Se non è una fisarmonica
Su Missioni Consolata di gennaio 2001 affrontate problemi di grande interesse in modo chiaro: chiaro per chi non è abituato a confrontarsi con l’ermetismo di tanti teologi cattolici, che tutto decidono in materia religiosa. A me pare ovvio che essere in grazia di Dio non dipende dalle loro interpretazioni incomprensibili, ma dai propri comportamenti.
Il famoso principio di san Cipriano (210/258 d. C.) «fuori dalla chiesa non c’è salvezza» poteva essere comprensibile a suo tempo, anche se impediva ad alcuni di credere nel Dio dal quale proveniva la loro fede. Era una norma, nella quale tutti avrebbero dovuto convergere; o forse era un principio giuridico-religioso. Poi bisognerebbe cercare di sapere se Cipriano, parlando di «chiesa», includesse anche le altre religioni. Ritengo che tutti gli esseri umani, in ogni tempo, abbiano sempre avuto una «chiesa», almeno come luogo di culto.
Il Concilio ecumenico Vaticano II affronta il problema della possibilità di salvezza anche per chi appartiene a religioni non cristiane.
L’articolo 16 della Lumen gentium dice: «Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa (e tuttavia cercano sinceramente Dio) e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire l’eterna salvezza». Ne consegue: chi per ragioni storico-geografiche, senza colpa, ignora il Vangelo e tuttavia cerca sinceramente Dio in cielo, in terra, in ogni luogo, avrà la salvezza.
E non sarebbe meglio dire che ogni essere umano può essere in grazia di Dio se i suoi comportamenti e le sue azioni sono conformi agli ordinamenti di un codice elementare nel quale è vietato tutto ciò che la coscienza disapprova?
Pio Moacchi
Savona
La voce di una coscienza educata, onesta e generosa è sempre positiva. Ma, se la coscienza si stiracchia a fisarmonica…
Pio Moacchi