La via di Lilliput

Egregio direttore,
congratulazioni per il dossier «Sulla via di Lilliput» di Missioni Consolata, settembre 2000.
Condivido le parole di Serge Latouche sulla necessità di scelte etiche da parte dei consumatori e sul bisogno di resistere «all’impresa del lavaggio del cervello» dei media. Come sottolineato da Aluisi Tosolini, di fronte alla massa d’informazioni che riceviamo, avere notizie non viziate da esigenze di mercato o propaganda politica esige grande sforzo.
Ho trovato stupende le considerazioni di Antonio Nanni sugli stili di vita, sulla sobrietà felice e sull’etica del limite, che propongono valori che dovrebbero essere di tutti, a maggior ragione se credenti. Purtroppo non sono facilmente riscontrabili nella pur cattolica società del nord-est, manifestamente ricca, dove vivo.
Società nella quale operano tante associazioni di volontariato laico e cattolico testimoniando tali valori; nonostante ciò, «pare» prevalere l’«ideale-denaro». Società nella quale il proprio benessere è giustificato dal quotidiano e «faticoso» lavoro, mentre la solidarietà sembra essere sostituita dalla più facile beneficenza patealistica: il buonismo, di cui scrive Tosolini.
Società nella quale tanto successo hanno i modelli del neoliberismo, proposto da Berlusconi, confusamente mescolati con la fobia del «diverso» sostenuta per anni da Bossi e ora sinistramente affascinata dal modello «Haider».
Tamara Prest
Padova

«Lungi dal giudicare le scelte altrui – continua Tamara Prest -, ma per una necessità di comprendere, mi chiedo quale coerenza possa legare l’osservanza della fede cattolica, ampiamente manifestata, ai valori proposti dai suddetti personaggi.
Ciò che talvolta pare mancare è la consapevolezza delle proprie affermazioni, nonché la coerenza tra teoria e pratica.
La sensazione è che si sia perso il senso religioso, sostituito dalla spettacolarizzazione del rito (se n’è parlato nel giubileo) e dalla privatizzazione anche della fede.
In tale disorientamento sapere che c’è chi, come voi, s’impegna a diffondere una cultura alternativa fa sperare in un possibile futuro migliore».

Tamara Prest

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