Evviva, abbasso!!

Gentile direttore, non sempre leggo Missioni Consolata, la rivista missionaria che ricevo regolarmente. Ma O maior do mundo (numero di ottobre-novembre 2000 interamente dedicato al Brasile) mi ha davvero interessato, poiché riporta notizie e fatti storici e religiosi molto significativi. Evviva il Brasile dunque, nonostante i suoi tanti problemi! È un modo assai valido dedicare un intero numero ad una nazione e affrontare i problemi sotto vari aspetti. Consiglio di continuare anche con altri paesi.
Mi ha interessato molto anche perché, per motivi di emigrazione e lavoro, ho vissuto in Argentina dal 1951 fino al 1953.
Marco Astori – Milano

Pure l’Argentina, secondo gigante dell’America Latina, meriterebbe un numero monografico… incontrando magari i tanti immigrati italiani.

Caro direttore, ho letto lo «speciale» sul Brasile: O maior do mundo: un numero pregevole. Mi conceda che accenni anche al problema demografico e del modo ignobile con cui gli Stati Uniti e le Nazioni Unite lo affrontano.
Per chi (come i missionari della Consolata) ama il Brasile e ne condivide le sofferenze, il problema demografico vuol dire urbanizzazione sfrenata e crescita esponenziale di agglomerati disumani; significa pure tracollo delle popolazioni indigene, bacini fluviali avvelenati, iniqua distribuzione delle terre.
Invece, per la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, il Fondo per le «attività di popolazione», l’Organizzazione mondiale della sanità e la Casa Bianca, la demografia brasiliana significa: nascita di troppi bambini, ventri femminili troppo prolifici e azione abortista troppo poco diffusa.
Già nel 1974, in un rapporto del National Security Council, noto come Rapporto Kissinger, il Brasile veniva indicato come un paese in cui gli americani dovevano impedire la nascita di altri esseri umani e favorire la riduzione di quelli già nati. Già allora i 100 milioni di brasiliani censiti erano considerati una minaccia agli interessi e alla sicurezza degli Stati Uniti.
Risultato: nel 1991, come riconobbe l’Istituto brasiliano di statistica, almeno il 45% delle brasiliane tra i 14 e 45 anni era già stata sottoposta a sterilizzazione. Ma, se sono vere le denunce fatte dal Movimento per la vita, da Avvenire, da Famiglia Cristiana e dal missionario Fausto Marinetti (si veda il libro «Canto l’uomo», Morcelliana), l’accanimento contro le donne non è finito: lo prova il fatto che in molte aziende gli imprenditori assumono solo donne munite del certificato di avvenuta sterilizzazione e, per essere più sicuri, applicano alla lettera i suggerimenti delle delegazioni dei paesi ricchi alla Conferenza mondiale sulla popolazione tenuta a Bucarest nel 1974, introducendo sostanze sterilizzanti nelle condotte dell’acqua potabile e nel cibo servito sulle mense.
Se tanti brasiliani vivono in condizioni subumane, la colpa non è di una terra insufficiente a soddisfare i bisogni elementari di tutti, ma dei capricci e delle prepotenze di una sparuta minoranza di privilegiati, mai sazi di terra, profitti facili ed odiose speculazioni.
La Banca mondiale – come avete ricordato – avrebbe raggiunto un compromesso con il WWF per la gestione sostenibile delle foreste, amazzoniche e non; ma finora si è segnalata solo per incalcolabili menzogne, tanti crimini contro le popolazioni indigene maggiormente legate agli ecosistemi forestali e fluviali e per il sostegno a sedicenti capolavori di ingegneria idraulica, agraria, mineraria, che hanno trasformato gli habitat naturali in deserti invivibili o, nella migliore delle ipotesi, in piantagioni per colture da esportazione.
Non di rado tali piantagioni vengono irrorate con pesticidi e sostanze tossiche che, come è stato denunciato anche in una puntata della trasmissione televisiva «C’era una volta», giocano un ruolo di primo piano nella sterilizzazione delle donne che ci lavorano, nell’aumento della mortalità prenatale e infantile e nell’aumento delle patologie cancerose tra gli adulti.
Condivido, quindi, la vostra perplessità sull’accordo tra WWF e Banca mondiale: oggi esistono solo i presupposti per temere che si risolverà in una nuova presa in giro per i poveri e per nuove catastrofi ambientali in Amazzonia e in ciò che resta delle foreste tropicali in altre parti del mondo.
Francesco Rondina – Fano (PS)

La lettera del signor Rondina riporta pure una ricca e circonstanziata bibliografia, che documenta e sviluppa le sue affermazioni… Le responsabilità della sterilizzazione delle donne in Brasile non sono solo estee, ma anche intee. Imputata è la locale classe politica al potere.

marco Astori, Francesco Rondina




I vertici della chiesa

Spettabile redazione,
su Missioni Consolata di maggio ho letto lo sconvolgente articolo di Francesco Gesualdi «Le multinazionali all’assalto del mondo». Ne approvo il contenuto; anzi penso che quanto scritto sia solo una minima parte di quanto realmente avviene nel mondo.
Denunciare con l’informazione situazioni di sfruttamento (che sembrano inverosimili) fa molto onore ai responsabili del vostro istituto, anche perché sarebbe molto più facile (e forse anche più redditizio) sottacere le violenze di ogni tipo da parte di evoluti governi, uomini ed istituti vari, che a volte si ritengono difensori di una società in avanzato stato di decomposizione.
La chiesa universale dovrebbe essere dalla parte dell’uomo e non degli interessi singoli. Essendo essa una forza morale, oltre che economica, sarebbe augurabile che si ponesse al fianco dei più deboli, di chi soffre, dei più bisognosi. Ma non è proprio così.
Sembra che nella chiesa universale siano presenti due correnti di pensiero: una che di fatto è dalla parte del potere; l’altra che si schiera decisamente in difesa dei diritti umani. Quest’ultima, a volte, è contestata dai vertici della chiesa.
Pio Moacchi
Savona

Condividiamo le sue riflessioni e ricordiamo: il massimo vertice della chiesa cattolica è Giovanni Paolo II; oggi pochi come lui sono al fianco dei più deboli. Tutti i vescovi, preti e laici dovrebbero fare altrettanto.

Pio Moacchi




Il berlusconismo

Gentile direttore,
in famiglia siamo, da tre generazioni, vicini ai missionari della Consolata e leggiamo con interesse il vostro mensile.
Su Missioni Consolata di settembre è apparso un articolo di Antonio Nanni, che, se come proposta generale è condivisibile, su due punti ci ha sconcertati: la definizione di berlusconismo e la proposta di distruggere per edificare.
Usando la definizione dispregiativa di berlusconismo, si semina odio e, con l’incitamento alla distruzione per edificare, si semina violenza. Certamente non è questo che si vuole.
Ci sembra che parlare di berlusconismo, come se fosse comunismo, nazismo o altri «ismi», sia per lo meno subdolo. Infatti non esiste il berlusconismo, anche perché non ha storia. Inoltre sappiamo che in democrazia non si potrà mai arrivare a provocare i disastri degli «ismi» paventati.
Relativamente all’idea di distruggere per edificare, ci sembra, oltre che utopistica, molto pericolosa; lo ricorda anche la parabola della zizzania. Tanti esempi della storia potrebbero essere menzionati.
Non ci aspettiamo una risposta né pubblica né privata. La nostra obiezione desidera solo contribuire ad una riflessione sul modo di concepire l’impegno cristiano, senza indugi, ma sempre e solo con la cultura dell’amore.
Lettera firmata
Saronno (VA)

Grazie del prezioso stimolo alla riflessione.
Antonio Nanni, autore di tanti libri sull’educazione alla mondialità, sollecita a cogliere le differenze tra la dottrina sociale della chiesa e il «berlusconismo».
Il berlusconismo esiste? Sì se, abbracciando il neoliberismo, la politica diventa un’azienda che persegue ad ogni costo il profitto e il potere; esiste, se «più mercato» (a scapito dello stato) comporta ricchezza per pochi e miseria per tanti. Per non parlare dei disastri ecologici…
«Distruggere per edificare». L’espressione è di sapore biblico (cfr. Qo 3, 3). Per Nanni, che professa la non-violenza, «distruggere» comporta un processo conoscitivo diverso: mette in guardia dall’opinione dominante, dall’esaltazione delle conquiste dell’attuale economia imperante, perché… ci fanno pensare e credere quello che vogliono.
Certamente la democrazia si tutela con la democrazia, cioè il potere «del» e «con» il popolo «per» il popolo. Il moderatismo (da non confondere con moderazione) finisce per fare il gioco del più forte.

Lettera firmata




Il vero significato del vangelo

Caro direttore,
da molti anni leggo Missioni Consolata e ho sempre stimato la rivista per la capacità di illustrare l’opera dei missionari attraverso cronache, esperienze, personaggi.
Negli anni più recenti ho potuto apprezzare anche qualcosa di nuovo. In alcuni articoli (direttamente) e in altri (in modo più sfumato) è manifesto quale sia oggi lo spirito di missione. Il lettore comprende che annunciare il vangelo è un’azione davvero complessa. Anche se di enorme importanza, la catechesi e la promozione umana non possono essere considerate sufficienti; devono essere completate da un’azione che faccia comprendere a tutti, in particolare a noi che viviamo nel nord del mondo, il vero significato del vangelo.
Così non ci sentiremo nel giusto solo perché contribuiamo ad alleviare (di quanto?) le sofferenze di un bambino africano, ma cominceremo a riflettere sulle cause e concause dei molti mali nel mondo.
Ci interrogheremo per valutare se il progresso economico nel nord ricco, oltre che alle conquiste economico-scientifiche, non sia in qualche caso connesso al mancato progresso (o addirittura regresso) non solo economico di molte comunità nel resto del mondo.
Ci chiederemo se talora le variazioni positive di certi titoli di Borsa non siano in qualche modo connesse allo sfruttamento più efficiente di altri uomini (talora di bambini), come recenti cronache hanno mostrato.
L’indirizzo di Missioni Consolata ha fatto sì che essa sia, ad un tempo, oggetto di piacevole lettura, corretta informazione e soprattutto un invito a riflessioni profonde, che possono influenzare l’intera impostazione di vita del lettore. L’ho riscontrato anche nell’eccellente numero speciale riguardante il Brasile.
Feando Andolfi
Rivalta (TO)

Certamente il vangelo può «influenzare l’intera impostazione di vita del lettore». Missioni Consolata non presume tanto. Però, se «la goccia scava la roccia»…

Feando Andolfi




Primo gennaio 2001

B envenuti nella società del terzo millennio! Quale società? Serge Latouche sostiene (provocatoriamente) che la società non è la nostra del «benessere», bensì quella «arretrata» del terzo mondo. Qui la vita è intessuta di rapporti umani solidali. L’iniziativa del singolo non reca profitto a se stesso, ma a tutta la comunità, che è chiamata ad approvare, condividere e persino finanziare.
E che dire della flessibilità del lavoro derivante dalla «pluriattività»? Non credo che coincida con la flessibilità decantata dai nostri illuminati economisti. Il punto fondamentale è il contrasto fra una società che investe sui rapporti umani ed una, come la nostra, che sposta tutto sul piano del profitto economico, interponendo meccanismi che tendano a nascondere i danni arrecati ai nostri simili nel perseguire la ricchezza.
Latouche ricorda il rischio di implosione cui la società del profitto ad ogni costo va incontro. Lo scenario è reale: nella economia globale pochi si arricchiscono, a scapito di masse crescenti di esclusi.
Già, la globalizzazione. I media del «pensiero unico» la sbandierano come un ordine economico superiore, un mondo che ci accomuna tutti soprattutto per l’allineamento della cultura.
Però non mi pare che, grazie alla globalizzazione dei mercati, un minatore africano o un bimbo lavoratore pakistano acquisiscano gli stessi diritti degli uomini del mondo «evoluto». Neppure quelli primari di sopravvivenza. Perché le banane centroamericane, da noi molto apprezzate, non fanno la ricchezza della popolazione locale?
Mezzi di informazione. Non a caso le maggiori testate sono in mano a grossi gruppi finanziari. Le coscienze devono essere «persuase» con l’immagine accattivante di un benessere per tutti, ma che in realtà pochi conseguono. Chi non lo accetta è tacciato di violenza. Tutti ricordiamo le manifestazioni di Seattle o Genova. Per i media i manifestanti erano terroristi. Ma, dalle famiglie e bambini che hanno sfilato, questo proprio non si poteva dire! E poi perché esportare ad ogni costo il nostro modello come l’unico valido per tutti?
Ho visto un servizio televisivo sulla riorganizzazione dell’economia della Tanzania. Il Fondo monetario internazionale, in cambio di un sostegno economico, ha obbligato il governo locale ad effettuare ingenti tagli alla spesa sociale. Risultato: scuole a pagamento per pochi fortunati e ospedali chiusi perché in perdita. Cioè aumento della mortalità infantile e scarse possibilità di sviluppo per un paese senza scolarizzazione. Il servizio descriveva pure gli effetti della privatizzazione su un’azienda agricola: aumento di disoccupati e spostamento degli utili dallo stato ad una società europea. Bel suggerimento disinteressato!

A llora… riportiamo l’uomo al centro del modello di sviluppo. Investiamo nella dignità umana, nel capitalizzare le esperienze e tradizioni, nel libero pensiero svincolato dall’economia.
Solo prendendo coscienza della spietata realtà liberista saremo in grado di proporre una valida alternativa al modello unico imperante. La via non è la «rivoluzione», ma la dissidenza, la discussione, il confronto di idee. Concetti, questi, che il «pensiero unico» vuole estinguere o appropriarsene a proprio comodo.

Massimo Veneziano