II pomodorro dei caporali

Leggo con molto interesse la rubrica «Il mondo
in un libro», a cura di Benedetto Bellesi, dedicata
alle pubblicazioni dell’Editrice missionaria italiana
(Emi). I libri sono uno strumento importante
per far compiere un salto di qualità a chi accetta
di impegnarsi per la costruzione di una società più
cristiana e più umana. Apprezzo, in particolare, i
libri che denunciano le ingiustizie e gli abusi nella
produzione e nel commercio di beni, alimentari
e no, provenienti dai paesi del Sud del mondo e
che invitano i consumatori a scelte responsabili
quando fanno la spesa nei supermercati.
Però mi domando: l’Emi ha la stessa attenzione
al Sud d’Italia? Siamo sicuri che ananas, banane,
cacao e caffè delle multinazionali debbano essere
boicottati più dei pomodori e dei loro derivati prodotti
nel nostro meridione?
Non siete convinti anche voi che il latifondismo
e il caporalato (che flagellano Campania, Puglia,
Basilicata) siano da condannarsi almeno quanto i
fazendeiros del Brasile e i loro squadroni della morte?
Non credete che il consumatore coerente con
la sua morale cristiana, prima di acquistare conserve
e passate di pomodoro, debba fare una riflessione
sulle vittime dei caporali nel brindisino
e nel napoletano, così come le fa sui lavoratori,
sulle donne e sui bambini vittime della Nestlé, Chiquita
o Del Monte in Nigeria, Guatemala e Kenya?
Dico la verità: dopo aver letto alcuni articoli e
visto diversi filmati, non sono affatto sicura che
certe pappe al pomodoro, così esaltate da alcuni
vegetariani ed ambientalisti, siano innocue come
una bistecca ricavata con i metodi rispettosi della
tradizione agroalimentare nostrana.
Insomma: dico NO all’hamburger dei fast-food,
condannato nei libri dell’Emi, ma dico NO anche al
pomodoro dei caporali di Oria, Foggia e Sao, che
umiliano (e talvolta uccidono) le donne, avvelenano
i fiumi e sconvolgono l’assetto idrogeologico del
territorio, creando i presupposti per nuove calamità,
nuove stragi, nuove speculazioni da parte delle
organizzazioni di stampo mafioso.

CHIARA BARBADORO