Caro direttore,
mi sono domandato tante volte (e sempre con tristezza) perché il cattolicesimo, nel momento dell’attuale giubileo, abbia rinunciato ad utilizzare il tema delle «indulgenze» per ammorbidire il dissidio, ridurre le distanze che lo separano dal protestantesimo e, invece, sia prevalsa la tesi dell’atteggiamento intransigente e vecchia-maniera: debito di colpa, debito di pena, tesoro della chiesa…
Sono concetti che il messaggio di Gesù spazza via «come il vento orientale che squarcia le navi di Tarsis». Ma tant’è! Così è andata persa l’occasione per abbattere un pezzo di muro… Però qualcosa è successo: proprio dal papa ci è venuto un esempio e un monito formidabile.
Io vorrei mandare un pensiero di affetto e un piccolo contributo al tormento di quell’uomo che, tutto solo, contro ogni dubbio e armato soltanto delle sue convinzioni, ha saputo chiedere perdono e dire «mai più». E sia questo, almeno, il mio modo di togliermi il cappello davanti a lui.
Sergio Briatta
Torino
Le parole, oltre che macigni, possono essere pure carezza, sollievo, consolazione. Ad esempio: «indulgenza» (dal latino indulgeo) significa comprensione, clemenza, propensione al perdono, disponibilità a scusare colpe altrui. Tale indulgenza è in «vendita»?
Sergio Briatta