Con quel sorriso all’americana

Se si va fuori tema

Eros Benvenuto su Missioni Consolata di dicembre s’indigna, perché al meeting di CL è stato applaudito Berlusconi. Domanda: uguale costeazione sarebbe scaturita se sul palco fossero saliti altri imprenditori, come Agnelli o Moratti? Inoltre che cos’è questo vituperato neoliberismo? È chiaro che, per i citati imprenditori, si tratta di capitalismo.
Al capitalismo è ascrivibile il benessere di massa dei popoli occidentali, i quali (pur fra ingiustizie e squilibri) da circa 50 anni mangiano carne tutti i giorni e vestono con garbo. Anche le cattedrali del medioevo sono frutto dello sviluppo dei commerci e delle manifatture del tempo: Giotto o Aolfo non avrebbero mai realizzato le loro opere senza gli intraprendenti capitalisti dell’epoca.
L’Italia invia soldati in Bosnia, Kosovo, Africa… con ingenti risorse. Non sono molte le nazioni che lo fanno. Solo i paesi ricchi possono permettersi di essere generosi. I mali del mondo possono arrivare con o senza capitalismo, ma sicuramente allignano meglio dove c’è miseria.
Pur non amando Berlusconi, ho intuito che l’odio che egli suscita in molti gonzi non deriva dal fatto che è ricco, ma solo perché osa rompere l’ipocrisia catto-comunista che demonizza la ricchezza: egli rivendica il diritto-dovere di coltivare nel migliore dei modi l’impresa economica, e lo fa con un «sorriso all’americana» che ferisce l’aura sacerdotale dei piagnoni e menagramo.
La sinistra invoca pane, lavoro e aumenti di stipendio. Signor Benvenuto, conosce lei un modo per dare lavoro alla gente senza sufficienti imprese? Ipocrisia massima, quella della sinistra, perché finge di ignorare che, nel moderno capitalismo, l’esistenza dell’impresa non può che derivare da lavoro e sviluppo per molti. Ipocrisia massima, perché si contrappone il «pubblico» (buono) al «privato» (cattivo). Oggi solo i bigotti non si accorgono che in Italia le cose pubbliche sono la più massiccia e illegale privatizzazione a favore dei mille e mille clienti della politica; questi dilapidano le risorse della nazione e coltivano il parassitismo di massa.
Se non sono scemo del tutto, mi pare d’aver capito che la concorrenza è mondiale e che i margini di sopravvivenza sul mercato planetario sono sempre più stretti, con grave rischio delle stesse imprese. Constato che il più contento, in un mondo senza concorrenza, sarebbe il famoso padrone, i suoi operai e tecnici. È un meccanismo economico privo di senso? Senz’altro. Esiste allora un’autorità mondiale capace di imporre a tutti, contemporaneamente, un ordine più umano? Non c’è.
E quell’azienda che smettesse di correre col passo imposto dall’equilibrio mondiale, hic et nunc sarebbe fuori dal mercato, sostituita da qualche giapponese o australiano. Le imprese per vivere hanno bisogno di meno vincoli e tasse: ecco il neoliberismo, cioè il capitalismo di quest’epoca matura. Tutte le imprese vi si adeguano senza clamore.
«Multinazionale» è una qualifica che si acquisisce quando l’impresa estende la sua azione fuori del confine nazionale. Ma c’è multinazionale e multinazionale: è innegabile che alcune impongano scelte ai governi. Ma allora, più che con le multinazionali (che fanno il loro mestiere), prendetevela con i governi, i partiti e i singoli politici immeritatamente eletti a rappresentare l’interesse generale.
Così avviene nell’Unione Europea, che non perde occasione di assecondare gli interessi forti, come è stata la direttiva nel marzo 2000, che consente di produrre cioccolato con surrogati sintetici del burro di cacao, a danno dei paesi africani che nel cacao hanno le uniche risorse. Il parlamento europeo ha una schiacciante maggioranza di sinistra.
Caro Benvenuto, non sono né nato ieri, né sono cieco. Il mondo è pieno di violenza e truffe legalizzate, specie il terzo e quarto mondo. Il vero problema è che a quei paesi manca un sufficiente ceto medio, che sappia creare un sufficiente tessuto produttivo e imprenditoriale, che al tempo stesso porterebbe sviluppo a (quasi) tutti e democrazia più sostanziale. Mancano tanti «berlusconcini». La ricchezza si genera con la ricchezza, non con la miseria. Non le va bene, Benvenuto? Foisca lei la medicina. Ma che non sia l’unilaterale rinuncia di un paese alla ricchezza, alla prosperità, alla storia; che non sia una suicida uscita dalla capacità competitiva mondiale.
Qui entra in ballo la distinzione tra politica e individuo. In una persona è nobile la rinuncia alla ricchezza e la scelta del sacrificio. Ma guai a chi impone tali valori a tutti per via politica! Egli sarebbe un nuovo tiranno… Non esiste impegno politico senza perseguire il benessere materiale del popolo amministrato.
Ricuso poi in toto l’intervista al presidente Violante (ancora Missioni Consolata, dicembre 2000): mi vergogno di imbattermi in simili monumenti all’ipocrisia e demagogia. Si scandalizza perché la distanza tra paesi ricchi e poveri aumenta a forbice, indugiando sterilmente «sulle colpe dell’occidente», quando la colpa della miseria di tanti paesi è nelle loro classi dirigenti, che intercettano e sprecano le risorse. È evidente che la forbice non può che aumentare, perché, mentre i poveri hanno uno sviluppo zero o quasi, i ricchi vanno avanti in ricerca tecnologica, produzione e servizi.
Soprattutto non sopporto chi colpevolizza i cittadini dei paesi ricchi, cioè noi, come se il nostro essere ricchi fosse un «regno di bengodi», quando invece sappiamo che, accanto allo stereo-video-computer del nostro salotto, c’è fatica quotidiana, il mutuo da pagare, l’accompagnare i figli, le tensioni nel lavoro. Vi sono spesso solitudine e sofferenza. E tanta violenza dello stato che pretende, ma getta follemente dalla finestra.
Insomma, cari signori, volete la ricchezza degli italiani o la povertà? Io scelgo la ricchezza economica, che non può che favorire la maturazione sociale e culturale, la generosità verso i più sfortunati.
Ritornando a Violante, l’intervistatore e l’intervistato, prigionieri dei loro schemi pauperisti e terzomondisti, giocano ad un rimpiattino inconcludente: il primo chiede se sia giusto intervenire militarmente e il secondo risponde che non è giusto, che però è indispensabile. Siate almeno logici!
Vi sta a cuore la sofferenza di questo e quel paese? Allora intervenite, sostituitevi al ducetto locale e gestite come ritenete più produttivo le risorse, che dopo tutto sono vostre (nostre). Altrimenti, se dovete alimentare i mille ras del terzo mondo (solo per rispettare l’autonomia degli stati) è meglio stare a casa.
Si chiama neocolonialismo e vi stracciate le vesti?
Luigi Fressoia – Perugia

Eros Benvenuto non si è indignato per l’applauso a Berlusconi, ma perché il battimano è venuto dagli stessi giovani che, poco prima, avevano applaudito il papa. La differenza è sostanziale. Infatti una cosa è la dottrina sociale del papa… un’altra quella del cavaliere.
Il suo interessante intervento, signor Fressoia, è quindi fuori tema, compresi gli insulti.

Nessun partito!

S ono un ex allievo dei missionari della Consolata, dei quali conservo un bel ricordo. Spero anche di essere un buon cristiano. Ma ho convinzioni politiche di centro-destra: è peccato? Se dovessi dare credito a ciò che scrive Eros Benvenuto direi di sì.
Io non chiedo che Missioni Consolata passi dalla mia parte, ma mi sembra lecito sperare che non faccia distinzioni fra i leaders di centro-destra e quelli di centro-sinistra.
Il neoliberismo potrà forse essere una colpa, ma la dottrina sociale degli attuali governanti fa acqua da tutte le parti, al di là delle belle parole di Violante. Si deve ricordare al signor Benvenuto che, negli ultimi cinque anni, i poveri sono aumentati anche in Italia e i ricchi… pure!
Il mio è un modesto parere, del quale probabilmente lei non terrà alcun conto. Sappia comunque che io condividerò sempre le battaglie della rivista in favore degli ultimi del mondo. Non mi piacerebbe, tuttavia, che ad esse fosse associata in Italia una precisa idea politica, in un momento in cui l’atteggiamento caramelloso di certi capi fa presumere che «tutto va bene e tutto fa brodo».
Luigi Trobbiani – Roma

Missioni Consolata non sposa i partiti politici. Però deve giudicare «i segni dei tempi», specie se sono contro i poveri. Se non lo facesse, sarebbe ipocrita (cfr. Lc 12, 56).

Una voce fuori dal coro

È una piacevole sorpresa Missioni Consolata. È uno spaccato dell’omonimo istituto, che per i torinesi (e non solo) rappresenta un riferimento storico ed un esempio di come si possa vivere il vangelo radicandolo tra le persone con semplicità. Questa è diventata una dote rara in un’epoca in cui ogni messaggio è urlato, super-invasivo e suadente, come i mega manifesti, correlati di faccione, che tappezzano le nostre città promettendo cose vane con slogan degni di una campagna pubblicitaria per detersivi.
La rivista è una piacevole sorpresa, perché ho apprezzato il dibattito sulla globalizzazione. Una scelta coraggiosa, non solo perché fa riflettere (cosa non da poco in un’epoca dove tutto è banalizzato), ma anche perché è una voce fuori dal coro.
Dopo la fine del dualismo politico «Usa-Urss» e ideologico «capitalismo-comunismo», avvenuto con il crollo del muro di Berlino, ha preso piede un’unica ideologia o religione mondiale: questa, lungi dal rispondere ai bisogni delle persone, ha aumentato in modo esponenziale gli esclusi. Il neoliberismo è osannato come l’unica vera via verso la crescita economica costante (valore insindacabile per i fautori della nuova religione); e, naturalmente, può essere solo di tipo euro-statunitense. Nessuno osa dissentire.
Questo sta portando all’eliminazione delle tutele sociali che hanno reso l’Europa con il minor numero in percentuale di poveri nel mondo e con la qualità di vita più alta. Intanto gli Stati Uniti, con oltre 40 milioni di poveri e il debito pubblico più alto del mondo, sono presi come riferimento. Non solo. Essendo il mondo occidentale l’area più potente del pianeta sta estendendo il dominio e l’ideologia, con l’ausilio della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, in tutti i continenti.
Il messaggio sembra essere: «Voi avete sbagliato tutto, solo noi siamo democratici e sviluppati. Quindi diventate come noi». Come se il sottosviluppo fosse colpa dei poveri! Sembra che la natura abbia beffardamente relegato tutte le risorse naturali (che hanno permesso alle nazioni del nord di svilupparsi) in paesi poveri abitati da ignoranti e governati da dittatori miopi e sanguinari.
È urgente comprendere il presente nella sua complessità, denunciare le mistificazioni senza timori reverenziali, per pensare ad un futuro che metta l’uomo al centro delle priorità del mondo politico e che i bisogni basilari diventino diritti fondamentali.
In Italia si sente l’esigenza di «voci fuori dal coro», che si elevino al di sopra dell’attuale dibattito politico, fatto di schiamazzi, slogan razzisti e populisti. Questo, visti gli attentati al duomo di Milano e a il manifesto, può far ricadere il paese nella violenza e in un periodo buio che pensavamo finito.
Missioni Consolata, prosegui sulla strada intrapresa. Grazie.
Luca Graziano – Torino

aa.vv.

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