L’articolo di padre Pino Galeone (Missioni Consolata, gennaio 2001) lascia irrisolte molte questioni: chiama in causa noi seminaristi, come pure il direttore della rivista.
Padre Pino racconta la propria esperienza nel seminario di Roma Bravetta ed esprime il suo punto di vista nei riguardi dei compagni non europei e, soprattutto, africani. Questi, secondo Pino, non hanno fatto il voto di povertà; invece, a causa del tenore di vita in cui sono sommersi e al quale devono sottostare, sognano la ricchezza e molto spesso cadono nel consumismo.
Non entro nella mente di Pino: egli può pensare ciò che vuole. Ma potrei e dovrei ricordargli che ci sono molti seminaristi africani che provengono da famiglie migliori della sua, dove «ha scelto la povertà».
La maggioranza di noi chiede al direttore di Missioni Consolata perché un tema (interno all’istituto) sia stato messo in pubblico. Ci sono altri modi di presentare un problema che interessa solo i fratelli dell’Africa, e non tutti i lettori della rivista.
Nello stesso tempo, non ci è chiaro lo scopo di pubblicare la fotografia di una donna masai con un bambino e il seno scoperto. Fino a quando saremo giudicati in base ad una minoranza? Quanti seminaristi provengono dal contesto di quella donna?
Wilson Kamami M.
Roma
L’esperienza di padre Pino non interessa solo l’Istituto internazionale dei missionari della Consolata, ma anche tutti i lettori della rivista. L’Italia è diventata una nazione plurietnica, con marocchini, boliviani, filippini…
È auspicabile un arricchimento reciproco, facendo tesoro dei valori di tutti: a cominciare dalla lingua del paese in cui si risiede. Non mancano scontri culturali, perché si è «diversi»… anche nel valutare la povertà. Padre Pino, però, non ha scritto che i seminaristi africani «non hanno fatto il voto di povertà».
Certo, vi sono famiglie di seminaristi africani più benestanti di quelle dei compagni europei. Ma non è la regola, anzi! E che i seminaristi, in genere, possano cadere nel consumismo è stato confermato pure da padre Giacomo Baccanelli, direttore del seminario di Roma Bravetta.
Circa la donna masai, la foto ha una didascalia che ne motiva la scelta.
Wilson Kamami