Serbia – dal partito di Tito a quello di dio

M i hanno battezzata di nascosto… La nonna mi ha raccontato che di notte piangevo sempre e dovevano tenermi tra le braccia per farmi dormire. Lo facevano a tui: nonna, nonno, mamma.
Vedendo che la situazione non migliorava, la nonna concluse che mi comportavo così perché i diavoli mi maltrattavano, non avendo ottenuto la protezione di Dio tramite il battesimo. Ma non aveva il coraggio di parlare con suo figlio (mio papà) dei suoi timori, perché egli era un comunista convinto, iscritto al partito. In sua presenza non si poteva parlare di religione o di chiesa. Ma la nonna aveva un piano in testa…
Un giorno, quando papà partì per un viaggio di lavoro, mandò la mamma in città a fare la spesa. Chiamò sua figlia (mia zia), un suo cugino e tutti insieme mi portarono nella chiesa più vicina per il battesimo. Era primavera, ma faceva ancora freddo.
L’anziano prete mi bagnò così tanto con l’acqua, che la nonna si preoccupò che mi ammalassi.
Fecero tutto talmente in fretta che non diedero neanche i dati per iscrivermi nel registro dei battezzati.
Quando tornammo a casa, la mamma non era ancora rientrata e nessuno si accorse di niente. Però quella notte, per la prima volta, io dormii senza piangere. Per la nonna era la conferma che aveva ragione.
Dopo alcuni giorni, quando anche la mamma si accorse del cambiamento (di notte non piangevo più), la nonna raccontò cosa avevamo fatto. Ma decisero di non dire nulla a papà.

D a piccola, prima di andare a scuola, passavo molto tempo in campagna nella casa della nonna. Lei era vedova. Il nonno era morto quando avevo due anni e, da quel giorno, iniziano i miei ricordi.
La nonna mi portava in chiesa quando c’erano le feste del paese; nella bella stagione, perché d’inverno c’era troppa neve ed era molto difficile muoversi. Mi ricordo del cortile profumato e pieno di fiori del monastero, delle suore vestite in nero, di atmosfere festose e solenni. Mi ricordo delle candele che si accendevano per i vivi e i morti e del prete con la barba lunga, che mi faceva un po’ di paura.

N ella scuola elementare eravamo tutti bambini «pionieri di Tito». Per noi Tito era come un padre, un nonno, l’incarnazione di bontà, giustizia e saggezza.
«Il comunista morale» era un libriccino di Marx in cui si parlava di come deve essere un vero comunista. Io lo lessi e lo scelsi a mia guida di comportamento. Ero molto ambiziosa e volevo iscrivermi al partito. Ce la feci: il 7 marzo 1973 fui ammessa nell’organizzazione.
Ricordo che, prima di andare alla riunione, temevo che mi chiedessero delle mie convinzioni religiose. Mi spaventava l’idea di rinnegare Dio, anche se tutta la mia educazione era stata senza religione. Mi avevano insegnato che tutto – la vita presente e futura – è nelle nostre mani, che la vita dura fino alla morte e poi non c’è più nulla. Dall’esistenza si passa all’inesistenza. Chi nella vita crea un’opera significativa, resterà nella memoria dell’umanità finché durerà la sua opera.
Ivo Andric parlava dell’eterno bisogno dell’uomo di lasciare tracce dietro di sé, le tracce della sua esistenza, incapace di accettare il fatto che tutto passa, si disfa, marcisce… Io volevo diventare scrittrice: lasciare ai posteri dei libri come testimonianza della mia esistenza.

M i sono sposata con un italiano, cattolico, non praticante. Volevo sposarmi in chiesa, non per motivi religiosi, ma per il sogno romantico di un lungo vestito bianco e la solennità della cerimonia accompagnata con la musica dell’organo. E anche per superstizione. Ci siamo sposati in comune. Perché mi dissero che avrei dovuto convertirmi al cattolicesimo per sposarmi in una chiesa cattolica. Non era vero, ma allora non lo sapevo. Sapevo solo che non avrei cambiato la mia religione. Quale religione, se non ero religiosa? Mi rivolgevo a Dio solo se ero in difficoltà: lo mettevo alla prova e Lui mi aiutava sempre. Io ero il centro dell’universo e giudicavo ogni cosa secondo la mia convenienza.
C ominciò la guerra civile. Non c’era più la Jugoslavia, ma un enorme fronte, un manicomio, un mattatornio. Volevano sapere se ero serba, croata o bosniaca. Dicevo di essere jugoslava, ma quella nazione non esisteva più. Volevo capire il perché. Ho riletto la storia. Ho cominciato a studiare le religioni delle etnie in conflitto. Ho capito che quella jugoslava non era una guerra di religione. Era, al contrario, una guerra in un paese «ateizzato» e, proprio per questo, facile preda dei signori della guerra. Sono andata alla ricerca della religione cristiana ortodossa, scoprendo che essa fa parte inseparabile della mia identità nazionale.
Mi sono messa in viaggio verso Gesù e Lui mi è venuto incontro. Ho scoperto i doni del vangelo. Ho scoperto il volontariato e la gioia del lavoro gratuito come espressione dell’amore per il prossimo. Ho capito che non sono il centro dell’universo, ma solo un anello nella catena della vita e debbo stare attenta che questo anello non si arrugginisca.

D opo 13 anni di matrimonio, con due bambini già grandi, ci siamo sposati in chiesa con il rito ortodosso. E, come da bambina avevo smesso di piangere dopo essere stata battezzata, così… ho cessato di litigare con mio marito, come prima facevamo. È diventato più semplice educare i figli e risolvere ogni problema.
Per ogni cosa Gesù ha la risposta giusta e un consiglio saggio. Ora andiamo a messa tutte le feste e, in casa, commentiamo le prediche di don Enrico, il nostro parroco.
Una volta al mese ospitiamo padre Milivoj, il prete ortodosso che due volte al mese celebra la liturgia a Vicenza, in una chiesa prestataci per le funzioni religiose dai fratelli cattolici.
Nella nostra regione, il Trentino-Alto Adige, ci sono circa 3.600 serbi; nelle province di Vicenza, Verona e Padova sono oltre 6.000. Il nostro prete è, come l’apostolo Paolo, senza dimora fissa, ospitato dalla sua gente: ci insegna a vivere secondo l’insegnamento di Gesù, a comportarci da veri cristiani. Battezza i non battezzati e celebra i matrimoni; raccomanda di insegnare ai nostri figli lingua, usi e costumi della terra d’origine.

I o cerco di rispettare le regole della mia chiesa per ciò che riguarda digiuno, confessione e comunione; mio marito e i figli seguono le norme cattoliche. Siamo una famiglia ecumenica, e io prego con tutto il cuore che un giorno le nostre chiese si uniscano superando le divergenze dogmatiche.

Snezana petrovic

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