Per chi suona la campana?

Anch’io sto con Noè e accolgo con gioia le notizie riguardanti lo sviluppo di tecnologie non inquinanti (Missioni Consolata, gennaio 2001). Ritengo altresì che, nella valutazione del degrado ambientale attribuito all’industria automobilistica e a chi fa uso di autoveicoli, si debba considerare con maggiore attenzione il forte impatto della componentistica.
Già alcuni anni fa, gli ecologisti, i movimenti per i diritti umani, i gruppi ecclesiali più sensibili al tema del Sud ridotto a pattumiera del Nord del mondo, dimostravano che, anche quando sono fermi e non consumano carburante, tutti gli autoveicoli sono dei monumenti allo spreco, uno spreco che può avvenire solo con uno sfruttamento indiscriminato di risorse, vite umane e animali. Non dobbiamo dimenticare che la gomma per i pneumatici, il cotone per il rivestimento dei sedili, i metalli per la carrozzeria, il motore, la batteria, il radiatore sono tutti materiali che vengono prelevati nelle terre dei paesi poveri, con danni spesso gravissimi per gli ecosistemi e vantaggi praticamente nulli per le popolazioni locali.

Esaminiamo il caso della gomma. Non si dica che la tecnologia ha diminuito la pressione sugli ecosistemi e, se vi sarà ulteriore progresso tecnologico, questa pressione è destinata a diminuire ancora. Come ha scritto Andrew Revkin, «anche con l’avvento della gomma sintetica l’ineguagliata elasticità della gomma naturale e la sua capacità di disperdere il calore dell’attrito hanno fatto sì che continuasse a essere richiestissima. Oggi i copertoni radiali più sofisticati hanno le parti laterali di gomma naturale e i pneumatici delle navette spaziali sono di gomma naturale al cento per cento».
Un perentorio invito a non farsi troppe illusioni arriva anche dal mondo della Formula Uno. Fino a non molti anni fa tutte le monoposto, comprese quelle della Ferrari (Gruppo Fiat), partivano col loro carico di carburante, facevano le fermate ai box solo se qualcosa non funzionava e, salvo improvvisi acquazzoni, raramente avevano bisogno di sostituire i pneumatici. Oggi, nonostante l’elevatissimo livello tecnologico, la benzina non basta mai, le gomme vengono cambiate due o tre volte a gara, le soste vengono rigorosamente programmate.
Luca di Montezemolo, presidente della Ferrari campione del mondo 2000, ha lasciato chiaramente intendere che essere più tecnologici non vuol dire necessariamente essere più rispettosi dell’ambiente: maggiore tecnologia significa innanzitutto migliore strategia per vendere più auto e aumentare i profitti delle aziende. Impronta ecologica, erosione del patrimonio ecologico, tutela della biodiversità sono concetti estranei alla sua cultura, a quella degli italiani innamorati della Ferrari e a quella di chi è alla guida di molti paesi del Terzo Mondo. Pensiamo alla Malaysia che è tuttora un leader nella produzione della gomma e le cui foreste hanno pagato un prezzo salatissimo alla incontenibile voglia di auto. Il circuito di Sepang, realizzato a tempo di record, è stato costruito proprio dove sopravvive un bel pezzo di foresta tropicale.
La prossima volta che giorniranno davanti alle telecamere dei Tg e suoneranno le campane delle chiese per festeggiare le vittorie di Schumacher e Barrichello, i preti tifosi della Ferrari pensino all’osservazione di una lettrice del Corriere della Sera: «Con Cristo abbiamo compreso che il divino entra nell’umano e che l’umano è accolto nel divino così che tutto ciò che è autenticamente umano è in Dio. Ma l’uso delle campane a festa per la Ferrari è stato fuori luogo. Perché suonare le campane per festeggiare un mondo in cui i miliardi si bruciano nello spazio di un giro di pista?».
Francesco Rondina

Francesco Rondina

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