Una vita di pura sopravvivenza
Corruzione diffusa, prostituzione,
sfruttamento minorile, soldi di provenienza ambigua.
Nel paese asiatico il disordine sociale
ed economico regna sovrano.
Favorendo una esigua minoranza di cambogiani
e di compagnie straniere.
Il nonno di Tung era monaco buddista. A 25 anni lasciò il convento, si sposò ed ebbe 14 figli da 3 mogli. Il padre di Tung si chiama Vech Savey, (Vech vuol dire monaco). Nel 1974, durante il regime di Pol Pot, mentre serviva nell’aviazione cambogiana come paracadutista, venne a sapere delle purghe e delle deportazioni. Fu così che riuscì a portare in salvo la famiglia.
Lasciarono la casa di Siem Reap su di un carro trainato da buoi, carico di bambini, vecchi, riso e masserizie. Dovevano raggiungere le aree più remote del nord est, per mettersi in salvo. Durante il viaggio, che durò più di tre mesi, si nutrirono di quello che potevano cacciare con trappole, arco e frecce. Cinghiali, orsi, cervi, ma anche topi, lucertole, rane e serpenti. Tung allora era bambino, ora è un giovane fortunato, che ha potuto studiare un poco d’inglese a Phnom Phen, anche se per pochi mesi. La vita è cara, nella capitale, per un ragazzo di campagna.
La Cambogia ha molte ricchezze, che non sono solo minerali, pietre preziose, petrolio. Uno splendido passato ha lasciato templi affascinanti. Il complesso di Angkor, al centro di una zona fertile e ricca d’acqua, rappresentava il centro spirituale e temporale del regno khmer dal IX al XIV secolo. Dalla foresta tropicale emergono i grandiosi edifici sacri, costruiti idealmente intorno al mitico monte Meru, dimora degli dei nell’olimpo hindu. Avvolti da una densa vegetazione, sono circondati da bacini d’acqua che simboleggiano l’oceano. Rampicanti e liane filtrano la luce del giorno, creando effetti fantastici nei corridoi e nei cortili ingombri di pietre e fregi spezzati .
In questo contesto che affascina i visitatori (i quali oggi arrivano più numerosi di un tempo) si è organizzata una «corte dei miracoli», che fa urlare di sdegno. Hanno raccolto le mostruosità della guerra e dei campi minati per sfruttarle. Vittime di terribili amputazioni, storpi e ciechi con le orbite vuote e trafitte, vengono sistemati la mattina davanti ai sontuosi portici di pietra grigia, lungo i camminamenti che attraversano le vasche sacre, accanto agli splendidi, lugubri templi khmer. Uno spettacolo atroce, fatto per commuovere.
Fuori, seminascosti dai cespugli di bambù e dalle palme, ci sono loro, i banditi con le grosse moto. Controllano costantemente la raccolta di offerte e denaro, foendo di bibite, cartoline e sciarpe uno stuolo di bambini, che hanno il compito di avvicinare, circondare e intenerire i visitatori. Aspettano fino a sera, poi se li portano via, i loro schiavi, chi sa dove, fino al giorno dopo.
Poi ci sono i bambini in vendita. Li ho incontrati nei templi più remoti, quelli che sembrano lottare contro una natura troppo forte, che li abbraccia e li stritola. Ci aspettavano. Ci guardavano e ci seguivano, con occhi già vecchi, tra le pietre coperte di muschio. Sono i bambini che non vendono sciarpine colorate. Vendono se stessi. Li hanno anche intervistati, e chi ha visto alla televisione quel filmato e ha udito i racconti ingenui e precisi di cosa fanno con gli stranieri di passaggio, ne è rimasto sconvolto.
Piove molto in Cambogia, tutto l’anno. A volte sono scrosci fortissimi, che lasciano pozze d’acqua e di fango. A volte è una pioggia fine, leggera. L’umidità è forte. La terra è satura d’acqua, specialmente in autunno, quando il grande lago riceve le acque lontane del Mekong in piena e si allarga invadendo le campagne. Nella stagione secca si ritirerà, a un quinto della sua grandezza. Quello che era forse il bacino interno più ricco di pesce al mondo, che alimentava l’esportazione e dava cibo e proteine alla gente, ora sta morendo. In questi lunghi anni di guerra sono state gettate nelle acque del lago Tonle Sap armi chimiche e sostanze velenose. L’hanno fatto per annientare la popolazione?
Qui vivono anche molti vietnamiti. Sono stranieri, odiati, perché nemici da sempre. Non hanno diritto alla terra: quindi vivono sulle loro misere barche, dove coltivano ortaggi e cercano di allevare pesci in rudimentali gabbie di legno. La Cambogia è fertile e poco abitata, e loro sono rimasti dopo l’invasione.
Qui arrivano anche le ragazze, quelle più carine, reclutate nei villaggi vietnamiti. Sono loro le prostitute disponibili in tutti gli alberghi.
Alcuni dei progetti miliardari di alberghi si sono ridimensionati. I flussi turistici non sono ancora adeguatamente forti: restano le strutture di cemento vuote, nelle vie fangose. Una misera tendopoli, fatta di teli di plastica azzurra tirati da corde, è sorta accanto a un cantiere, unico riparo per decine di profughi. I pullman di turisti indifferenti e ciechi vi passano accanto, per poi fermarsi nel negozio di pietre preziose poco lontano. A causa delle condizioni disumane in cui vivono, i profughi sono vittime di Tbc, lebbra, Aids e altro. Vengono dal confine con la Tailandia, dove dicono che i ribelli khmer siano ancora attivi, dove in realtà si cerca di far sgombrare tutta la popolazione. Quelli sono i territori più ricchi di risorse, che devono venire sfruttate senza lasciare nulla al popolo.
Sono passati quasi 5 anni dalla mia prima visita. Sorita, una bella signora in costume tradizionale, era stata la mia guida. Ricordo che non aveva voluto entrare a Tuol Sleng, l’ex liceo trasformato dai khmer rossi nel centro di torture S-21 e oggi museo dove sono conservate le testimonianze delle torture e dei massacri perpetrati dal 1975 al ’79: il ricordo e il dolore erano troppo recenti.
Durante il regime di Pol Pot, Sorita perse 38 dei suoi familiari, intellettuali imparentati con la famiglia reale. Quando i khmer rossi ordinarono a tutta la popolazione della capitale di evacuare la città, la famiglia di Sorita fu deportata nelle campagne per i lavori forzati. A quei tempi, Phnom Penh era passata da 500 mila a quasi 2 milioni di abitanti, a causa dei profughi fuggiti dal Vietnam.
Centinaia di migliaia di persone furono buttate sulla strada, tutte insieme, con poche cose prelevate da casa all’ultimo momento. Fu un esodo lento e terribile, a piedi, nel fango, vecchi, donne e bambini. Chi si ribellava veniva ucciso. Chi non poteva dimostrare di avere origini umili veniva eliminato.
Sorita dovette lavorare giorno e notte nei campi sorvegliati dai khmer. Lei così miope senza gli occhiali, distrutti perché pericoloso segno di cultura. Poi venne il giorno delle «nozze» di gruppo. I giovani in età di matrimonio furono convocati e a ciascuno fu abbinato una compagna. Naturalmente ci fu anche il controllo, affinché l’unione fosse effettivamente consumata.
Sorita fu fortunata. Il giovane con cui fu accoppiata era un medico che aveva finto di essere meccanico di biciclette. Nacquero 3 figli che cementarono quell’unione con l’amore. Non tutti ebbero la stessa fortuna.
Già 5 anni fa mi avevano colpito i bambini. Ci guardavano silenziosi, assorti, senza un sorriso. Anche nella miseria, in tutto il mondo i bambini giocano, ridono e ti sorridono. Sono loro il futuro di un paese. Oggi i piccoli cambogiani sanno sorridere, ma in modo ambiguo. Tendono la mano, chiedono, sono già «corrotti». E tanto più poveri e disperati.
Allora la capitale Phnom Phen era percorsa da un frenetico attivismo commerciale e di ricostruzione, segno evidente della voglia di risorgere dalle macerie della guerra. Oggi per la maggior parte degli abitanti, arrivati dalle campagne in cerca di una vita migliore, la situazione è sempre la stessa: case fatiscenti, alveari di cemento che danno su vicoli fangosi. Allora si sperava, c’era da ricostruire un paese. Sapevo che anche i salesiani erano stati chiamati a dare una mano, per le scuole.
Ora il paese si presenta in uno stato di disordine morale, economico, sociale. Ci sono molti traffici, operatori stranieri che cercano di fare affari in un paese allo sbando, con un re vecchio e balordo, e un primo ministro (Hun Sen) coinvolto in scandali e corruzione. Una corruzione che impedisce lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni di vita della gente.
L’albergo che ci ospita nella capitale, di proprietà straniera, è nuovissimo, di un lusso incredibile, ma vuoto. Si può contrattare il prezzo di una stanza, che risulta poi ben inferiore a quello di listino. Sono investimenti fatti con denaro di provenienza ambigua. Si parla dei signori della droga o di militari, che in questi paesi hanno le redini del potere.
La guerra è finita? Non credo. Ci sono altre battaglie che andrebbero combattute, ma qui chi comanda sono i banditi e la gente rimane sola, povera e ignorante. Da anni si dice che la Cambogia soccomberà un giorno, stretta tra due potenze aggressive: la forte Thailandia e il Vietnam, affamato di terra per i suoi 75 milioni di cittadini.
Claudia Caramanti