pranzo al sacco
e non al solito ristorante.
È stata un’esperienza bellissima, soprattutto
perché, con i soldi risparmiati, abbiamo potuto adottare
un bambino in Brasile. È stata pure una
grande gioia aiutare chi è meno fortunato di noi.
Alcuni ragazzi (che non si sono uniti a noi, ma
sono andati in pullman pensando che si sarebbero
stancati), vedendoci così felici, hanno deciso per il
prossimo anno di fare con noi la stessa camminata.
Facciamo conoscere l’esperienza ad altri giovani
sperando che seguano il nostro semplice esempio.
IL «GRUPPO GIOVANI» – BUSSETO (PR)
Siamo 10 anziani, abitanti in un paesino dell’alta
Val Tidone. Da quando è venuto a trovarci un padre
missionario (che ci ha parlato del terzo mondo),
abbiamo sentito il desiderio di adottare a distanza
un bambino; però non sapevamo come fare,
perché la nostra pensione ci consente ben poco.
Ma ecco che Tina Paulat, catechista dei nostri nipoti
(una santa donna!), ci ha dato un’idea: bere
qualche caffè in meno e destinare gli euro risparmiati
al progetto dell’adozione.
Da allora sono passati tre anni. Oggi siamo molto
orgogliosi di quanto stiamo facendo. Senza atteggiarci
ad eroi, ci sentiamo di dire: «C’è più gioia nel
dare che nel ricevere».
DIECI ANZIANI DI PIANELLO – VAL TIDONE (PC)
Spettabile redazione, fino a qualche tempo fa, una
volta alla settimana ci riunivamo per giocare
a carte; e, fra una partita e l’altra, ci rimpinzavamo
di torte e pasticcini, con l’immancabile spumante.
Siamo un gruppetto di amiche di mezza età.
Tempo fa la nipote di una di noi (missionaria
in Africa) è ritornata al paese per un
breve periodo di riposo. Una sera ci
ha fatto vedere una videocassetta,
che illustra la sua missione. Vedendo
alcuni lebbrosi anziani che
vivono in condizioni precarie (solo
una ciotola di cibo al giorno),
ci siamo sentite un po’ colpevoli.
Pertanto abbiamo deciso di non
mangiare più dolci (che ci fanno anche
male alla salute). Così, quando ci
ritroviamo per la solita partita, ci accontentiamo
di una tazza di caffè. I soldi (che
prima spendavamo per i dolci) li mettiamo in un
salvadanaio e, quando abbiamo raccolto una certa
cifra, li spediamo a quei poveri lebbrosi.
«LE AMICHE DELLA BRISCOLA»
POST SCRIPTUM
Non ci firmiamo, né riveliamo il nome del nostro
paese, perché non vogliamo metterci in mostra e
nemmeno farci intervistare da Emilio Fede.
Quello ci farebbe una telenovela.
Un «bravo» speciale alle «amiche della briscola»,
che rifuggono dai paparazzi della pubblicità. «Il bene
va fatto bene, e senza rumore»: affermano da sempre i
missionari della Consolata…
Le lettere ci propongono modi semplici e concreti di
fare il bene. È un bene che ci piace per tre ragioni:
– coinvolge quattro generazioni (bambini, giovani, adulti,
anziani);
– supera il «privato» ed entra nel «pubblico»: cioè è
fatto insieme; in altre parole (usando la celebre favola
dello scrittore e politico irlandese Jonathan Swift), la
generosità imprigiona il «mostro dell’indifferenza» con
la strategia di «tanti esili fili»… che diventano una
«rete» fitta e robusta;
– c’è pure l’invito a fare altrettanto…
Recita un noto principio etico-filosofico bonum diffusivum
sui: il bene si propaga di per sé… e contagia.
vari