Utopia e realtà

Spettabile redazione,
ho letto con molto interesse la riflessione di padre Giacinto Franzoi sul problema della cioccolata e dei suoi risvolti sui paesi poveri, in modo particolare in Colombia dove il missionario lavora.
Sicuramente, qui da noi, i consumatori più consapevoli devono fare promozione, meglio se organizzati, evidenziando le diseguaglianze e cercando di costringere a miti consigli le multinazionali che spadroneggiano.
Ma anche in loco (e mi riferisco particolarmente al dramma africano nella fascia equatoriale, per mancanza d’acqua e presenza di guerre) occorre creare una rete di «auto- aiuto», puntando su cultura e informazione tramite radio locali, più facilmente gestibili, e operando con cornoperative.
Queste possono nascere anche in Italia e poi trasferirsi dove necessario: ad esempio, per realizzare pompe solari che potrebbero essere volano di progetti più complessi.
Forse la mia è solo utopia; ma occorre aiutare la popolazione africana a camminare con le sue gambe, perché l’aiuto del nord, salvo eccezioni (leggi «missionari»), è troppo interessato a mantenere le diseguaglianze anziché colmarle.
Giorgio Tagliavini
Milano

«Utopia» significa «non luogo»: cioè una realtà o un ideale che non esiste, perché non ha trovato spazio o accoglienza. Ma potrebbe trovarli e, quindi, esistere. Il compito del missionario e delle persone di buona volontà (come Giorgio) è anche questo: passare dall’«utopia» all’«esistenza».
Un passaggio realizzabile, nonostante le difficoltà, anche in Africa. Specialmente se si opera «organizzati» o «in rete», come raccomandiamo da qualche tempo.

Giorgio Tagliavini

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