Finale a più voci – Speciale BRASILE
Voi siete dentro la nostra casa. Siete dentro il cuore del nostro popolo, che è la terra che tutti state calpestando. Questa è terra nostra. Quando voi siete arrivati qui, questa terra era già nostra…
Per questo esigiamo la demarcazione dei nostri territori, il rispetto per le nostre culture, condizioni per la sopravvivenza, educazione, salute… e punizioni dei responsabili delle aggressioni ai popoli indigeni.
Siamo in lutto. Fino a quando? Non vi vergognate di questa memoria che sta nella nostra anima e nel nostro cuore? La racconteremo di nuovo per la giustizia, la terra e la libertà.
Matalawê, indio pataxó
(messa di commemorazione dei 500 anni)
Il grande errore è pensare che il Brasile abbia avuto inizio con la venuta dei portoghesi. Pare che la storia del Brasile sia cominciata nel 1500 e che, prima, ci sia solo preistoria. Purtroppo la storia ufficiale è quella dei vincitori e non dei vinti.
Dal punto di vista della mia fede, lo Spirito del Signore aveva già seminato i valori del vangelo, anche se in forma implicita, nella storia dei popoli indigeni, nelle loro sofferenze e tradizioni religiose. Quando sono arrivati i missionari, con la mentalità di quell’epoca e l’assenza dell’antropologia culturale, che ancora non era nata, essi pensarono di essere di fronte al demonio e distrussero tutto. Ma ora siamo in condizione di dire che in quei valori era già presente lo Spirito del Signore…
mons. Franco Masserdotti
vescovo di Balsas e presidente del Cimi
Nonostante gli aspetti positivi del passato, sono rimasti segni negativi, frutto anche di errori dei cristiani. Senza incolpare i nostri antenati, sentiamo la necessità di chiedere perdono per ciò che è andato contro il vangelo e ha ferito gravemente la dignità umana e molti nostri fratelli e sorelle.
Agli indios furono tolte le terre, la vita e persino la ragione di vivere. Ai neri fu negata la libertà e ostacolata la conservazione della loro cultura e della loro memoria e fino ad oggi non è stata restituita loro la condizione di piena cittadinanza.
Inoltre la situazione di estrema povertà del popolo. Essa ha radici nella storia di esclusione della società brasiliana. La popolazione povera, insieme a indios e neri, è creditrice di un immenso debito sociale, accumulato durante i secoli della formazione del nostro popolo.
Cnbb
(documento dei vescovi brasiliani)
C i sono diversi modi di vedere il fenomeno storico della conquista. Alcuni lo vedono dalle caravelle e per essi tutto è gloria… La prospettiva che io difendo consiste nel vedere il processo dalla spiaggia, integrandolo con quello che è il risultato di questo scontro di civilizzazione, che è culminato in un sincretismo, in una mescolanza di razze e religioni.
Siamo il figlio «non voluto» dell’Europa. Volevano arrivare alle Indie e ci hanno trovato sulla loro strada, accidentalmente. E forse per questo siamo i più ribelli. Siamo una mescolanza di indigeni, neri, asiatici, europei, ma ci sentiamo brasiliani e latinoamericani, non europei.
Leonardo Boff
teologo della liberazione
Indipendentemente dalle ragioni che portarono i portoghesi ad approdare in Brasile e iniziare la colonizzazione-dominazione, il fatto è che abbiamo ricevuto con essi la buona novella di Gesù Cristo.
Da loro ereditiamo un tesoro più grande di quello che portarono via di qui: ereditiamo la fede, il vangelo, l’eucaristia, la salvezza, Nostra Signora. Ed è per questo motivo che dobbiamo celebrare i 500 anni della scoperta, che sono anche 500 anni di evangelizzazione.
mons. José Edson Santana
vescovo di Eunápolis
Non è possibile tracciare il profilo storico del Brasile, senza considerare la presenza della chiesa cattolica. Chi più aiutò a civilizzare le popolazioni indigene che il lavoro missionario? Chi più ha fatto per l’istruzione del popolo che la chiesa? Chi più si è adoperato per la moralizzazione della famiglia, per la pace e la concordia dei cittadini che la stessa chiesa? Come non ricordare la chiesa come colei che ha difeso la dignità umana e i valori culturali dei popoli indigeni presenti in epoca coloniale e la sua tenace opposizione alla schiavitù? Quello che sono oggi i brasiliani lo devono alla generosa dedizione di numerosi cristiani che si sono consacrati alla causa della fede, a volte anche a costo della vita.
card. Angelo Sodano
segretario di stato del Vaticano
L a sfida è la disuguaglianza sociale. Il Brasile ha un’unità territoriale, ma non una condizione di uguaglianza. Nascondere e negare i conflitti interessa ai dominatori, non ai dominati. I conflitti rivelano che c’è insoddisfazione sociale, lotta reale o potenziale e possibilità di mutamento. A chi si avvantaggia del potere non interessa il cambiamento. Il giusto criterio per giudicare i governi e i tempi della storia dovrebbe essere: hanno essi contribuito o meno a superare le disuguaglianze nel paese?
In questi 500 anni il nostro popolo povero ha conquistato il diritto di gridare che ha fame, ma non ha ancora conquistato il diritto di mangiare.
Luis Inacio Lula da Silva
tre volte candidato alla presidenza della repubblica
aa.vv.