ISOLE COOJ – Fra i marosi dell’oceano blu

«Reportage» dal remoto sud dell’Oceano Pacifico,
tra palmi di terra corallina e vulcanica,
dove le persone si contano sulle dita.
Sfidano le onde, ieri come oggi.
Cantano e danzano in una natura da favola.
Ma occhio al ciclone!

QUEI CATTOLICI…EXTRA LARGE
Manca ancora mezzora all’inizio della messa, e la chiesa è già gremita. Tutti i banchi sono pieni; ne sono stati disposti altri, per l’occasione, sul prato antistante la chiesa, anch’essi tutti occupati. Solo i fedeli ritardatari rimangono in piedi, dietro gli ultimi che hanno trovato posto. La celebrazione è, dunque, affollata e seguita con attenzione da tutti.
Siamo a Rarotonga, l’isola principale dell’arcipelago di Cook, nel remoto sud dell’Oceano Pacifico.
Padre Kevin, neozelandese, celebra la liturgia alternando l’inglese e la lingua locale, uno degli idiomi polinesiani. È una lingua priva di aspirate, utilizza molto le vocali e ripete spesso le sillabe. Ciò fa sì che sia molto dolce e particolarmente adatta ai canti, che si susseguono numerosi. In chiesa i testi da cantare vengono proiettati su una parete bianca, mentre il coro è sostenuto da una tastiera modea, dotata di accompagnamenti.
Il ritrovo è anche un’occasione per osservare le caratteristiche della popolazione e i suoi costumi. Le persone, uomini e donne, sono generalmente di struttura fisica robusta e persino poderosa. In seguito constateremo che le taglie delle camicie e delle T-shirt sono di dimensione abbondantemente extra… extra large!
Le signore indossano i vestiti migliori. Ma la nota più caratteristica è il loro cappello, a falda abbastanza larga, realizzato in fibra di pandano e decorato con fiori, anch’essi di pandano. Fra le chiome delle ragazze spicca, spesso, un fiore vero.
I cattolici nelle Isole Cook rappresentano solo il 4% della popolazione, che per il 90% circa segue la Cook Islands Christian Church (Cicc), fondata dalla London Missionary Society. La Cicc è una comunità tendenzialmente anglicana con influenze di altre chiese protestanti. Il resto della gente appartiene a sètte e ai mormoni. I fedeli della Cicc, di domenica, vestono spesso in bianco, sia uomini che donne. Si tratta di una sorta di divisa, obbligatoria in certi eventi.
Un tratto comune delle varie denominazioni religiose è il canto corale di composizione locale. Si vendono pure CD con musica sacra, e non solo.

L’uomo meglio del maiale
Gli abitanti delle Isole Cook non superano le 20 mila unità, e altrettanti risiedono all’estero, principalmente in Nuova Zelanda. Vivono su un arcipelago formato da isolotti piccoli e piccolissimi, dispersi nell’Oceano Pacifico, ad enormi distanze fra loro, tra l’equatore e il tropico del capricorno: sono di origine vulcanica e corallina.
Rarotonga, l’isola più grande, ha un perimetro di circa 30 chilometri e conta 10 mila abitanti, mentre a Palmerston (tanto per fare un esempio) ne vivono 50 e 6 a Suwarrow.
Etnicamente la popolazione fa parte dei popoli polinesiani emigrati dalla Papua parecchi millenni a.C.: occuparono progressivamente le isole del Pacifico, fino alle Hawai e alla Nuova Zelanda. Allorché entrarono in contatto duraturo con gli europei, nel secolo XVIII, i rapporti furono amichevoli e ostili ad un tempo. Lo stesso capitano James Cook (da lui il nome delle isole) fu ucciso nel 1779 durante una zuffa con i locali che aveva già visitato.
Ebbene, i rapporti con i bianchi non furono sempre idilliaci. I missionari furono negativamente impressionati dal paganesimo imperante nell’arcipelago e da pratiche saltuarie di cannibalismo.
Un missionario dell’epoca, William Gill, trascorse la maggior parte della sua vita sulle Isole Cook e nel 1892 pubblicò un libro, descrivendo gli usi dei nativi. Illustrò parecchi riti, come quello del trattamento del corpo dei nemici uccisi. Il missionario raccolse da un indigeno (cannibale) l’affermazione che «la carne dell’uomo è assai migliore di quella del maiale». Però il cannibalismo veniva praticato sporadicamente con lo scopo di acquisire gli eventuali poteri del nemico, ma anche per infliggergli l’estremo oltraggio.
In ogni caso i missionari inglesi non seppero percepire la complessità delle regole dei rapporti sociali di quei popoli. Cercarono di sradicare completamente la loro cultura tradizionale. E quasi ci riuscirono.
Una significativa manifestazione socioculturale (tuttora viva) era rappresentata dalla danza, eseguita da uomini e donne. Le movenze sono diversificate, probabilmente più variate quelle maschili di quelle femminili. Le donne si destreggiano bene con gesti delle mani e con l’ondulare ritmico delle anche, spesso cinte da un serto di fiori. Forse, per questo, padre Gill scrisse: «Circa la moralità dei loro balli, meno se ne parla meglio è; la danza upaupa, introdotta da Tahiti, è proprio oscena».

Perché non adottare
una balena?
Oggi sulle Isole Cook la vita scorre tranquilla, ma non pigra, in un ambiente curato e ordinato. Una piacevole abitudine della gente di Rarotonga, che si incontra al mattino, è quella di scambiarsi non solo il buongiorno, ma anche di chiedere: «Come ti senti stamattina?». Oppure: «La notte passata è stata gradevole?». Questo succede anche incrociando, in bici, la signora sconosciuta che sta tagliando, al mattino presto, la siepe del suo giardino. La bicicletta è il mezzo migliore per visitare Rarotonga, date le sue modeste dimensioni.
Solo una volta siamo stati salutati secondo il costume tradizionale, che consiste nel pronunciare una frase di benvenuto piegando la testa all’indietro e innalzando le sopracciglia. Ma i costumi cambiano.
Un altro aspetto caratteristico di Rarotonga sono le tombe. Queste sono raccolte, generalmente in piccolo numero, in luoghi che sembrano abbandonati o in vicinanza di edifici religiosi. Ma se ne trovano anche nei campi o in un angolo del giardino di casa; in questo caso le tombe sono molto curate.
Un fenomeno inatteso (per il visitatore) è il continuo rombo del mare, generato dal fluire della risacca sulla superficie superiore della barriera corallina: rombo a cui si sovrappongono i tonfi cadenzati dei frangenti più vicini. Qui il padrone di tutto è moana, l’oceano.
La barriera corallina separa il mare aperto, immenso e possente, dalla laguna con acque calme e trasparenti. Però basta la presenza contemporanea dell’alta marea e di un soffio di vento per trovare, al mattino seguente, la strada litoranea attraversata da ampie strisce di sabbia: l’oceano scavalca facilmente il piccolo ostacolo rappresentato dalla barriera corallina.
Nell’inverno locale le tempeste si ripetono regolari; ogni 15-20 anni diventano veri e propri cicloni. In ogni dove si leggono le istruzioni da seguire in caso di cicloni. Il fenomeno viene osservato da molta distanza e le informazioni relative sono date con grande frequenza alla radio.
Quando il ciclone si avvicina ad un’isola, le istruzioni prevedono l’obbligo di stare chiusi in casa, dopo aver fatto passare sul tetto dell’abitazione alcune corde, da legarsi al tronco di alberi robusti più vicini. Il ciclone sull’arcipelago è un evento «normale», anche se catastrofico: può durare giorni. Le isole coralline, assai basse, vengono interamente spazzate dal mare con una forza smisurata.
Ma gli abitanti delle Isole Cook sanno «gestire» l’oceano con bravura. L’hanno imparato fin da bambini, anche attraverso le favole della nonna. La dimestichezza col mare è evidente in tante leggende. In una si racconta di un ragazzo che aveva adottato come animale domestico una balena!

un paradiso terrestre?
L’arcipelago Cook appartiene a quelle terre spesso sognate da chi abita in climi temperati, contraddistinti dall’alternarsi di stagioni diversificate. Ci sono spiagge bianche, con palme che si chinano fin sul bagnasciuga, lagune dalle acque limpide e gremite di pesci coloratissimi. Il mare è blu cupo.
La temperatura è stabile e, nella stagione secca, si aggira fra i 26/28 gradi. Il tempo però è estremamente variabile: il cielo terso del mattino può, ad un certo istante, offuscarsi di nuvole che d’un tratto coprono le isole. Ne possono scaturire brevi pioggerelle.
La flora ha la tipica esuberanza della natura tropicale con grande varietà di fiori, coltivati spesso anche nei giardini delle abitazioni.
Un paradiso terrestre? Non è detto. Ogni paese ha i suoi vantaggi e svantaggi. La serenità esiste. Ma è un fatto interiore.

Pier Giorgio Motta

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