Caro direttore,
gradirei alcuni chiarimenti
sul vostro editoriale di
marzo e, in modo particolare,
sul secondo punto
dove si parla delle politiche
migratorie.
Certamente gli immigrati
sono prima persone e
poi «forza lavoro», ma intendo
richiamare la sua attenzione
perché sembra
che nel nostro paese debba
entrare chiunque, anche
se non in regola.
Perché la chiesa si batte
solo ed esclusivamente
per difendere i diritti degli
extracomunitari e molto
poco o niente per i giovani
disoccupati italiani? Secondo
voi, il nostro governo
non deve emanare delle
regole precise per regolare
il fenomeno
dell’immigrazione?
L’editoriale di marzo fu
sottoscritto da 150 missionari/
e di 16 istituti.
In aprile, poi, abbiamo
accennato al disegno di
legge sull’immigrazione,
approvato dal senato, che
ha suscitato riserve anche
nel cardinale Camillo
Ruini. «In particolare – ha
dichiarato l’11 marzo
scorso il presidente della
Conferenza episcopale italiana
– risulta discutibile
sia il collegare in modo
troppo stretto e automatico
il permesso di soggiorno
con il contratto di
lavoro, sia il limitare severamente
le possibilità dei
ricongiungimenti familiari
»… fermi restando «la
doverosa tutela della legalità
e il rispetto delle
compatibilità nell’accoglienza
degli immigrati».
Condividiamo questo
giudizio.
Il tema «lavoro giovanile
» è stato affrontato dai
vescovi in almeno due significativi
documenti: «Evangelizzazione
e testimonianza
della carità»
(1990) e «Comunicare il
vangelo in un mondo che
cambia» (2001).
Giorgio Gagliardo