Lillipuziani, gettate le reti!
I l ritornello è arcinoto: la ricchezza aumenta, ma ancora di più crescono i processi d’impoverimento, esclusione sociale e saccheggio dei beni naturali. Ma guai se restasse solo uno sterile ritornello, sia pure accorato! È possibile passare dalle parole ai fatti? Noi crediamo di sì.
Oggi, accanto ai giganti socioeconomici, si muove una galassia di piccole associazioni e movimenti, che si battono per riaffermare diritti vecchi e nuovi, con l’intelligenza di chi guarda al proprio paese senza scordare il mondo. Qualcuno ha definito tale galassia l’«arcipelago lillipuziano».
Nel 1725 Jonathan Swift, scrittore e politico irlandese, pubblicò I viaggi di Gulliver. È una favola: alcuni minuscoli «lillipuziani», alti solo pochi centimetri, catturano il gigante predone-padrone Gulliver; lo legano nel sonno con centinaia di fili. Gulliver avrebbe potuto schiacciare con un dito ogni singolo lillipuziano; ma ora la fitta rete tessuta intorno a lui lo rende impotente.
Una vicenda che richiama quella di Polifemo, beffato da Ulisse, o di Golia, abbattuto da Davide. Con una differenza: contro il potente Gulliver non si muove un individuo soltanto, ma tanti piccoli esseri, uniti in una «rete». La morale della favola è evidente.
In Italia e nel mondo – come abbiamo visto nel dicembre scorso a Seattle – è vivo il desiderio, condiviso da tanti movimenti, di combattere contro le ingiustizie, gli inquinamenti, le indifferenze. E ogni associazione propone (ma ciascuna per la sua strada) iniziative di solidarietà, resistenza, informazione: l’intento è di soccorrere le vittime, fermare gli oppressori, sensibilizzare la gente.
È possibile abbattere il gigante Gulliver operando ciascuno in ordine sparso? Riteniamo di no. Ebbene: perché non coalizzarsi come i piccoli ma intelligenti lillipuziani? Allora le tante voci isolate diventano un coro, i deboli fili una rete.
Anzi, una rete di reti. Ed è proprio vero che l’unione fa la forza. Una forza comune per creare, ad esempio, un’economia diversa, fondata sulla sobrietà dei consumi, l’equità fra le classi sociali, la sostenibilità dello sviluppo. Alcuni centri missionari diocesani già operano in sinergia con altre forze; ma hanno aggregato soltanto «i soliti». Bisogna, invece, allargare il cerchio.
A tale scopo, a Torino, è nata la Scuola per l’alternativa: la Comunità impegno servizio volontariato (Cisv), i Missionari della Consolata e il Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) si sono messi in rete per affrontare le schiavitù della globalizzazione: e, con loro, si sono viste facce nuove. Più numerose del previsto.
Duemila anni fa, ad alcuni pescatori scoraggiati (non avendo catturato un solo pesce durante una notte intera) un Tale disse: «Gettate le reti da un’altra parte». Il risultato fu strepitoso.
Poi quel Tale aggiunse: «Io vi farò anche pescatori di uomini».
La Redazione
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