La lettera dell’inafferrabile
R itengo opportuna qualche osservazione sull’articolo di Missioni Consolata, febbraio 2001, che presenta la travagliata lotta di liberazione dei mau mau in Kenya.
Il direttore africano della Chinga Girls’ Secondary School, dove insegnai come volontaria laica missionaria (1970-72), mi regalò il libro Mau Mau General di Waruhiu Itote. È stato uno dei testi da cui ho tratto i brani per l’antologia Un angolo d’Africa, che presenta «il Kenya visto dai suoi scrittori». L’essere vissuta in zona mau mau, ascoltando la storia scritta dai kikuyu, mi ha molto influenzata. Con i dovuti «distinguo», ho paragonato la loro lotta di liberazione al nostro risorgimento.
Invito a leggere Un chicco di grano di Ngugi Wa Thiong’o, presentato su Missioni Consolata, giugno 1998. Scrivo: «Gikonyo e Mumbi, protagonisti del romanzo, portano i nomi che la tradizione kikuyu attribuisce ai progenitori della tribù e incarnano le sofferenze di un popolo umiliato e oltraggiato dalla dominazione coloniale, diviso e perseguitato durante l’emergenza mau mau, ma caparbio nel volere conquistare libertà e dignità». Purtroppo la violenza genera sempre morte e distruzione. Leggendo però le cifre al termine della rivolta, risultano morti: mau mau 10 mila; lealisti 2 mila; forze governative 534; europei 63; civili 32.
C ome si comportarono i missionari della Consolata in quel tempo? Durante il sinodo della diocesi di Nyeri (1975-76), che mi vide impegnata come sociologa, raccolsi molte testimonianze, redatte da gruppi di lavoro, sulla storia della loro parrocchia. Ne cito alcune riportate nel mio libro Una chiesa africana s’interroga. Cultura tradizionale kikuyu e cristianesimo.
«F ra i missionari citati dal 1904 al 1961, a Ruchu ricordano padre Francesco Comoglio come loro leader spirituale per tutto ciò che fece. Durante l’emergenza mau mau aiutò in tutti i modi i cristiani, anche coloro che erano in carcere. Battezzò moltissime persone e costruì tantissime cappelle, malgrado fosse un periodo difficile, e dimostrò un notevole coraggio».
«Padre Bartolomeo Negro fu parroco di Karima dal 1946 al 1955: attivo, generoso, misericordioso, allegro, coraggioso e gentleman. Amò amici e nemici. Aiutò chiunque avesse bisogno. Si acquistò le simpatie della maggioranza della gente e tutte le scuole “protestanti”, chiuse durante l’emergenza, furono riaperte grazie a lui».
«Nel 1954 la gente fu rinchiusa in villaggi. Padre Ottavio Sestero, aiutato dalle suore, iniziò l’insegnamento del catechismo in ogni villaggio. Grazie a tale notevole lavoro, la parrocchia mise radici ovunque. Padre Sestero lavorava giorno e notte per conquistare i leaders che predicavano contro la chiesa cattolica. Riuscì nel suo intento e divenne amico di tutti, che iniziarono a rispettare i cattolici» (Kerugoya).
A llego pure la lettera che il capo dei mau mau, Dedan Kimathi, scrisse a padre Nicola Marino. La lettera, conservata a Roma nell’archivio dell’Istituto Missioni Consolata, fu pubblicata nel maggio 1957 su Wathiomo Mukinyu, settimanale della diocesi di Nyeri.
Silvana Bottignole – Torino
Ecco la lettera di Dedan Kimathi, impiccato dagli inglesi. Una testimonianza della misericordia di Dio e di fiducia verso i missionari.
Caro Padre Marino, è circa l’una di notte e mi sono munito di matita e carta per ricordare lei e tutti gli amici, prima che scocchi la mia ora. Sono indaffarato e felice di andare in Cielo domani, 18 febbraio 1957.
Desidero farle sapere che padre Whellan venne a visitarmi in carcere, non appena seppe del mio arrivo. È una persona molto cara e gentile, come non mi sarei aspettato. Mi ha visitato spesso e incoraggiato in tutti i modi. Mi ha dato dei libri importanti, che più di ogni cosa mi hanno acceso di speranza per la strada verso il Paradiso… Padre Whellan mi visitò anche il giorno di natale, mentre ebbi parecchie visite negli altri giorni. Mi spiace che non mi abbiano ricordato il giorno della nascita del Nostro Salvatore. È un peccato che mi abbiano dimenticato in una ricorrenza così felice.
Ho il problema di mandare mio figlio a scuola. È lontano da voi, ma spero che possiate fare qualcosa perché sia istruito sotto la vostra cura. Cerchi anche di visitare mia madre, molto anziana, e di confortarla perché sarà tanto addolorata.
Mia moglie è prigioniera nel carcere Kamiri e spero che venga rilasciata. Vorrei che le suore avessero cura di lei, ad esempio suor Modesta, perché si sente molto sola. Avrei piacere che fosse vicina alla missione di Mathari, così da essere accanto alla chiesa.
Addio a questo mondo e a quanto c’è in esso. I migliori auguri agli amici che non incontrerò più in questo mondo nervoso.
Trasmetta i miei complimenti a quanti leggono Wathiomo Mukinyu. Mi ricordi a tutti i padri, fratelli e sorelle. Pieno di speranza, la saluto, caro padre. Con affetto, il suo convertito che sta per lasciare questo mondo.
Dedan Kimathi
Silvana Bottignole