Kazakistan: LA GRAZIA DELL’OSPITALITÀ E DELLA BENEDIZIONE

4 marzo 2020


L’inizio della nostra presenza in Kazakistan l’abbiamo vissuta all’insegna della benedizione e dell’ospitalità. Siamo arrivate all’eroporto di Almaty alle 00:50 del 29 di febbraio. Eravamo partite dall’Italia con la convinzione di dover fare la “quarantena” a causa del coronavirus ed eravamo disposte a farla pur di partire per la missione tanto attesa nel cuore. Invece abbiamo superato tutti i controlli! Abbiamo sentito la forza della preghiera delle nostre consorelle e la benedizione ricevuta nella Santa Messa celebrata prima della partenza, alle 3 del mattino da P. Germán Arana, SJ, nella cappella di Nepi, accompagnata dalla Direzione generale, dalla comunità del Kirghizistan e da altre sorelle in Nepi.

All’arrivo ci attendevano due sacerdoti della diocesi di Almaty Don Szymon Grzywinski, polacco, e Don Gregorio Perez, spagnolo, tutti e due abitano nella parrocchia di Kapchagay, che dista circa 70 km da Almaty. I primi giorni vivremo a Kapchagay fino a quando procureremo ciò che è necessario per preparare la nostra casa in Janashar.

Sabato 29 di febbraio, il giorno in cui siamo arrivate, è una data cara per la Chiesa in Kazakistan. Si commemorano i 25 anni della consacrazione dell’Asia Centrale alla Beata Vergine Maria, Regina della Pace e patrona del Kazakistan. Per noi figlie della Consolata è stato un segno di conferma della sua presenza e della chiamata come famiglia religiosa in mezzo a questo caro popolo.

Alla sera ci siamo unite alla comunità cristiana di Kapchagay, una trentina di persone, la maggioranza bambini, per la preghiera del rosario e per la celebrazione eucaristica, la prima in terra kazaka, in un clima fortemente mariano. Alle 20.30 abbiamo pregato ancora con la comunità cristiana, la coroncina della misericordia e ricevuto la benedizione personale con il Santissimo, segno della vicinanza del Signore ad ogni persona. Ci ha toccato profondamente come questa ricorrenza fosse celebrata proprio nel giorno dell’inizio della nostra presenza come Istituto tra il popolo kazako. Veramente il Signore e la Consolata ci hanno preceduto, accolto e benedetto.

Domenica abbiamo raggiunto la nostra comunità cristiana di Janashar, insieme a Don Szymon, il parroco, e al vescovo della Diocesi di Almaty, Mons. Josè Luis Mumbiela Sierra. Ad attenderci c’era una comunità cristiana di una ventina di persone con la quale abbiamo celebrato l’Eucaristia. Lì il vescovo ci ha introdotto alla comunità e ci ha fatto vedere quale sarà la nostra casa, un appartamento al primo piano, sopra ad un ambiente preparato per le attività parrocchiali. Alla Messa è seguito un momento fraterno con dei cibi tipici del posto.

Al pomeriggio con Don Szymon siamo andate a Nura, dove abbiamo celebrato l’Eucarestia nella casa di una famiglia, insieme ad una ventina di persone. Qui ci hanno invitato a cantare e abbiamo intonato un canto in Swahili “E Mama Bikira Maria Consolata”.

Abbiamo incontrato un popolo molto accogliente e generoso. La nonna che ci ha ospitato nella sua casa si preoccupava che avessimo il nostro piatto sempre pieno di ogni bene, che avevano preparato per noi.

Ci chiederete come comunichiamo. Abbiamo studiato un po’ di russo prima della partenza, ma in questo momento sperimentiamo, come tutti i missionari, una bella confusione. Con qualcuno parliamo un po’ di spagnolo, con un altro un po’ d’inglese, con un altro un po’ d’italiano e pratichiamo le nostre piccole frasi in russo. Ci anima però l’ospitalità e l’accoglienza calda del popolo kazako e della piccola presenza della Chiesa, un dono immenso per noi tutte, in questo nuovo inizio.

Grazie di vero cuore per la vicinanza e la preghiera con cui ci accompagnate e i tanti messaggi che ci avete fatto pervenire!!!

Sr Adriana, Sr Claudia, Sr Luisa, Sr Zipporah




Missionarie della Consolata Operazione Ki.Ka.

testo di Ivana Cavallo, foro MdC |


Il 6 gennaio, solennità dell’Epifania del Signore, nella casa generalizia delle suore missionarie della Consolata in Nepi (Viterbo), le otto sorelle destinate alle nuove missioni del Kirghizistan e del Kazakistan hanno ricevuto il mandato missionario dal cardinale João Braz de Aviz.

«Il vostro andare è segno che la Chiesa è viva. Grazie per il vostro coraggio come Istituto, che va gratuitamente senza aspettare niente in cambio». Così il cardinale Braz de Aviz, prefetto della «Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica», si è espresso nell’omelia della celebrazione eucaristica nella quale abbiamo ricevuto il nostro mandato per le nuove aperture missionarie in Asia (vedi MC 11/2019, p. 16).

L’essere inviate ci ricorda che non andiamo a titolo personale, ma a nome della Chiesa e dell’Istituto, per una missione affidataci. È un dono grande quello che ci è stato consegnato: andare e annunciare il Vangelo al popolo Kazako e Kirghizo, ma è anche una responsabilità. Essere per loro quella stella che porta a conoscere Gesù, guidata dallo Spirito Santo e che si fa presente nella semplicità, nella vicinanza, nel rispetto e con tanta delicatezza, come la Consolata, di cui abbiamo ricevuto l’icona. Sì, perché, proprio come ci ricorda la festa dell’Epifania, Lui è venuto per tutti i popoli, e culture.

Tutte noi abbiamo vissuto questo momento con grande gioia e speranza, sia per la forza spirituale ricevuta, sia perché ci siamo sentite accompagnate con tanta preghiera da tutte le nostre sorelle, familiari e amici, e anche perché ci siamo sentite inviate come comunità. Non andiamo come singole, ma insieme, da sorelle con età, culture ed esperienze missionarie diverse, chiamate a dare testimonianza del nostro stare insieme con e per il Signore. «Attive nel bene, perché abbiamo ricevuto la vita non per sotterrarla, ma per metterla in gioco; non per trattenerla, ma per donarla», come ci ha ricordato papa Francesco nell’omelia della celebrazione dei vespri per l’inizio del mese missionario straordinario dello scorso ottobre.

KiKa2020, mandato alle otto sorelle MdC in partenza per Kirzighistan e Kazakistan

Stupore e meraviglia

le sorelle MdC in partenza per il Kirzighistan

Essere questo segno della Chiesa viva partendo per l’Asia Centrale, ha suscitato e suscita molte domande e perplessità in molti, ma anche tanta ammirazione e stupore. Ecco le domande e le espressioni più frequenti rivolte a noi partenti:
«Ma dove si trovano questi paesi? Mai sentiti nominare! Perché andate proprio là?».
«Ma c’è ancora bisogno di evangelizzare?».
«Che coraggio! Ma siete matte, siete così poche suore! E perché andare in paesi di maggioranza musulmana? Non avete paura?».
«Abbiamo tanto bisogno di suore anche qui, perché andate così lontano?».
«Ma come, ve la sentite davvero di imparare una lingua così difficile come il russo?».
«Vi assicuriamo la nostra preghiera, ne avrete bisogno!».
«Siete davvero felici di andare?». E tante altre ancora.

Per noi, come sorelle e come Istituto, è chiaro il motivo del nostro andare, è insito nella nostra identità più profonda e carismatica, nella nostra chiamata. Con san Paolo anche noi diciamo: «Non è un vanto per me predicare il Vangelo, è un dovere: guai se non predicassi il Vangelo» (1Cor 9.16).

Come missionarie ad gentes siamo chiamate ad andare verso gruppi e ambienti non cristiani dov’è assente o insufficiente l’annuncio evangelico e la presenza ecclesiale, non per fare proselitismo, ma per dare testimonianza di Gesù Cristo, come ci ricorda spesso papa Francesco: «È vivere la fede, è parlarne con mitezza, con amore, senza voglia di convincere nessuno, ma gratuitamente. È dare gratis quello che Dio gratis ha dato a me: questo è evangelizzare».

KiKa2020, mandato alle otto sorelle MdC in partenza per Kirzighistan e Kazakistan

Pronte alle sfide aiutate dalla vostra preghiera

Le sorelle MdC in partenza per il Kazakistan

Sfide sicuramente ce ne saranno e anche tante, una tra tutte è la lingua non facile, per cui ringraziamo chi ci sostiene e accompagna con la preghiera. Ma queste sfide e le incognite non ci tolgono la gioia di voler vivere la nostra missione tra quei popoli. Lì è il nostro posto, perché lì ci ha pensate e ci vuole il Signore, e se rimaniamo unite a Lui, Lui stesso darà la forza e il coraggio non solo di partire, ma di stare, accogliendo le gioie e le fatiche, i successi e anche gli insuccessi,

«Allora, quando andrete?», ci domandano ancora. La data di partenza non dipende da noi, ma da quando riceveremo i visti dai due paesi.

Quando voi leggerete queste righe noi speriamo proprio di essere già arrivate là per celebrare la nostra prima Pasqua in quelle terre.

Ivana Cavallo
missionaria della Consolata

 


Ultimo minuto:

arrivate in Kazakistan le prime 4 missionarie
ci uniamo alla loro gioia e nel ringraziamento al Signore e alla Consolata.

Nepi, 29 febbraio 2020

Carissime Sorelle ieri 28 febbraio sono partite verso il Kazakistan le nostre quattro Sorelle: sr Adriana, sr Claudia, sr Luisa e sr Zipporah. Oggi abbiamo ricevuto un messaggio da Padre Carlos Lahoz, sacerdote amministratore della diocesi di Almaty. E sono buone notizie che desideriamo condividere con tutte voi, che con amore e preghiera state accompagnando questo nuovo cammino dell’Istituto in Asia.

Ecco, lui dice così dirigendosi a sr Cecilia Pedroza S. in un messaggio whatsApp, accompagnato da questa foto:

“Buongiorno! Non dovranno fare la quarantena. E sono arrivate bene, sono a Kapchigai. Questi tre sacerdoti [che sono nella foto] abitano a Kapchigai: due polacchi e un spagnolo. E grazie a voi, che fate tanto per il Signore! Vi aspettiamo anche a voi, che volevate venire insieme con loro. Quando Dio vorrà”.

In questo nuovo inizio missionario continuiamo ad affidare queste nostre Sorelle all’amore della Consolata, rileggendo quanto la nostra Direzione generale scrisse nella lettera del 25 dicembre 2018:

“Davvero, Sorelle, la Consolata stende il suo manto, la sua capulana, la sua kanga, il suo aguayo, il suo sarong su di noi, sul corpo dell’Istituto, sua creatura, attirandoci a Lei, nel suo grembo, in una azione di rigenerazione che ci purifica, ci riporta all’essenziale, sollecita in noi la comunione, il percepirci e viverci sempre di più come unico corpo, al di là di ogni confine geografico, culturale, generazionale, situazionale”.

E come unico corpo preghiamo con fede per le nostre Sorelle in Kazakistan:
Proteggi Padre, la tua Famiglia e mantieni in essa il tuo spirito!”

dalla direzione generale della Missionarie della Consolata




Kirghizistan e Kazakistan: Una Chiesa «in germoglio»

Testo di suor Dalmazia Colombo – foto Missionarie della Consolata |


Il 2020 sarà un anno di grazia per le missionarie della Consolata perché si apriranno per loro gli immensi orizzonti dell’Asia centrale. Ben otto missionarie dall’Africa, dall’America e dall’Europa andranno a testimoniare il Vangelo in due paesi a maggioranza musulmana, il Kazakistan e il Kirghizistan, dove gli Ortodossi sono circa il 20% della popolazione e i Cattolici un’esigua minoranza.

Per quanto sembri scontato, il punto sta qui: noi siamo «per i non cristiani». Questo è il nostro carisma, il nostro dono specifico a tutta la Chiesa.

Quando il nostro Istituto fu fondato dal beato Giuseppe Allamano nel 1910, fu ai non cristiani africani che egli inviò le sue prime missionarie. Il gruppo, formato da tredici sorelle, partì per il Kenya nel 1913.

Al Kenya, nel corso degli anni si aggiunsero Tanzania, Etiopia, Somalia, Mozambico, Togo, Liberia, Guinea Bissau, Libia e Gibuti (dove siamo ancora oggi, eccetto Somalia e Togo).

Dopo la Seconda guerra mondiale l’Istituto si aprì all’America inviando missionarie in Brasile, Colombia, Argentina, Usa, Venezuela, Bolivia, paesi dove si continua a mantenere viva l’attenzione verso i non cristiani, presenti specialmente nelle periferie e fra le minoranze etniche, in zone povere e isolate.

In tutti questi paesi, le missionarie della Consolata, con le loro molteplici attività, hanno contribuito alla fondazione e/o al consolidamento delle Chiese locali, fino a sentire, in alcuni casi, esaurita la loro opera di prima evangelizzazione. Allora, è diventata prassi lasciare le parrocchie e le opere ben avviate ad altre forze apostoliche e spingersi verso nuovi orizzonti, finché, negli anni ‘90 lo sguardo ha cominciato a posarsi sull’Asia, il continente con la minore percentuale cristiana di tutto il mondo. Tale sguardo si è fermato allora sulla Mongolia.

La Mongolia

Il progetto di vita missionaria nella piccola porzione di Chiesa già presente in Mongolia (114 battezzati nel 2002, ndr) è stato elaborato in sintonia con gli elementi che i due istituti, i missionari e le missionarie della Consolata, hanno al centro del loro carisma: essere testimoni della presenza di Dio in mezzo ai poveri, divenire pellegrini che camminano con la gente, apprezzandone i valori, e dialogare con gli appartenenti alle grandi religioni.

I missionari e le missionarie della Consolata hanno raggiunto la Mongolia il 27 luglio 2003, stabilendosi nella capitale Ulaanbaatar, per imparare la lingua e penetrare nel tessuto sociale culturale e religioso del popolo, per conoscere la realtà e i bisogni della gente mediante la vicinanza, il dialogo e l’amicizia.

Il 19 settembre 2006 è stata aperta una nuova missione ad Arvaiheer, distante 420 chilometri dalla capitale. «Qui i missionari – racconta con emozione suor Gertrudes Vitorino, mozambicana, che faceva parte del gruppo – provarono l’emozione e la gioia di pronunciare il nome di Gesù e di annunciarlo in mezzo a un popolo, di religione buddista, che non aveva mai sentito parlare di Lui».

Oggi in Mongolia i cristiani sono quasi un migliaio e ad Arvaiheer si è formata una piccola comunità con 30 battezzati.

Se dai frutti si conosce la bontà dell’albero, viene spontaneo comparare lo stile di missione scelto in Mongolia a un albero buono, che ha dato frutti buoni: semplicità di vita e accoglienza, intensa preghiera, realizzazione di piccoli, ma significativi, progetti, come le docce calde pubbliche, la scuola materna informale, il doposcuola e il cammino di cura per alcolisti.

Nuove presenze in Asia

Nel 2011 la decima assemblea capitolare delle missionarie della Consolata – suprema autorità collegiale dell’Istituto -, che aveva come motto «Sospinte dallo Spirito consolatore», invitò tutte le missionarie a «lasciarsi sfidare da nuovi orizzonti missionari con lo zelo e la disponibilità delle prime sorelle». Dopo riflessioni e approfondimenti si arrivò alla decisione di studiare la possibilità di aprire nuove presenze in Asia tenendo conto di alcuni criteri:

  • L’Asia è il futuro della missione (Redemptoris Missio, N. 91).
  • Noi siamo per i non cristiani (Costituzioni MdC, art. 3).
  • La necessità di sostenere e rafforzare le poche presenze religiose in Asia.

Perché in Kirghizistan e in Kazakistan?

In fedeltà alla metodologia del fondatore, che inviò i suoi in Kenya dopo una lunga e accurata ricerca sulla possibilità di realizzare il fine dell’Istituto di «annunciare il Vangelo ai non cristiani», iniziò il cammino di raccolta di informazioni per capire dove si sarebbe potuta avviare una nostra nuova presenza in Asia.

Nelle ricerche vennero coinvolti mons. Savio Hon Thai Fai, segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e membri di altri istituti missionari già presenti in Asia.

Su consiglio di questi esperti, furono fatte ricerche in Cina, Indonesia, Bangladesh, Thailandia, Kazakistan, Kirghizistan. Nel corso del cammino, alla luce dei criteri che erano stati posti alla base della ricerca, la rosa dei paesi candidati andò assottigliandosi lasciando sul campo il Kazakistan e il Kirghizistan.

I viaggi di esplorazione

Due consigliere generali, suor Cecilia Pedroza e suor Lucia Bortolomasi, quest’ultima già missionaria in Mongolia, visitarono diverse volte le due ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Lì presero contatti con le autorità religiose e con alcuni gruppi di persone vicine alla piccola realtà di cattolici presenti in quei paesi, e valutarono che sarebbe stato possibile avviare nuove presenze secondo i criteri proposti dal Capitolo generale del 2011 e confermati nel Capitolo generale del 2017.

Filmati, power point, foto, relazioni sulle ricerche fatte furono presentati più volte a tutto l’Istituto rafforzando e confermando, da parte di tutte le missionarie, la bontà della scelta di avviare, entro il 2020, nuove presenze consolatine in Asia centrale.

Dove andremo?

Il 2 febbraio 2019 la direzione generale ha comunicato i nomi delle sorelle che partiranno nel 2020: quattro per il Kazakistan e quattro per il Kirghizistan. Sono le veterane Adriana Medina e Claudia Graciela dalla Colombia, Ivana Cavallo da Boves, Cuneo, Judith Kitoti dal Tanzania, Luisa Felipe Munguambe dal Mozambico, e le «esordienti» Adanech Mitiku Shawo dall’Etiopia, Hellen Njoki Waithera e Zippoorah Wanjiku Mwaniki dal Kenya.

L’11 marzo 2019, pochi giorni dopo l’incontro a Roma con mons. Josè Luis Mumbiela Sierra, vescovo di Almaty (Kazakistan), e padre Anthony Corcoran, gesuita e amministratore apostolico del Kirghizistan, in visita ad limina dal papa insieme ad altri otto vescovi e amministratori apostolici dell’Asia centrale, la direzione generale ha comunicato i luoghi nei quali si avvieranno le due comunità.

  • In Kazakistan, nella diocesi di Almaty, a Janashar, un paese a circa 40 chilometri dalla città più popolosa del paese, dove esiste una piccola comunità cristiana e la diocesi ha costruito la casa dove le missionarie potranno abitare, con l’aggiunta di alcuni locali per attività ancora da definire.
  • In Kirghizistan, nell’unica amministrazione apostolica, la comunità sarà a Dzalal Abad, una cittadina nella zona Sudoccidentale del paese, a 600 chilometri dalla capitale Biškek, ma relativamente vicina a Janashar.

Il 1° ottobre 2019, due delle sorelle partenti, Adriana Medina e Judith Kitoti, hanno ricevuto il mandato missionario da papa Francesco nella semplice cerimonia che ha segnato l’inizio del mese missionario speciale.

Si parte presto

Le nuove aperture sono ormai alle porte. La direzione generale, nella lettera che comunicava le ultime decisioni riguardo le aperture in Asia centrale, così concludeva: «Grazie a tutte voi sorelle, per le molteplici espressioni di appoggio e di condivisione per le nuove aperture.

Sappiamo che la costituzione delle due nuove comunità ha significato dei sacrifici e dei tagli nei paesi da cui le sorelle scelte provengono, ma sappiamo anche quanta vitalità e benedizione questa scelta verso “i non cristiani” dona al corpo dell’istituto nel cammino di rinascita.

Continuiamo ad accompagnare il processo con la preghiera, l’interesse, l’appoggio e l’affetto, perché veramente è un evento di famiglia che ci coinvolge tutte. La Consolata ci precede là e attende il nostro arrivo.

Senza il coinvolgimento di tutte e la solidarietà di tanti amici e sostenitori delle nostre missioni, le nuove aperture in Asia rimarrebbero per le missionarie della Consolata solo un sogno!

Insieme, in cordata, cercheremo di aiutare la crescita di questa chiesa che papa Francesco, nel discorso ai vescovi dell’Asia centrale ha definito “una Chiesa in germoglio”».

Suor Dalmazia Colombo


Repubblica del Kazakistan

Il Kazakistan si trova nell’Asia centrale. Per estensione è il 9° paese del mondo. Gran parte del suo territorio è pianeggiante e collinare desertico o semidesertico. Una vasta area attorno al Mar Caspio è sotto il livello del mare (-132 m). Ai confini con Kirghizistan e Cina, nel punto di incontro delle tre nazioni si innalza la maggior vetta kazaka, il Khan Tengri (6.995 m) nella catena del Tian Shan che significa Montagne Celesti.

Popolazione

Prima dell’indipendenza, nel periodo dell’Unione sovietica, la componente di popolazione kazaka era inferiore al 50% per l’entrata nel paese di molti russi, ucraini, polacchi e di altre nazionalità. In seguito al ritorno ai paesi di origine degli immigrati, la situazione è decisamente cambiata con i Kazaki che costituiscono ora il 63% della popolazione. La città più popolosa è Almaty, con 1.801.713 abitanti, capitale dello stato fino al 1997.

Tradizioni

La cultura affonda le sue radici nella natura nomade della gente e nell’Islam, che è la religione maggioritaria. Le steppe semiaride e gelide d’inverno, in primavera si trasformano in prati sconfinati ideali per la pastorizia, risorsa essenziale per il popolo kazako che ha sviluppato un’antichissima tradizione di tolleranza e di accoglienza.

La vita nomade del popolo ha sempre avuto come alleati e simbolo i cavalli, attorno ai quali si sono sviluppati usi e costumi, compresa l’abilità a cavalcare. Si dice che i kazaki siano stati gli inventori delle staffe. Sono abilissimi a scagliare le frecce mentre il cavallo galoppa. Famose le esibizioni di tali abilità nelle feste e manifestazioni anche oggi.

Chiesa cattolica

La Chiesa cattolica in Kazakistan, si è formata a partire dagli anni ‘30 del secolo scorso ad opera di alcuni sacerdoti deportati dal regime sovietico che si rivolgevano soprattutto ai non kazaki. Per decenni visse nella clandestinità affidata alla trasmissione della fede a livello familiare, specialmente da nonni ai nipoti. Nel settembre del 2001, papa Giovanni Paolo II visitò la piccola comunità cattolica che con l’indipendenza aveva acquisito nuovo vigore. L’attuale organizzazione territoriale comprende tre diocesi, e una amministrazione apostolica: arcidiocesi di Astana, diocesi di Almaty e di Karaganda, amministrazione apostolica di Atyau. A queste si aggiunge l’amministrazione apostolica per i fedeli cattolici di rito bizantino in Kazakistan e nell’Asia centrale.

Grazie alla presenza missionaria nel paese, vi è una crescita di kazaki che si convertono al cattolicesimo, soprattutto nella capitale Nur-Sultan (che fino a marzo 2019 si chiamava Astana).

Da.Co.

  • Lingue ufficiali   Kazako, Russo (entrambe ufficiali)
  • Capitale            Nur-Sultan (già Astana – 1 milione di ab.)
  • Forma di governo          Repubblica semipresidenziale
  • Indipendenza da Urrs    21 dicembre 1991
  • Superficie 2.724.900 km² (9 volte l’Italia)
  • Popolazione      17.572.000 ab. (stime 2019)
  • Nome abitanti Kazaki
  • Religione          Musulmani 70%, Cristiani ortodossi 26%, Cattolici 1,14%, altre religioni o senza 3%
  • Confini Cina, Russia, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan
  • Valuta  Tenge kazako


Repubblica del Kirghizistan

Il Kirghizistan è un aspro paese dell’Asia centrale che sorge lungo la Via della Seta, l’antica carovaniera tra la Cina e il Mediterraneo a metà strada tra Medio ed Estremo Oriente. È un paese che vanta la presenza di una popolazione molto cordiale, ospitale e disponibile.

Il nome Kirghizistan deriva da una parola che significa «siamo 40». Si tratta di un riferimento ai 40 clan che in origine formavano la nazione e che si riflette sulla bandiera composta da un sole giallo con 40 raggi distanziati in modo uniforme dal centro. Oggi la popolazione è formata in gran parte da Kirghisi (65%) e Uzbeki (13%). Il resto sono Russi, Polacchi, Tedeschi e altre nazionalità, nella maggior parte figli e nipoti delle deportazioni sovietiche.

Geografia

Il territorio aspro e difficile del Kirghizistan, nel cuore dell’Asia, è un groviglio di fiumi e montagne che superano i 7.000 metri e offre una delle più belle architetture naturali del mondo con la catena montuosa del Tien Shan e l’altopiano del Pamir: il primo lo separano da Cina e Kazakistan, il secondo lo uniscono al Tagikistan. La maggior parte della popolazione vive nelle zone di pianura che occupano appena un settimo della superficie totale.

Poche sono le città, pochi i comfort, pochi i servizi sociali. I trasporti si contano su una mano. Chi sceglie di vivere in questo paese, vive esperienze fuori del tempo ed è colpito dalle usanze della vita nomade, tipica del popolo kirghiso, gente temprata per sopravvivere alla natura e per questo molto ospitale con il prossimo.

La tradizione

La popolazione dei villaggi, dedita alla pastorizia, vive nelle bellissime iurte, le classiche tende dei pastori che hanno la caratteristica di essere fresche d’estate e calde d’inverno. Sono il simbolo più antico dei villaggi e della popolazione itinerante. Il viaggiatore viene accolto nelle iurte al suono del komuzy, il tradizionale strumento a corde. Sempre nelle tende, le famiglie si riuniscono per prendere le decisioni più importanti e condividere i pasti. Pasti semplici e gustosi nei quali le pietanze principali sono il plot, composto di un misto di riso e carne, e lo shorpo, una zuppa di carne e verdure.

Chiesa cattolica in Kirghizistan

La Chiesa cattolica ha una storia recente in quanto solo nel 1997, dopo l’indipendenza, Giovanni Paolo II vi fondò una missio sui iuris. Nel 2006, Benedetto XVI elevò la circoscrizione al rango di amministrazione apostolica che comprende l’intero territorio. Dalla fondazione a oggi i cattolici sono passati da 200 a circa 500: lo 0,01% della popolazione. In Kirghizistan vi sono tre parrocchie con cinque religiosi e cinque religiose che diverranno nove con l’arrivo a Dzalal Abad delle missionarie della Consolata.

Da.Co.

  • Lingue ufficiali   Kirghisa, Russo (entrambe ufficiali)
  • Capitale            Bishkek
  • Forma di governo Repubblica parlamentare
  • Indipendenza da Urrs    31 agosto 1991
  • Superficie 199.957 km²
  • Popolazione      5.959.121 (stima 2019)
  • Nome abitanti   Kirghisi
  • Religione          Musulmani 75%, Cristiani ortodossi 20%, Cattolici 0,01%, altre religioni o senza 5%
  • Confini Cina, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan
  • Valuta  Som kirghiso