Quando tra i fedeli c’era un esponente del partito

Com? la situazione della chiesa (e della gente) nella nuova Russia di Putin?
Che cosa divide i cristiani ortodossi, guidati dal patriarca Alessio II,
dai cristiani cattolici fedeli a Roma? Ci sono speranze per un miglioramento
dei rapporti? A Mosca ne abbiamo parlato con Aleksej Uminskij, prete ortodosso,
sposato e padre di due figli. Aleksej ? parroco della chiesa della Trinit? a Khokhly
e direttore di una scuola privata ortodossa.

Mosca. Padre Aleksej abita con la giovane moglie medico e i due figli in un piccolo appartamento della periferia di Mosca. Per raggiungere la sua parrocchia, in centro citt?, gli ci vogliono circa tre quarti d?ra di strada. Tutte le volte che sono andata a trovarlo a casa, padre Aleksej ha sempre voluto venirmi a prendere alla stazione del metr?, per evitare il rischio che mi perdessi. Lo vedevo arrivare in borghese. Niente del suo abito tradiva lo status di sacerdote, se non forse l?bbondante barba e i capelli un po?lunghi.
Una volta che, come di consueto, ci siamo trovati fuori dal metr?, per dimostrare che avrei trovato la casa anche da sola, mi sono offerta di fare strada io. Inutile dire che, senza il suo aiuto, non saremmo arrivati da nessuna parte. Non certo perch? il percorso sia tortuoso, ma perch? tutte le case sono uguali e ogni casa ha tanti portoni tutti simili.
Se si infila quello giusto e si sale al primo piano, si giunge al piccolo appartamento di padre Aleksej. Pare proprio di essere arrivati in una famiglia come tante: la moglie Masha che traffica in cucina; i bambini che, abbandonati per un momento i loro rumorosi giochi, accorrono incuriositi a studiare l?spite; il padrone di casa che ti fa accomodare intorno al tavolo gi? apparecchiato. Il lindore, l?rdine e, naturalmente, l?ngolo delle icone (ben in vista nel salotto) sono i segni pi? macroscopici che ci troviamo, invece, in una casa un po?speciale.
Le serate sono sempre piene di mille discorsi. Si parla di tutto. Aleksej e Masha hanno tanti interessi e tante letture alle spalle. Si parla, tra l?ltro, dei paesi in cui abbiamo viaggiato, dell?talia, dove Aleksej e Masha sono stati pi? volte e, inevitabilmente, della Russia.
M?mmergo in quella calda atmosfera familiare e penso: chiss? quanti sacerdoti in Russia toeranno ad avere una vita normale? La condizione in cui vive padre Aleksej d? la misura del cataclisma che la chiesa ha attraversato. Ma, nello stesso tempo, per chi, come me, ha visto gli anni in cui i cristiani dovevano nascondersi, in cui dovevano temere tutto e tanto pi? i visitatori stranieri (marcati a vista), il fatto che ci possa liberamente incontrare, che un sacerdote possa vivere insieme agli altri apertamente, sembra gi? un miracolo.
RICOSTRUIRE LE MURA,
RICOSTRUIRE LE COSCIENZE
?ifficile capire quale sia la cosa giusta da fare quando si ha il compito di ricostruire una nazione ridotta in macerie. Questa ?, infatti, la condizione in cui si trova la societ? russa, dopo 70 anni di regime sovietico e 10 di post-comunismo.
Nonostante i capelli gi? grigi, padre Aleksej ha appena 40 anni. Quanto basta per? per aver vissuto gli anni bui dell?poca brezneviana, quando per un giovane frequentare la chiesa voleva dire compromettere ogni possibilit? di carriera; quando tutte le espressioni di autentica vita cristiana erano relegate a una dimensione di semiclandestinit?. Ora, certo, quei tempi sembrano lontani anni luce.
Padre Aleksej ? diventato parroco della chiesa della SS. Trinit? in Khokhly, che si trova nel centro storico di Mosca, in uno dei pi? bei quartieri della capitale. L?dificio (su tre piani) ? stato restituito al culto nel 1992 e affidato all?diacente parrocchia di S. Vladimir. ?occato a questa piccola comunit? l?neroso compito di riportare la chiesa (ridotta in condizioni deplorevoli) alle sue condizioni originarie. Un lavoro svolto interamente dai fedeli, grandi e piccoli, con il solo contributo di offerte private. Ora la chiesa ? completamente rinata. ?inda, accogliente; il bianco delle pareti e l?ro delle nuove icone rallegrano gli occhi del visitatore.
Tuttavia, padre Aleksej non si fa nessuna facile illusione su un rapido ritorno alla fede del suo popolo. Proprio per questo si ? messo alacremente a lavorare con quei pochi fedeli che si sono raccolti intorno a lui, una trentina circa. Egli sa bene che non basta avere quattro mura entro cui riunirsi per costituire una comunit? cristiana. Il compito pi? arduo ? ricostruire le coscienze, rifondare una cultura ecclesiale da tempo distrutta, dare senso concreto alle parole e ai gesti della liturgia. ?os? che ogni domenica, dopo la messa, tutti sono invitati a mangiare insieme nei locali della parrocchia: ? l?ccasione per parlare di quanto si ? appena udito durante la messa, chiedere spiegazioni sulle letture, fare domande sulla storia della chiesa, sulla dottrina. ?na scuola, una sorta di catechismo per adulti.
Dopo tanti anni di ateismo militante, c? bisogno di un luogo in cui imparare di nuovo parole e concetti che un tempo erano patrimonio comune. La cosa migliore ? farlo insieme, prendendo spunto dalle parole della liturgia domenicale.
Iniziative del genere sono fondamentali, perch? in Russia possa nascere una nuova generazione di uomini liberi, abituati a chiedere a se stessi e agli altri ragione di parole e atti, avendo solidi punti fermi cui ancorare il proprio giudizio. Sono ancora molto pochi in Russia i luoghi come questo. La gente non ha riferimenti, non sa dove andare.
QUANDO C?RA IL PARTITO
Padre Aleksej, il pranzo domenicale in comune ? una vostra ?nvenzione?o avete semplicemente rispolverato una vecchia tradizione ortodossa?
?i tratta di una tradizione dei primi secoli del cristianesimo. No, da noi non esisteva niente del genere. Prima della rivoluzione da noi, come da voi, la parrocchia era costituita dalle persone residenti nelle vicinanze della chiesa.
La situazione ? cambiata dopo la rivoluzione, con la persecuzione contro la chiesa e la chiusura degli edifici del culto. Poli di aggregazione di quei pochi fedeli rimasti sono diventati, non pi? le parrocchie, ma alcuni sacerdoti, che attiravano per l?utorevolezza della parola e la purezza della fede.
Nulla di autentico poteva nascere in un ambito ufficiale: nelle poche chiese aperte al culto c?ra sempre un esponente del partito, che poteva essere il sacerdote stesso, o una persona dell?mministrazione parrocchiale. Costui non permetteva che si costituisse una vera vita parrocchiale. Appena si avvertiva il nascere di una comunit? intorno a un sacerdote, si provvedeva a trasferirlo in altra sede.
I sacerdoti non avevano possibilit? di entrare in rapporto diretto coi fedeli. Anche la liturgia si svolgeva in modo essenziale. La predica, o veniva evitata, o si riduceva a poche frasi. Fu abolita la confessione individuale e introdotta quella collettiva, in cui il sacerdote pubblicamente leggeva una serie di peccati e i fedeli se ne riconoscevano colpevoli.
Quando, alcuni anni fa, la Russia ha finalmente riacquistato la libert? di culto, non esisteva pi? una normale vita ecclesiastica. Come nel cristianesimo primitivo, la comunit? si raccoglie intorno ai suoi ministri. I miei parrocchiani giungono dai pi? diversi quartieri di Mosca. A volte anche da fuori citt?. Il ritrovarsi insieme, dopo la messa, ha anche il senso di offrire loro un luogo dove riposarsi, prima di riprendere il cammino verso casa?
COMUNISMO-LIBERISMO:
DA UN ECCESSO ALL?LTRO
Sembra una banalit? affermare che l?ducazione dei giovani ? fondamentale per una societ?. Sembra un luogo comune, e lo ?, ma solo in teoria. In pratica, la Russia in questi ultimi anni pare essersene dimenticata.
La scuola ? uno dei settori che pi? ha sofferto, da una parte, delle difficolt? finanziarie in cui versa il paese, dall?ltra, del caos e del vuoto legislativo che si ? sostituito alla rigidezza di un sistema politico disintegratosi con velocit? pari alla sua artificiosit?. La scuola pubblica non riceve adeguati finanziamenti, gli insegnanti hanno stipendi da fame che, per di pi?, non vengono pagati regolarmente. In simili condizioni difficilmente si pu? garantire la qualit? dell?nsegnamento. In un momento cos? delicato nella storia del paese c? il rischio che intere generazioni di giovani perdano quell?ccasione unica, per la propria formazione, che sono gli anni passati sui banchi di scuola.
Padre Aleksej ha deciso di dedicare le proprie energie all?ducazione dei giovani (e non soltanto di questi). Da 8 anni ? il direttore di una scuola privata ortodossa.
Ho avuto occasione di visitarla durante un normale giorno di lezione. Le facce allegre e vispe dei ragazzi, il sorriso dei pedagoghi, la pulizia della mensa, le fotografie appese ai muri a testimonianza di svariate attivit? educative (teatro, canto, pittura, campi di lavoro estivi) mi hanno fatto capire che mi trovavo in un ambiente privilegiato, in cui gli allievi erano circondati di quelle cure di cui spesso i loro coetanei mancano.
Padre Aleksej, la vostra scuola sembra un?sola felice. Ma cosa accade fuori di queste mura, nella scuola di stato?
?a scuola statale sta vivendo un periodo di profondissima crisi. Ai tempi dell?nione Sovietica la scuola assicurava un buon livello d?struzione, soprattutto nelle materie scientifiche, e un sistema di valori che, per quanto discutibile, costituiva pur sempre un riferimento per insegnanti e allievi; c?rano dei criteri per stabilire ci? che era da considerarsi bene e ci? che era male: era bene perch? l?veva detto Lenin. Adesso questi riferimenti sono venuti a mancare, senza esser stati sostituiti da altri.
Subito dopo la fine del comunismo c?ra la smania di distruggere i principi cui ci si era attenuti per decenni, diventati ormai odiosi. Quest?perazione ? riuscita benissimo. Ma quando si ? trattato di sostituirli con altri principi, ci si ? trovati completamente sguaiti. Pare che l?nico criterio oggi sia quello cos? ben sintetizzato da una reclame della Coca Cola: ?rendi tutto dalla vita?
Per decenni in Russia gli insegnanti hanno tenuto lo sguardo fisso alle direttive del partito. Quest?bitudine ? rimasta anche oggi. Guardano a quello che fa chi governa. Quando a un certo punto la parola d?rdine ? diventata il liberalismo, anche gli insegnanti sono diventati liberali con gli allievi: tutto ? diventato lecito. Ovviamente, ci? ha fatto saltare i meccanismi che garantivano la disciplina nella scuola. Non potendo pi? farsi forte di un sistema di valori e regole comunemente accettate e riconosciute, ogni scuola si ? ritrovata in balia di se stessa. Si sono salvate solo alcune scuole pubbliche, tradizionalmente prestigiose ed elitarie, che hanno condizionato la selezione degli allievi alla loro eccellenza negli studi e al rispetto di regole di comportamento ben precise. Per il resto, nella scuola pubblica regna il caos.
Per fare un esempio, si calcola che l?0% degli alunni abbia fatto almeno una volta uso di stupefacenti?
Dunque, il governo si disinteressa della scuola?
?l governo non ha nessun preciso orientamento educativo, anche perch? non ha un?deologia. Recentemente il presidente Putin ha fatto delle dichiarazioni sull?struzione pubblica, ma talmente vaghe che le si pu? interpretare in modi diversi. All?nizio la Russia era orientata verso l?merica: si imitavano i modelli americani, ritenuti invariabilmente buoni. La scuola non faceva eccezione.
La situazione ? cambiata dopo la guerra in Kosovo, anche se non ? ancora chiaro in quale direzione. La cosa preoccupante ? che di questo vuoto di valori, di idee e di iniziative approfittano organizzazioni che perseguono scopi non edificanti. ?l caso, ad esempio, di un?ssociazione internazionale per la pianificazione familiare, che qualche tempo fa si ? introdotta nelle scuole proponendo corsi di educazione alla sessualit?.
Questi corsi, che si rivolgevano anche agli allievi delle prime classi, erano, in realt?, una guida alla contraccezione (si ? poi scoperto che l?ssociazione ? legata a case produttrici di contraccettivi). Veniva, tra l?ltro, distribuito agli studenti un opuscolo dal titolo: Il mio amico: il contraccettivo. Si spacciava questa iniziativa come un programma per la salute del corpo?
Cosa pu? fare la chiesa ortodossa per colmare questo vuoto? Non si ? pensato di promuovere interventi educativi nelle scuole statali, magari istituendo qualcosa di simile alla nostra ?ra di religione?
?fficialmente l?nsegnamento della religione nelle scuole non ? consentito, in quanto la nostra costituzione sancisce la separazione tra chiesa e stato.
Di conseguenza, lo stato mantiene una posizione di assoluta neutralit? nei confronti del credo religioso degli allievi. ?uesto il motivo per cui non esiste l?ra di religione, il cui insegnamento pu? essere introdotto solo su specifica richiesta dei genitori degli allievi e, in ogni caso, al di fuori dell?rario scolastico.
Tuttavia, ci sono scuole private dove vengono insegnate materie che hanno a che fare con la religione. ?onsiderato prestigioso. In alcune scuole pubbliche si ? deciso di introdurre l?nsegnamento di ?ultura cristiana? A chi protesta, denunciando l?niziativa come incostituzionale, si fa notare che ? impossibile capire la cultura russa, prima del 1917, senza conoscere la tradizione cristiana.
Ma il vero pericolo ? costituito da organizzazioni religiose non tradizionali. C? stato un periodo in cui le scuole sono state prese d?ssalto da s?tte religiose d?gni genere in cerca di nuovi adepti. Particolarmente attive sono state Scientology e Moon. Sono gruppi che dispongono di grosse risorse finanziarie, attirano nella propria orbita con proposte allettanti, come l?nvito a partecipare a seminari di lingue all?stero. Si presentano con programmi che hanno, apparentemente, obiettivi sociali, di formazione, e non religiosi.
Come avr? capito, nella scuola regna la pi? completa confusione. Ci? lascia anche ampio spazio alla sperimentazione. La nostra scuola, ad esempio, ? frutto di un?sperienza del tutto nuova?
Vuol dire che non sono mai esistite scuole private ortodosse? Neanche prima della rivoluzione?
?rima del 1917 il problema non si poneva, perch? tutti gli insegnanti dovevano essere di provata fede ortodossa. C?rano precisi controlli sul corpo docente. Ad esempio, si doveva dimostrare di essersi confessato e comunicato almeno una volta nel corso dell?nno. A questo scopo venivano rilasciati appositi certificati dalle autorit? ecclesiastiche?
Da quanti anni esiste la vostra scuola?
?el 2001 compiamo 10 anni?
Come si sostiene economicamente?
?iamo in parte finanziati dallo stato, in quanto legalmente riconosciuti. Il resto delle spese viene sostenuto dalle famiglie secondo il loro reddito. Il 25% degli studenti non paga, il 60% paga una retta ridotta. Quindi il maggior onere grava sulle famiglie benestanti, che pagano anche per gli altri. La parrocchia contribuisce alle vettovaglie per la mensa, mette a disposizione i locali, i materiali da costruzione e gli operai?
Sembra un impegno non da poco. Per tutti quanti!
?o ?. L?rganizzazione della scuola non ? facile, richiede tante energie da parte di tutti. Si tratta di un?niziativa spontanea. Questa, come le altre scuole ortodosse, ? nata nell?mbito delle parrocchie, in modo artigianale. Si ? imparato facendo, senza poter contare su un modello da seguire, o su un aiuto esterno, neanche da parte del patriarcato.
All?nizio ogni scuola viveva per s?, senza sapere cosa facessero le altre. Ora, con l?sperienza, la situazione ? migliorata. Ci sono maggiori contatti tra le diverse scuole. Esiste un consiglio dei direttori delle scuole religiose che si incontra regolarmente. Il patriarcato ha istituito una sezione per l?ducazione religiosa. Adesso ? il patriarca in persona a consegnare i diplomi di licenza superiore agli studenti dell?ltimo anno nella cattedrale di Cristo Salvatore?
LE ACCUSE
DI PROSELITISMO
Il patriarca Alessio II, capo della chiesa ortodossa russa, ? forse, dopo l?ntervista rilasciata in luglio al Corriere della Sera, meno sconosciuto al pubblico italiano. In quell?ccasione, egli ha toccato anche un tema delicato, suscitando parecchio scalpore: ha indicato nel conflitto tra ortodossi e uniati (cattolici) in Ucraina occidentale e nel proselitismo cattolico in territori storicamente ortodossi i due ostacoli che si frapporrebbero a una visita del papa in Russia.
Chiedo a padre Aleksej di commentare le parole del patriarca.
?ffettivamente – risponde padre Aleksej -, questi sono i due grossi nodi da sciogliere perch? possa realizzarsi la visita del pontefice nel nostro paese. Nell?craina occidentale, rimasta per lungo tempo sotto la Polonia, si ? sviluppata la chiesa uniate, che fa capo alla chiesa di Roma. Da quando si ? sciolta l?rss, in queste terre la chiesa ortodossa ? diventata il bersaglio del nazionalismo locale e ha fatto le spese del risentimento della popolazione contro i russi. Difatti, si associa l?rtodossia con i russi dominatori.
Molte chiese sono state sottratte con la forza alla comunit? ortodossa. Ci sono stati dei morti. I nostri sacerdoti sono costretti quasi a vivere in clandestinit?. Ora Mosca chiede la restituzione delle chiese che sono da sempre appartenute agli ortodossi. Si chiede la fine di questo conflitto. A parole si sono gi? presi innumerevoli accordi, ma ogni volta le violenze riprendono. Oltre a questo problema, c? la questione del proselitismo cattolico?
Che cosa intende per proselitismo cattolico?
?ntendo questo. Come mai il Vaticano nomina dei propri vescovi in territori in cui storicamente i cattolici non hanno mai vissuto? Nel passato vescovi cattolici erano presenti nelle province in cui c?ra una comunit? cattolica. Ad esempio, a Krasnojarsk, Novosibirsk, nella regione dei tedeschi del Volga. Pensate che effetto farebbe se il patriarca Alessio II nominasse un proprio vescovo nella citt? di Roma!?
?unque un problema di ?atto? Non ? educato comportarsi in un certo modo in casa d?ltri…
?o, non ? solo un problema di forma, ma anche di sostanza. Le missioni cattoliche arrivano col pretesto di aiutare la Russia, portando avanti ad esempio programmi umanitari. Tutto senza mettersi d?ccordo col vescovo ortodosso locale. Come se si fosse in terra pagana. Insomma, c? da parte dei cattolici uno spirito di conquista, come nel Medio Evo.
Durante gli anni del regime comunista l?iuto dei cattolici d?ccidente ? stato fondamentale. Quanti libri, quante bibbie ci hanno fatto arrivare, aiutandoci a tenere viva la fiamma della fede. Era per noi una boccata d?ria. E noi accettavamo questi aiuti con grande riconoscenza. A quel tempo la nostra chiesa versava in condizioni catastrofiche.
Poi la situazione ? cambiata. Ci sono stati restituiti i templi. Ora ci tocca un enorme lavoro di ricostruzione, ma i mezzi sono pochissimi. La nostra chiesa ? povera e non pu? certo competere con la chiesa cattolica: sono pochi gli edifici del culto, sono pochi i ministri. Nel 1985 a Mosca, citt? di 8 milioni d?bitanti, c?rano 50 chiese aperte. Oggi con 10 milioni di abitanti ci sono 350 chiese, con una media di tre sacerdoti per chiesa. Ma Mosca, in quanto capitale, ? in una situazione privilegiata rispetto al resto del paese. Le nostre cifre non sono certo comparabili con la realt? della chiesa in Italia.
Dobbiamo affrontare il problema di una tradizione che ? stata perduta. ?na tragedia per il popolo. La gente deve consolidarsi, deve essere aiutata a riavvicinarsi alla fede dei propri padri. Invece qual ? lo spettacolo che si presenta loro: chiese diverse in competizione tra loro. Il nostro popolo ? stato privato della propria cultura e questo non ? certo il modo per aiutarlo a ritrovare i riferimenti smarriti?
Tuttavia, lei stesso ha detto che il lavoro da fare ? enorme e che le vostre forze sono inadeguate. Possibile che il contributo di altri cristiani non possa servire? O ci sono altre forme d?iuto a voi pi? gradite?
? cattolici possono fare molto. Potrebbero, ad esempio, aiutarci nella formazione di persone che poi lavorino con la gente sul territorio, magari, invitandoci a vedere come fanno loro in Occidente. ?uesto tipo di aiuto che noi ci aspettiamo: che comunichino a noi, ortodossi, la loro esperienza, non che agiscano indipendentemente da noi?
CHIESA E STATO:
A CIASCUNO IL SUO?
Padre Aleksej, lei ci ha ricordato che per la costituzione russa la chiesa ? separata dallo stato. Essa dovrebbe essere, quindi, indipendente nel giudicarne l?perato. Nei confronti della guerra in Cecenia, qual ? la posizione della chiesa ortodossa?
?urtroppo, la chiesa non ha in proposito una sua posizione politica chiara e univoca. Essa, coscientemente, tace su questo tema. Eppure, sono molti che guardano alla chiesa, perch? si aspettano di sentire una parola di verit?. Invece essa tace. In questo ? determinante il retaggio del passato, quando la chiesa non interferiva nella politica dello stato per il timore di ritorsioni.
Nella realt?, ci troviamo di fronte a due atteggiamenti opposti. Da un lato, c? stata l?niziativa di alcune parrocchie di inviare aiuti a chi si trova nella zona del conflitto. Dall?ltro, la chiesa prega per i soldati russi; ci sono tra le truppe russe sacerdoti per la somministrazione dei sacramenti; nella cattedrale di Cristo Salvatore si celebrano le esequie solenni di soldati russi morti in Cecenia.
In questo modo acquistano il peso di funerali di stato. Si tratta, chiaramente, di un gesto dimostrativo, cui viene data ampia risonanza dalle reti televisive nazionali. Tanto pi? che non sappiamo se questi soldati fossero cristiani, se volessero essere sepolti secondo il rito ortodosso, se siano morti benedicendo o maledicendo.
Naturalmente, simili immagini televisive danno l?mpressione che la chiesa sia dalla parte dello stato. In linea di principio, la chiesa, giustamente, sostiene lo stato, perch? essa ? per la stabilit? del paese. Il problema, per?, ? a quale prezzo?
Come ha accolto la chiesa il passaggio di poteri da Eltsin a Putin?
ƒipeto, ufficialmente la chiesa non si esprime al riguardo. Possiamo, per?, ricordare alcuni fatti.
Ad esempio, la prima cosa che ha fatto Putin la notte stessa in cui ? diventato presidente ad interim, dopo le dimissioni di Eltsin, ? stata di andare a trovare il patriarca (si pu? dire che lo abbia tirato gi? dal letto) per chiedergli la benedizione.
Un altro fatto. Una settimana prima delle elezioni presidenziali, nell?mbito del programma televisivo Kanon, tenuto da sacerdoti, ? stato dato ampio rilievo a un episodio della biografia del futuro presidente. Si ? raccontato che Putin, dopo l?ncendio che alcuni anni fa distrusse completamente la sua casa di campagna, avrebbe ritrovato tra le rovine fumanti un unico oggetto: una croce metallica, ricevuta da bambino.
E ancora. Del tutto inaspettatamente, Putin ha inviato un telegramma d?uguri per il compleanno a un anziano starec, un monaco molto autorevole tra il popolo per la propria fede, che vive nel monastero delle grotte di Kiev. Evidentemente, qualcuno glielo ha suggerito e il presidente ne ha compreso la portata politica. Indubbiamente, Putin ? stato allora sostenuto da alcuni circoli ecclesiastici, che si sono espressi in suo favore.
Ma ci sono anche episodi che mostrerebbero l?ntenzione di mantenere certe distanze nei confronti del patriarca. Ad esempio, in occasione della pasqua, Putin non ha assistito alle celebrazioni religiose a Mosca, ma si ? recato a Pietroburgo.
A proposito, ecco un altro fatto a mio parere significativo. In Russia, quando ci si fa gli auguri di pasqua, si dice ?risto ? risorto? cui sempre si risponde: ?n verit? ? risorto? Sapete, invece, cosa ha risposto Putin? Ha risposto: ?razie!?.

TRA ZAR E PASTORI

La chiesa ortodossa russa ? la pi? grande tra le 15 chiese ortodosse autocefale. ?uidata attualmente da Alessio II, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, che governa col santo Sinodo, di cui ? presidente. Il potere supremo nella dottrina e nel governo spetta al concilio locale, che viene convocato di solito ogni 5 anni. Diversamente dalla chiesa cattolica, la chiesa ortodossa non richiede il celibato dei preti, cui nega per? l?ccesso alle alte gerarchie ecclesiastiche: solo i monaci possono diventare vescovi.

DA KIEV A MOSCA
Il 1988 (*) ha visto in tutta l?RSS le solenni celebrazioni per i mille anni dal battesimo della Rus?(da non confondere con la Russia, ndr) che hanno avuto il loro culmine nella citt? di Kiev, ora capitale della Repubblica ucraina. La cristianizzazione nelle terre russe, infatti, si fa risalire all?nno 988, quando Vladimir, gran principe di Kiev, si battezz? e fece battezzare il proprio popolo. La Russia scelse di entrare a far parte della chiesa cristiana d?riente e non di quella di Roma.
Oltre che da ragioni geografiche e politiche, questa scelta si spiega con l?ntensa opera di evangelizzazione delle terre slave che Costantinopoli aveva promosso fin dal IX secolo, inviando i monaci tessalonicesi (greci) Cirillo e Metodio presso il principato di Moravia. La loro opera fu senz?ltro favorita dal fatto che i due monaci conoscevano la locale lingua slava e che se ne servirono, non solo per predicare, ma anche per la liturgia e per la traduzione dei libri sacri. A questo scopo adattarono l?lfabeto greco ai suoni dello slavo. Fu cos? che gli slavi ebbero la scrittura cirillaca.
Missionari e catechisti arrivarono nella Rus?dalle terre slave gi? cristianizzate, mentre l?lta gerarchia ecclesiastica, i vescovi e il metropolita, erano designati direttamente dal patriarca di Costantinopoli. Tutti i metropoliti del periodo premongolico, eccetto due, furono greci.
Nel X secolo iniziarono a diffondersi in Russia i monasteri. Nel 1051 fu fondato il famoso monastero delle Grotte di Kiev. Come in Occidente, i monasteri divennero importanti centri di arte e di cultura. I monaci redigevano le cronache, traducevano opere teologiche, storiche e letterarie, si dedicavano alla pittura delle icone.
Nel 1237, l?sercito di Kiev venne sconfitto dalle armate mongole di Batu, che avanzavano verso l?uropa centrale. Il ?iogo?dei mongoli, chiamati tatari dai russi, grav? sui territori centrali e meridionali della Rus?fino al 1480. Ci? ebbe incalcolabili conseguenze sulla storia e la cultura del paese. La civilt? fiorita a Kiev cadde in rovina. Nuovi centri politici e commerciali cominciarono lentamente a svilupparsi molto pi? a nord, nei principati di Vladimir, di Tver?e di Mosca, tutti tributari dei tatari.
Anche la sede del metropolita si spost? al nord, prima a Vladimir (1299) e poi a Mosca (1325). Ci? contribu? a dare lustro alla citt? e al suo principe, che stava cercando di affermare la propria egemonia nella regione. Nel 1336 San Sergio di Radonezh fond?, non lontano da Mosca, il monastero della Trinit?, che divenne un importante centro religioso e culturale. Qui visse e lavor? anche il famoso pittore d?cone Andrei Rublev.
Con il crescere della potenza politica di Mosca e il decadere dell?mpero cristiano d?riente, la chiesa russa si rese sempre pi? autonoma dal patriarca di Costantinopoli. Nel 1448 fu il consiglio dei vescovi russi, e non Costantinopoli, a nominare il nuovo metropolita Iona: la chiesa russa divenne autocefala. Infine, nel 1589 il patriarca di Costantinopoli Geremia, in visita a Mosca, consacr? il metropolita Iob primo patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Nel 1590 anche gli altri patriarchi approvarono l?stituzione del patriarcato di Mosca, che divenne il quinto, dopo quelli di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme.
Aumentava, intanto, l?nfluenza sulla chiesa russa dei grandi principi di Mosca, che ambivano a raccogliere l?redit? politica di Bisanzio, caduta definitivamente in mano ai turchi nel 1453. L?deologia politica moscovita trov? espressione nella teoria di ?osca terza Roma? formulata agli inizi del Cinquecento dal monaco Filofej.

LA CHIESA E GLI ZAR
Il primo a mettere seriamente in questione il primato del potere temporale su quello spirituale fu il patriarca Nikon (1652-1667), che perseguiva l?dea di uno stato teocratico. Egli promosse, tra l?ltro, la riforma dei libri e dei costumi liturgici per eliminare le divergenze createsi nei confronti della chiesa greco-ortodossa. Questi cambiamenti non furono mai accettati da una parte dei fedeli, che li considerarono un tradimento della tradizione slavo-cristiana. Ebbe cos? origine lo scisma dei ?ecchi credenti? che dura fino ai nostri giorni.
Le aspirazioni teocratiche portarono Nikon a scontrarsi con lo zar Aleksej Mikhajlovic (1645-1676). Nikon ebbe la peggio: nel 1666 lo zar fece deporre il patriarca dal concilio.
L?nizio del XVIII secolo fu segnato dalle riforme occidentalizzanti di Pietro I, che toccarono anche la chiesa. Dopo la morte del patriarca Adrian nel 1700, Pietro imped? che venisse eletto un suo successore, finch? nel 1721 abol? il patriarcato e stabil? per la chiesa un organo di governo collegiale, il santo Sinodo, costituito sul modello delle chiese luterane di Svezia e Prussia. Il Sinodo era presieduto da un funzionario statale, detto anche ??cchio dello zar? che ne controllava l?perato. Questo controllo fu facilitato dall?cquiescenza di buona parte dell?lto clero. Con i successori di Pietro la linea di condotta verso la chiesa non cambi?, anzi; il potere laico acquist? un peso sempre maggiore negli affari ecclesiastici, finch?, col manifesto di Paolo I (1797), l?mperatore divenne anche il capo della chiesa ortodossa russa.
All?nizio del XX secolo si fece pressante l?sigenza di un rinnovamento della chiesa. Il concilio del 1917-18 vot? la restaurazione del patriarcato, eleggendo alla dignit? di patriarca il metropolita di Mosca Tichon, ed espresse l?ntenzione di riformare l?rdinamento ecclesiastico. Ci? non ebbe seguito, perch? nel settembre del 1918 il concilio fu disperso dai bolscevichi che combattevano la religione e la chiesa, considerata un?stituzione controrivoluzionaria.

LA CHIESA E IL REGIME COMUNISTA
La prima Costituzione del 1918 sanciva la separazione dello stato e della scuola dalla chiesa e privava i sacerdoti e i membri delle loro famiglie del diritto elettorale; nel 1918-20 ci fu la campagna contro le reliquie; nel 1922 vennero confiscati i beni ecclesiastici, fu arrestato il patriarca Tichon.
Durante la guerra civile che segu? al colpo di stato bolscevico furono uccisi 23 vescovi e circa 10.000 sacerdoti. Una parte della gerarchia ecclesiastica emigr? dopo la sconfitta dell?esercito bianco? dando vita alla chiesa ortodossa russa all?stero. Alla morte di Tichon (1925) le autorit? impedirono che venisse eletto un nuovo patriarca e il metropolita Sergij divenne vicario del locum tenens patriarcale. Egli tent? di normalizzare i rapporti con lo stato e nel 1927 eman? un documento in cui si affermava che l?ppartenenza alla chiesa non era incompatibile con la fedelt? all?nione Sovietica. Questo documento, conosciuto come la ?ichiarazione di Sergij? segn? la definitiva rottura con la chiesa russa all?stero. I tentativi di arrivare a un compromesso col regime non salvarono tuttavia la chiesa dalle grandi epurazioni degli anni Trenta. Furono chiusi gli ultimi monasteri rimasti e gran parte delle chiese parrocchiali. Gli anni pi? terribili furono tra il 1937 e il 1941, quando vennero fucilati 110.700 membri del clero.
Durante la seconda guerra mondiale Stalin comprese che il sentimento religioso poteva giocare un ruolo importante nel tenere alto lo spirito del popolo. Il 4 settembre 1943 ci fu lo storico incontro tra il dittatore e i metropoliti Sergij, Aleksij e Nikolaj, che segn? l?nizio di una nuova fase nelle relazioni tra stato e chiesa. Gi? l? settembre si apr? il concilio, che finalmente consacr? Sergij patriarca. Furono riaperti tre seminari (Leningrado, Zagorsk, Odessa), due accademie (Leningrado, Zagorsk), un certo numero di chiese parrocchiali, alcuni monasteri. Dopo la morte di Stalin ricominci? la campagna antireligiosa e con Kruscev gli attacchi alla chiesa ripresero. Solo alla fine degli anni Ottanta la chiesa si vide riconoscere pienamente il diritto di esistere.
Nell?prile del 1988, durante un incontro tra Michail Gorbachev e il patriarca Pimen, fu ufficialmente riconosciuto il ?iritto dei credenti di esprimere liberamente le proprie convinzioni?
Da allora per la chiesa russa ? cominciato un periodo di lenta e difficile rinascita.

LA NASCITA DELLA ?HIESA UNIATE?L?nione tra la chiesa greca e di quella latina fu formalmente approvata al Concilio di Firenze del 1439, ma non fu mai accettata dalla chiesa russa. Al concilio era presente il metropolita di Kiev, il greco Isidoro, il quale, al suo ritorno, cominci? a predicare la restaurata unit? tra le chiese. Arrivato a Mosca, per?, fu subito arrestato, ma riusc? a fuggire. L?nione rimase lettera morta anche nei territori bielorussi e ucraini, a quel tempo divisi tra Polonia e Lituania, dove si trovava anche Kiev.
All?nizio del Cinquecento la chiesa rutena (di Ucraina e Bielorussia) entr? in un periodo di grande crisi. L?buso del patrocinio laico aveva elevato al soglio vescovile candidati indegni, con una caduta del livello morale e culturale della gerarchia ecclesiastica. Iniziava a diffondersi lo spirito del protestantesimo, soprattutto tra i fedeli delle classi alte, attirati da calvinismo e antitrinitarismo. La chiesa rutena non aveva i mezzi culturali (mancava completamente di scuole teologiche) per far fronte a questa difficile situazione, n? poteva sperare nell?iuto di Costantinopoli.
Molti cominciarono a guardare alla chiesa di Roma, della cui efficiente organizzazione avevano un esempio nei vicini territori polacchi. Si fece strada l?dea che un?nione con Roma avrebbe potuto portare i benefici della rinascita cattolica. La cosa sembrava facilitata dal fatto che la diversit? dei riti era stata gi? approvata al Concilio di Firenze.
Il 12 giugno 1595 si riun? a Brest il sinodo della gerarchia rutena; si decise di inviare due vescovi a Roma per concludere l?nione con Roma, che fu ratificata in Vaticano il 23 dicembre 1595. Il documento fu successivamente approvato da un nuovo sinodo, riunitosi nell?ttobre 1596, sempre a Brest, ma fu respinto da una parte della gerarchia rutena, che aveva nel frattempo assunto una posizione anti-unionista. Non fu possibile sanare il dissidio tra le due parti, che si scomunicarono a vicenda.
Nel 1654 Kiev e l?craina occidentale passarono sotto il dominio di Mosca e ogni progetto d?nione con Roma dovette essere abbandonato. Invece tutte le diocesi della chiesa ortodossa rutena rimaste nei confini dello stato polacco-lituano accettarono l?nione entro la fine del XVII. Bi.Ba.

(*) Sui

mille anni del cristianesimo russo si veda ?rss: lo stato non ? Dio? numero monografico di Missioni Consolata dell?ttobre 1988. Pi? recente ƒussia. La fatica di rinascere?su Missioni Consolata del gennaio 1996.
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Biancamaria Balestra

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