India. Ai margini dei templi indù

Ci si immerge in folle numerose,
variopinte e tumultuose. L’India è un subcontinente

anche per gli abitanti, che superano il miliardo e parlano circa 300 lingue,
espresse

talora in alfabeti diversi: con una cultura di 4 mila anni e marcate differenze fra
nord e

sud… L’impegno di alcune missionarie, mentre i cristiani contano solo il
2,3%. Una

presenza di qualità, in barba ad ogni fanatismo.

 

Tutte le classi sociali

Siamo a Mumbai, come si chiama oggi Bombay. Qui esiste un legame con il nord
dell’India. Si parla anche l’hindi, che il governo di New Delhi si sforza di far
diventare lingua nazionale. I giornali in hindi sono abbastanza diffusi, a differenza del
sud. La città merita attenzione per il crogiolo di culture, come ogni grande porto. Si
contano 16 milioni di abitanti: appartengono a tutte le classi sociali, dall’enorme
ricchezza alla più desolante miseria.

È significativo il lungomare della Colaba. Percorrendo anche meno di un chilometro, si
attraversano ambienti molto diversi: un grande hotel di lusso, altri alberghi di
differenti livelli e povere abitazioni. Attoo agli alberghi stazionano tanti mendicanti
e piccoli venditori di gelati, bibite e arachidi abbrustolite in loco. Quest’ultima
attività è singolare, in quanto tutta la proprietà del venditore consiste in un vassoio
rettangolare di legno, con i bordi rialzati e di dimensioni tali da poter essere montato
sul manubrio della bici. Il vassoio raccoglie le arachidi, un foelletto a carbone e
piccoli coni di carta, ricavati da pagine di giornale, in cui vengono servite le arachidi.

È una modestissima attività, che tuttavia richiede alcune conoscenze: sapere dove
acquistare al meglio il carbone e le arachidi (analisi di acquisto), come abbrustolirle
(tecnologia) e quante tenee pronte per non fare aspettare e perdere i clienti (analisi
di mercato).

Ancora, sul lungomare della Colaba, è attivo un vasto e curato mercato di frutta e
verdura. I mercati (specie in oriente) sono un condensato di folla e costumi. In quello
della Colaba è possibile rendersi conto dei modi di vivere e delle "tolleranze"
(a sfondo religioso) innate negli abitanti. Ecco alcune mucche aggirarsi fra i banchi, con
licenza di pascersi di foglie in modo tale, però, da non incidere sull’igiene della
merce… mentre i passerotti si posano su mucchi di piselli sgranati cibandosene; altri
uccelli saltellano sui sacchi di riso satollandosi. I negozianti non intervengono,
complice l’indifferenza degli acquirenti.

i compiti sulla strada

Il quartiere sulla Colaba confina con un villaggio di pescatori brulicante di vita,
certamente al di fuori dei circuiti turistici. Ciò fa sì che, inoltrandosi nelle viuzze,
si è oggetto di non curanza, ma più spesso della sorridente curiosità di giovani e
bambini, che rivolgono al visitatore il saluto. Fra le casupole non circola certo la
ricchezza, ma neanche la miseria; è una società che si sforza di trovare un equilibrio
sociale nella vita quotidiana.

Sulla larga via che costeggia il mare, il traffico è modesto, poiché la strada muore
nei vicoli stretti del villaggio. A sera, dopo il rapido tramonto del sole, il traffico
cessa del tutto. A questo punto si assiste ad un fatto sorprendente: dalle case sciamano
in strada tutti gli abitanti, che si raccolgono a chiacchierare sulla via: donne con
donne, in gruppi separati per età; analogamente avviene per gli uomini, i giovani e i
bambini. Si conversa in piedi o accovacciati per terra su coperte portate da casa, sulle
quali qualcuno passerà la notte.

Nel cono di luce proiettato da un lampione, scoviamo alcuni bambini con i quadei
aperti sul manto stradale: stanno facendo i compiti giornalieri. Come spesso accade con i
bambini, siamo subito circondati e tempestati di domande relative al nostro nome, la
provenienza. I bambini di età intermedia ci presentano il loro "decano", che
frequenta la settima (l’ultima classe delle elementari). Deve essere bravo negli
studi, perché tutti ne lodano le capacità, con l’interessato che annuisce.

Il ragazzo, come i suoi compagni, a scuola studia anche il maharastra (la lingua
locale), l’hindi e l’inglese; il che non è di poco conto, trattandosi di idiomi
diversi anche per alfabeto. Il quaderno, che il ragazzo ci lascia esaminare, è ben
tenuto, con gli esercizi accuratamente svolti.

Se fossimo cento…

A oriente di Mumbai, nelle vicinanze di Aurangabad, si trovano le grotte di Ajanta e
Ellora. In realtà sono grandi costruzioni scavate nella roccia, in modo da ricavare
ambienti dotati di gradini, colonne, statue e bassorilievi. La realizzazione di tali opere
risale al II secolo a.C. fino al X d.C.; denota una grandissima abilità di progettazione
ed esecuzione. Infatti il lavoro non permette errori, giacché tutti gli elementi
architettonici vengono ricavati sul posto dal "pieno" della roccia, e non
trasportati in loco dopo essere stati realizzati altrove.

L’origine dei monumenti (protetti dall’Unesco come patrimonio
dell’umanità) è legata al buddismo, che ha avuto una grande diffusione nel
centro-nord dell’India. Ma, dal VI secolo d.C., l’induismo ha ripreso il
sopravvento. Intanto è continuata la costruzione delle grotte con templi indù.
Successivamente si sono aggiunti templi della religione jain, che costituisce una
evoluzione radicale dell’induismo. È curioso che, in tale regione, il 75% della
gente sia musulmana, anche se le donne vestono il sari e, quindi, non sono distinguibili
(per gli occidentali) dalle indù.

Le grotte testimoniano un senso religioso, che si avverte anche in aspetti
apparentemente secondari, come i segni colorati (rifatti ogni giorno) sul volto delle
persone.

L’attenzione degli indiani al socio-religioso è molto diffuso. Sul quotidiano
Times of India ogni giorno c’è la colonna "Spazio sacro": appaiono massime
di grandi pensatori e frasi religiose (anche del vangelo).

In Times of India del 23 marzo 2001 si leggeva: "Se gli abitanti del mondo fossero
100, scopriresti che 57 sono asiatici, 21 europei, 14 occidentali (non europei) e 8
africani; 30 di razza bianca e 70 non bianca; 52 femmine e 48 maschi; 30 cristiani e 70
non cristiani.

Se possiedi una casa, hai da mangiare e sai leggere, appartieni ad una élite pari a
meno del 25% dell’umanità. Se hai una bella casa, cibo a volontà, leggi e giochi
con il computer, appartieni ad una élite ancora più ristretta. Se ti sei alzato in buona
salute, sei più fortunato dei milioni di persone che questa settimana non
sopravviveranno.

Se non hai mai sperimentato il pericolo della guerra, la solitudine della prigionia,
l’agonia della tortura e gli spasimi della fame, non condividi la sorte di 500
milioni di persone. Se frequenti cerimonie religiose senza paura di vessazioni, arresti,
torture o morte, sei più fortunato di 3 miliardi di persone.

Se sai leggere questo messaggio, sei più fortunato di 2 miliardi di persone.
Trasmettilo per far sapere quanto siamo ricchi…".

onore al dio shiva

Lasciando Chennai (o Madras) e procedendo verso il sud, ci si inoltra in un’India
diversa. L’hindi è usato solo in attività governative. E sembra che le attuali
popolazioni non abbiano ancora assimilato l’invasione ariana di 4 mila anni fa!

Mentre il nord è famoso per i palazzi (opera spesso degli imperatori indo-musulmani
moghul), il sud è celebre per i templi indù, espressioni delle culture dravidiche
indigene. Sono opere anche gigantesche, articolate su aree di parecchi ettari. I templi
sono meta di pellegrinaggi e occasioni di feste che durano diversi giorni.

Una sera, a Kottayam, assistiamo ad una festa in onore del dio Shiva. L’ampio
piazzale del tempio è saturo di folla e bancarelle di venditori. Sul pronao, cui si
accede tramite una larga scalinata, si impongono cinque elefanti affiancati: ogni animale
è riccamente bardato e montato da un conducente. Altri inservienti reggono lunghe aste,
sulle quali ardono cinque lampade simmetriche, alimentate con olio. Gli addetti alla
cerimonia sono a torso nudo e indossano una lunga gonna, tipica degli uomini. Un suonatore
di una sorta di oboe, dal suono nasale, emette un motivo ossessionante, amplificato dal
microfono e accompagnato da percussioni martellanti. Il rumore è assordante e si
percepisce un’atmosfera inquietante. La festa dura l’intera notte.

Nei templi si venerano tutte le divinità del panteon indù, con particolare devozione
a Shiva e Visnù. Gli edifici sono interessanti per l’architettura, le sculture e
qualche dipinto. È pure interessante osservare la quantità e varietà di fedeli: intere
famiglie di contadini e persone di ceto sociale anche elevato, che però si mescolano in
un unico turbinio di folla variopinta.

Un accenno ai vestiti delle donne. Nel sud l’abito è praticamente il sari. Però
non c’è un sari uguale all’altro. I colori, i disegni e il modo di portarlo
foiscono ai locali tante informazioni, che agli stranieri sfuggono. La vivacità e
l’accostamento dei colori è un retaggio delle giovani come delle anziane: infatti si
vedono signore canute indossare sari sgargianti e lucenti, essendo tessuti pure con fili
che appaiono metallici.

Con le domenicane

Nel marzo scorso sono stati resi pubblici i risultati del censimento nazionale. Oggi
gli indiani ammontano a 1 miliardo e 27 milioni, di cui il 52% maschi. Il censimento
rivela che la differenza numerica fra uomini e donne sta riducendosi. Non è un dato
trascurabile: indica, infatti, che nella nascita si sopprimono meno bambine rispetto ad un
tempo. Ma la pratica è tutt’altro che estinta.

Madre Domenica Farinaccio, delle domenicane della Madonna del Rosario di Iolo (Prato),
che vive nel Rosary Convent di Chocin, ci dice che una famiglia non ricca, con figlie da
maritare, incontra enormi difficoltà. Questo perché, per sposare una ragazza, si
richiede come minimo una dote di 4-5 milioni di lire: una somma irraggiungibile per la
maggioranza delle famiglie. Ne consegue talora il suicidio dei genitori (specie dei
padri), quello delle figlie e prostituzione. Secondo suor Domenica, se una ragazza in età
da marito non si sposa in tempo, diventa l’oggetto di tutti.

Uno degli impegni delle missionarie è quello di dare un mestiere alle ragazze ed anche
di costituire un fondo per la necessaria dote del matrimonio.

Le statistiche governative rivelano anche una riduzione dell’analfabetismo, che
tuttavia affligge ancora il 25% dei maschi e il 46% delle femmine. Nel Kerala
l’analfabetismo tocca solo il 10%: merito anche dei cattolici che nella regione
raggiungono il 28%, a fronte però di meno del 2,3% (compresi i protestanti) su base
nazionale.

Le domenicane gestiscono una rinomata scuola elementare, con insegnanti governativi (ma
pagati dalle suore) e oltre mille allievi indù, musulmani e cattolici. Si versa una
retta, e gli allievi delle famiglie povere sono aiutati affinché possano accedere alla
scuola. Le missionarie gestiscono anche degli ambulatori, con laboratori di analisi, e
dispensari a Chocin e dintorni.

La presenza cattolica si manifesta in varie chiese e scuole: il Kerala rimane comunque
una regione a maggioranza indù.

Le missionarie domenicane sono 22 e 16 le aspiranti indiane. Non operano in un ambiente
scevro da pericoli. Quasi ogni settimana sui giornali si legge di aggressioni a cristiani
da parte di fanatici indù. Un trafiletto, apparso durante il nostro soggiorno, riportava
la notizia di una preghiera serale, interrotta da alcune persone (tre poi arrestate):
hanno malmenato il sacerdote e vari fedeli, hanno strappato e bruciato pagine del vangelo,
diffidando il prete.

Questi episodi, contrari alla tradizionale tolleranza indiana, stanno diventando
frequenti, all’ombra di un governo impotente a controllare il partito dei
fondamentalisti indù, piccolo ma indispensabile per formare la maggioranza governativa.

Né si scordi che in India la donna è "subordinata", se non peggio. Ciò
nonostante, le "donne" della Madonna del Rosario, da sole ottengono risultati
notevoli. Accolgono i più poveri, senza fare cortei; aprono ambulatori e non bruciano
beni pubblici; nutrono i meno abbienti, senza distruggere McDonald’s.

Pier Giorgio Motta

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