Il dio dei desideri – La chiesa in Asia

Il vangelo ha varcato pure i palazzi imperiali di Cambalùc, cioè Pechino.
Non solo, ma ha raggiunto tutti i paesi dell’Asia. Con grandi difficoltà, numerosi errori e scarsi risultati.
La chiesa in Asia riafferma la scelta dell’uomo, soprattutto se povero,affidandosi alla forza e intuizione
dello Spirito, che soffia come, dove e quando vuole.

UNO SGUARDO AL PASSATO

La storia della chiesa in Asia è antica quanto la chiesa stessa. Infatti è in terra d’Asia che Gesù donò lo Spirito Santo ai suoi discepoli e li inviò sino ai confini della terra, perché proclamassero il vangelo e riunissero le comunità di credenti. «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20, 21). Seguendo il comando del Signore, gli apostoli predicarono ovunque la Parola.
Da Gerusalemme la chiesa si diffuse ad Antiochia, a Roma e oltre, raggiungendo l’Etiopia a sud, la Russia a nord e l’India a est, dove, secondo la tradizione, san Tommaso apostolo giunse nel 52 d.C.
Straordinario fu lo spirito missionario, nel III e IV secolo, della comunità siriana dell’est, avente come centro Edessa. Le comunità ascetiche della Siria rappresentarono una forza fondamentale dell’evangelizzazione in Asia dal III secolo in poi, e foirono l’energia spirituale della chiesa, specialmente durante i tempi di persecuzione. L’Armenia fu la prima nazione ad abbracciare il cristianesimo: essa si sta ora preparando a celebrare il 1700° anniversario del suo battesimo.
Alla fine del V secolo il messaggio cristiano aveva raggiunto i regni arabi, ma per molte ragioni (incluse le divisioni tra i cristiani) non si radicò fra questi popoli.
Mercanti persiani portarono il vangelo in Cina nel V secolo, e la prima chiesa cristiana fu costruita all’inizio del VII secolo. Durante la dinastia t’ang (618-907 d.C.) la chiesa fiorì per circa due secoli. Il declino della vivace chiesa in Cina, alla fine del primo millennio, è uno dei capitoli più tristi nella storia del popolo di Dio nel continente asiatico.
Nel XII secolo la «buona notizia» fu annunciata ai mongoli, ai turchi e, ancora una volta, ai cinesi. Ma il cristianesimo quasi scomparve per diverse cause: l’insorgere dell’islam, l’isolamento geografico, l’assenza di un adattamento alle culture locali e, soprattutto (forse), la mancanza di preparazione ad incontrare le grandi religioni dell’Asia.
Alla fine del XIV secolo si verificò un drammatico ridimensionamento della chiesa in Asia, eccetto nell’India del sud. La chiesa doveva attendere una nuova era missionaria. Le fatiche apostoliche di san Francesco Saverio, la nascita della congregazione di Propaganda Fide e le direttive ai missionari di rispettare e apprezzare le culture locali produssero, nel XVI e XVII secolo, risultati più positivi.
Nel secolo XIX vi fu un risveglio dell’attività missionaria e varie congregazioni religiose si dedicarono a tale compito. Fu riorganizzata Propaganda Fide; fu posto un maggiore accento sull’edificazione delle chiese locali; attività educative e caritative andarono di pari passo con la predicazione del vangelo. La «buona notizia» continuò così a raggiungere un più vasto numero di persone, specialmente tra i poveri e gli svantaggiati, ma anche tra élites sociali e intellettuali. Furono effettuati nuovi tentativi di inculturazione del vangelo, anche se non si rivelarono sufficienti.
Nonostante una plurisecolare presenza e i numerosi sforzi, la chiesa in Asia era considerata straniera e, spesso, associata alle potenze coloniali.
L’IMPULSO DEL vaticano II
Questa era la situazione alla vigilia del Concilio ecumenico Vaticano II. Grazie, tuttavia, all’impulso che esso foì, la chiesa maturò una nuova comprensione della propria missione. E si accese una grande speranza.
L’universalità del piano salvifico di Dio, la natura missionaria della chiesa e la conseguente responsabilità di ogni cristiano costituirono il quadro di riferimento di un impegno rinnovato.
Pur tra difficoltà, oggi la chiesa in Asia è inserita fra popoli che dimostrano un intenso desiderio di Dio e sa che tale desiderio può essere pienamente soddisfatto da Gesù Cristo, parola di Dio per tutte le nazioni. I padri del Sinodo per l’Asia hanno auspicato che si focalizzasse questo aspetto e si incoraggiasse la chiesa a proclamare con vigore, in parole e opere, che Gesù Cristo è il salvatore.
Lo spirito di Dio, sempre all’opera nella storia della chiesa in Asia, continua a guidarla. I tanti elementi positivi delle chiese locali rafforzano la speranza di una «nuova primavera di vita cristiana».
Solida ragione di speranza è l’incremento di laici maggiormente formati ed entusiasti, più coscienti della propria vocazione nella comunità ecclesiale. Fra questi va reso omaggio ai catechisti. Inoltre i movimenti apostolici e carismatici sono un dono dello spirito, poiché infondono nuovo vigore nella formazione delle famiglie e della gioventù.
Infine le associazioni ecclesiali, che si impegnano nella promozione della dignità umana e della giustizia, rendono tangibile l’universalità del messaggio evangelico della comune adozione a figli di Dio (Cfr. Rm 8, 15-16).
SETE DI «ACQUA VIVA»
In Asia continua il dialogo d’amore tra Dio e l’uomo, preparato dallo Spirito Santo e realizzatosi nel mistero di Cristo. In questo i vescovi, i sacerdoti, i consacrati e i laici hanno un ruolo essenziale da svolgere, memori delle parole di Gesù: «Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni a Gerusalemme… fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8).
La chiesa è convinta che nel cuore degli uomini, delle culture e religioni dell’Asia vi sia sete di «acqua viva» (Cfr. Gv 4, 10-15), che lo Spirito stesso suscita e che solo Gesù salvatore potrà pienamente saziare.
Guidata dallo Spirito nella missione di servizio e amore, la chiesa può offrire un incontro fra Gesù Cristo e i popoli alla ricerca della pienezza della vita. Solo in tale incontro può essere trovata l’«acqua viva», cioè la conoscenza dell’unico vero Dio e del suo inviato, Gesù Cristo.
Nelle complesse realtà dell’Asia, la chiesa sa di dover disceere la chiamata dello Spirito a testimoniare Gesù salvatore in modi nuovi ed efficaci. La piena verità di Gesù e della salvezza, da Lui ottenuta per noi, è sempre un dono e mai il risultato di uno sforzo umano. «Lo Spirito ci attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8, 16-17).
Perciò la chiesa grida incessantemente: «Vieni, Santo Spirito! Invadi i cuori dei tuoi fedeli e accendi il fuoco del tuo amore!».
Con tale sentimento, i padri del Sinodo hanno individuato le principali sfide missionarie che la chiesa deve affrontare in Asia, mentre varca la soglia del terzo millennio.
L’UOMO SOPRATTUTTO
Gli uomini e le donne, non la ricchezza o la tecnologia, sono gli agenti primari e i destinatari dello sviluppo.
Pertanto il progresso che la chiesa promuove va al di là delle questioni economiche: inizia e termina con l’integrità della persona, creata ad immagine di Dio e dotata di dignità e diritti inalienabili.
Le diverse dichiarazioni inteazionali sui diritti umani e le molte iniziative da esse ispirate sono segno di una crescente attenzione a livello mondiale alla dignità della persona. Spesso, però, tali dichiarazioni sono violate nella pratica. A 50 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, molte persone sono ancora soggette a degradanti forme di sfruttamento e manipolazione, che le riducono a vere schiavitù in balìa dei più potenti, di ideologie, del potere economico, di sistemi oppressivi, della tecnocrazia scientifica o dell’invadenza dei mass media.
I padri del Sinodo sono apparsi ben coscienti della violazione dei diritti umani in tante parti del mondo; in modo particolare in Asia, dove decine di milioni di persone soffrono discriminazione, sfruttamento e povertà. Essi hanno espresso la necessità che tutto il popolo di Dio giunga alla consapevolezza della sfida inevitabile e irrinunciabile, connessa con la difesa dei diritti umani e la promozione della giustizia e della pace.
preferenza per i poveri
Nella ricerca della promozione della dignità umana, la chiesa dimostra un amore preferenziale per i poveri e senza-voce, perché il Signore si è identificato con loro in modo speciale (Cfr. Mt 25, 40). Tale amore non esclude alcuno, ma incarna una priorità di servizio testimoniata dalla tradizione cristiana.
È una caritas che abbraccia folle di affamati, mendicanti, senzatetto, privi di assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore: non si può non prendere atto di tali realtà. L’ignorarle significherebbe assimilarci al ricco epulone, che fingeva di non conoscere Lazzaro, il mendico fuori della sua porta (Cfr. Lc 16, 19-31).
Ciò è particolarmente vero in Asia, continente con abbondanti risorse e grandi civiltà, ma dove si possono trovare nazioni misere e dove oltre la metà della popolazione soffre privazioni e sfruttamento.
I poveri trovano le migliori ragioni di speranza nel comandamento di amarsi «come Cristo ci ha amati». Ma la chiesa non può non sforzarsi di adempiere, in parole e opere, il comando del Signore nei confronti dei bisognosi.
la globalizzazione
I padri del Sinodo hanno riconosciuto l’importanza della globalizzazione economica nel considerare la promozione umana in Asia.
Pur riconoscendo gli aspetti positivi della globalizzazione, hanno anche rilevato che essa si è risolta a svantaggio dei poveri per l’intrinseca tendenza a spingere le nazioni più deboli ai margini dei rapporti inteazionali di carattere economico e politico. Molti paesi asiatici non sono in grado di inserirsi in una economia globale di mercato.
Forse ancora più significativa è la globalizzazione culturale, oggi possibile con i mezzi di comunicazione: essa sta rapidamente attirando le società asiatiche in una cultura consumistica e materialistica. Ne risulta l’erosione della famiglia tradizionale e dei valori sociali che finora hanno sostenuto popoli e società.
Tutto questo rende evidente che gli aspetti etici e morali della globalizzazione devono essere affrontati dai capi delle nazioni e dalle organizzazioni coinvolte nella promozione umana.
La chiesa insiste sulla necessità di una globalizzazione senza marginalizzazione. I padri del Sinodo hanno invitato tutte le chiese, specialmente quelle dell’occidente, a far sì che la dottrina sociale della chiesa abbia il dovuto impatto nella formulazione delle norme etiche e giuridiche che regolano il mercato mondiale e i mezzi di comunicazione sociale. I leader e professionisti cattolici dovrebbero spronare le istituzioni governative e inteazionali della finanza e del commercio a rispettare tali norme.
L’antico Israele insisteva sull’inscindibile legame tra l’adorazione di Dio e la cura del debole, rappresentato da vedove, stranieri, orfani (Cfr. Es 22, 21-22): le categorie più esposte alla minaccia dell’ingiustizia. Negli ammonimenti dei padri sinodali si odono i profeti biblici: Dio vuole «l’amore e non il sacrificio». E Gesù fece sue tali parole (Cfr. Mt 9, 13).
L’appello del Sinodo per lo sviluppo e la giustizia è nello stesso tempo antico e nuovo: è antico, perché sorge dalle profondità della tradizione cristiana; è nuovo, perché tocca la situazione di moltissime persone oggi.
IL CORO DEI TESTIMONI
I programmi di formazione e le strategie sono fondamentali nella missione. Ma, alla resa dei conti, è il martirio che rivela l’essenza profonda del messaggio cristiano. La parola «martire» significa testimone, e quanti hanno sparso il proprio sangue per Cristo hanno dato la testimonianza estrema all’autentico valore del vangelo.
Nella bolla di indizione del giubileo del 2000, Incaationis mysterium, il papa scrive: «Dal punto di vista psicologico, il martirio è la prova più eloquente della verità della fede, che sa dare un volto umano anche alla più violenta delle morti e manifesta la sua bellezza anche nelle più atroci persecuzioni».
L’Asia, lungo i secoli, ha dato alla chiesa e al mondo un grande numero di martiri della fede. Da tanti angoli del continente si innalza il canto: Te martyrum candidatus laudat exercitus (Ti loda la candida schiera dei martiri). È questo il grido giornioso di quanti sono morti per Cristo nei primi secoli, come pure nei tempi recenti: Paolo Miki, Lorenzo Ruiz, Andrea Dung Lac, Andrea Kim Taegôn e tutti i loro compagni.
Come i «testimoni» di ieri, i cristiani d’oggi sono chiamati a proclamare, sempre e ovunque, niente altro che la potenza della croce del Signore.

Francesco Beardi

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